E’ un dato di fatto assolutamente certo che la Cina faccia ormai parte dell’esclusiva elite delle potenze economiche mondiali. Basti vedere lo sconquasso finanziario che ha provocato e sta tuttora provocando il solo rallentamento della crescita della sua economia. Si badi bene: non si parla di “stagnazione” o addirittura di “recessione” (termini tristemente noti dalle nostre parti…), ma solo rallentamento della crescita, che rimane comunque in assoluto decisamente positiva. Tutto ciò da un’idea molto precisa di quanto conti la Cina nello scacchiere economico mondiale; tutti sappiamo che “c’è cinese e cinese”, ovvero che la produzione proveniente dal paese del Dragone può avere un livello qualitativo molto, ma molto differenziato: dalla robaccia (quando si copia, risparmiando all’osso su tutto) ai prodotti di qualità assoluta, come ad esempio l’I-Pad, assemblata in Cina… Anche per le macchine agricole, la storia è simile a tanti altri prodotti: all’inizio, il grande Paese dell’estremo oriente è stato visto come una formidabile possibilità per far costruire (o solo assemblare) parti più o meno complesse di trattori e attrezzature, con tanti saluti a quella che oggi chiamiamo sostenibilità (leggi anche “carbon footprint”), sostanzialmente (ma non solo) a causa delle migliaia e migliaia di chilometri che il pezzo fa prima di trovare collocazione definitiva. Poi, quasi contemporaneamente, tutti i leader del mercato hanno visto la Cina come terra di conquista, ovvero un mercato arretrato, ma promettente (anche per le sue dimensioni) dove poter piazzare la propria produzione tecnologicamente matura (leggi in qualche caso: obsoleta), quindi a costo zero per quanto riguarda la progettazione e lo sviluppo, e pertanto foriera di utili interessanti. Ecco allora nascere una serie di joint venture con costruttori locali, dalle alterne fortune. Ma anche questa è ormai storia passata…
Ora siamo alla fase 3, dove è il costruttore cinese a sbarcare in prima persona sui mercati cosiddetti “evoluti”. E come lo fa? Certo non in totale autonomia; è avveduto il cinese, non vuole andare allo sbaraglio! Si appoggia su entità più o meno locali, ma ben radicate e con un certo nome, naturalmente puntando su quelle realtà produttive in difficoltà, che possano essere acquisite ad un prezzo, diciamo, “conveniente”.
In questo contesto, l’Italia sta vivendo un caso estremamente significativo in tal senso.
E’, né più né meno, la vicenda del gruppo Foton Lovol, che in rapida successione nelle scorse settimane ha comprato prima Matermacc (seminatrici, sarchiatrici, spandiconcime, coltivatori) e poi Goldoni (trattori specializzati). La particolarità consiste nel fatto che per avere ottime probabilità di successo il gruppo cinese si è avvalso di management italiano, buon conoscitore del mercato nazionale e sovranazionale, stabilendo il proprio quartier generale a Calderara di Reno, vicino a Bologna, ovvero nel cuore dell’operosa Emilia Romagna, terra di motori.
In pratica, Foton Lovol si è mosso con robuste garanzie, per evitare un buco nell’acqua.
La sede di Arbos Lovol, a Calderara di Reno (BO).
Il “coup de theatre” è stato però senza dubbio quello di riesumare un paio di marchi gloriosi, che hanno fatto la storia della meccanizzazione agricola italiana, Arbos e Bubba, e rilanciare il primo con una gamma di trattori (e non di mietitrebbiatrici, almeno per il momento) di gamma media (da 100 a 130 CV) dallo stampo decisamente europeo, anche per la (nutrita) serie di componenti base che… non sono cinesi.
Motore Kohler Tier 4 Final, 3 livelli di trasmissione e cabina moderna per i nuovi trattori Arbos da 100 a 130 CV.
Visti all’ultima Agritechnica, questi trattori hanno destato un buona impressione. A partire dal motore, un quadricilindrico Kohler in regola con le emissioni (addirittura Tier 4 final grazie all’SCR), e dalla trasmissione, per la quale sono previsti 3 livelli, da quella integralmente meccanica sino ad un powershift a 3 rapporti. Molto intrigante la cabina a 4 montanti, dalla visibilità molto, ma molto buona anche verso l’alto. E’ previsto anche un asse anteriore heavy-duty e un impianto idraulico ben dimensionato, con una portata di 110 l/min. E i progetti in casa Arbos guardano più lontano, fino a 260 CV, e ovviamente poi anche alle mietitrebbiatrici.
Non solo trattori, ma ovviamente anche mietitrebbiatrici nei progetti di casa Arbos.
Ma i tempi di realizzazione di queste operazioni sono nella mente dei manager bolognesi…
Quindi, ricapitolando: c’è la linea Arbos di trattori e, nel prossimo futuro, di mietitrebbiatrici. Ci sono i trattori specializzati, di Goldoni. Ci sono alcune attrezzature, di Matermacc. Considerando possibili future acquisizioni, ce n’è più che a sufficienza per capire che si vuole creare un’offerta articolata, orientamento ormai preso da tutti i big del mercato. Ora, ovviamente, la palla passa al campo, che darà la “pagella” finale. Là non si scherza: affidabilità e durata saranno duramente sotto esame. E, se le premesse saranno confermate, sarà il dato finale che potrà decretare il successo dei nuovi marchi del gruppo cinese (peraltro sempre quello…), ovvero il prezzo.
Infatti: s’el custa?
D1
uhmmm….
mi fa pensare questa svendita di goldoni….
speriamo non debba fallire due volte questa azienda, che poi chi ci rimette sono solo i lavoratori e chi ha creduti in goldoni….