Dal convegno su «Gas serra ed energie rinnovabili», organizzato dal Consorzio il Biologico di Bologna insieme con Bioenergy Expo (la manifestazione dedicata alle energie rinnovabili di Veronafiere), emerge una buona quanto inattesa notizia: l’agricoltura italiana sta già rispettando i parametri del protocollo di Kyoto sulle emissioni di gas serra.
Lo dicono i numeri, almeno quelli riportati nell’Aula magna della facoltà di Agraria di Bologna da Laura Valli, ricercatrice del Crpa di Reggio Emilia. «Dalle ultime analisi a disposizione – dichiara – il contributo del settore agricolo alle emissioni globali di gas serra nel 2008 è stato, a livello nazionale, del 6,6%, ponendo l’agricoltura al secondo posto dopo il settore energetico e alla pari con quello industriale. Tuttavia, dal 1990 al 2008 le emissioni di gas serra dall’agricoltura mostrano un calo del 12%, ben superiore all’obiettivo di riduzione del 6,5%, fissato dall’Italia nell’ambito del protocollo di Kyoto 2008-2012». L’agricoltura diventa più ecologica, dunque, pur pagando il pedaggio di una diminuzione degli animali da reddito allevati. Meno emissioni per il comparto primario, a fronte di un aumento in tutti gli altri settori del 4,7 per cento.
Certo, la strada verso i parametri contenuti nel programma Europa 20-20-20 (il cosiddetto Pacchetto clima- energia) è ancora lunga. E le incognite con le quali il sistema agricoltura deve fare i conti sono già alle porte. «Entro il prossimo 5 marzo l’Italia dovrà recepire la direttiva comunitaria 28/2009 – annuncia Alberto Manzo, dirigente Agroenergie del Mipaaf – e sarà proprio il nuovo decreto a confermare o modificare gli incentivi per lo sviluppo delle energie da fonti rinnovabili ».
Il ruolo delle energie rinnovabili sarà cruciale per il contenimento delle emissioni di anidride carbonica, «così come alcuni accorgimenti in campo agronomico, dalla rotazione colturale al contenimento delle operazioni di fertilizzazione», specifica Matteo Zucchelli del Crpv di Cesena.
Allo stesso tempo, in un settore sempre più in sintonia con l’etichettatura, l’attenzione all’ambiente si gioca anche sul fronte dell’informazione, con le etichette del «terzo tipo», evoluzione che certifica le emissioni di gas serra. Una strada già percorsa da grandi gruppi dell’agroalimentare italiano, come Barilla, Granarolo, Civ & Civ, e che ha portato proprio il Consorzio il Biologico a costituire un gruppo di ricerca scientifico con la Scuola superiore Sant’Anna di Pisa, Trees Srl, Lca Lab di Enea, Crpa e Crpv, per valutare l’impatto delle produzioni agricole dalla terra al consumatore finale.
Un’etichettatura ambientale, è convinto Fabrizio Piva del Consorzio il Biologico, «favorirà la diffusione delle energie da fonti rinnovabili e di una coscienza ambientalmente sostenibile ». Perché il 2020 non è poi così lontano.
La produzione dal 1998 è scesa del 12%, quasi il doppio dei limiti fissati a Kyoto
Gas serra: L’agricoltura ora è più sostenibile
Per il Crpa le emissioni del settore nel 2008 sono state del 6,6%, pari all’industria, meno dell’energia. Un’etichetta «ambientale» può favorire la