Macchine specializzate e combinate per la bio-pacciamatura

La stesura del film di pacciamatura può essere realizzata con un’attrezzatura che opera in modo indipendente o collegata ad altre combinando in questo caso questa operazione a quella di lavorazione del terreno o di semina o di trapianto. La scelta fra queste soluzioni offerte dal mercato dipende dal tipo di coltura e dalle modalità di coltivazione che si intendono applicare

Lo stendifilm è un’attrezzatura semplice, ma non banale. Una buona deposizione del film sul terreno si ottiene solo quando è possibile adeguare l’attrezzatura alle condizioni agronomiche della coltura e alla tipologia del film utilizzata. La bio-pacciamatura è applicabile a tutte le colture seminate o trapiantate a file spaziate con distanze sulla fila superiore ai 10-15 cm, come ad esempio meloni, angurie, pomodori, melanzane, peperoni, zucchine, … comprese le lattughe e tutte insalate in cespo. Vero anche che nuove tecniche di bio-pacciamatura consentono oggi di estendere questa tecnica anche a colture a semina fitta, fra le quali le cosiddette baby leaf.

I film sono sempre avvolti in bobine e differiscono, oltre che per la composizione, anche per la larghezza e lo spessore del telo. Uno stendifilm può gestire bobine caratterizzate da una larghezza che può variare entro un intervallo di circa 50 cm; se la differenza è maggiore è necessario cambiare modello. Durante la stesura è basilare tendere in modo uniforme il film evitando che sia troppo lasco, perché muovendosi potrebbe interferire con la giovane piantina, ma anche che non sia troppo teso perché all’atto della foratura tenderebbe a lacerarsi facendo perdere il suo effetto. Il grado di tensione è un parametro importante soprattutto per i film realizzati in materiali derivati dall’amido di mais, perché sono dotati di una discreta elasticità, mentre lo è meno per quelli derivati dalla cellulosa perché possono essere considerati anelastici.

La pacciamatura è una tecnica vantaggiosa che meriterebbe maggiore attenzione dal mondo dell’orticoltura ed in particolare di quella che produce per il mercato fresco

Il telo deve inoltre trovarsi a contatto col suolo e per questo alcuni modelli propongono anteriormente un rullo liscio con la funzione di appianare le piccole asperità del suolo. In fase di stesura il film è tenuto in contatto col terreno sino a che non viene ancorato al suolo da una serie di ruote pneumatiche presenti su ciascun lato. L’ancoraggio deve essere in grado di mantenere in sede il film per l’intero ciclo colturale impedendo che il vento si incunei al disotto del film creando una vela. Due sono le tecniche di fissaggio del film. La prima è una vera e propria rincalzatura e prevede che i bordi siano ricoperti con una certa quantità di terra traslata da appositi organi rincalzatori come, ad esempio, piccoli vomeri o dischi. In certi casi l’ancoraggio è il risultato dell’azione combinata di un utensile che crea un piccolo solco e da un secondo utensile che riporta la terra nel solco subito dopo la stesura del film. In questo caso una coppia di ruotine spinge il film nel canale scavato dai vomeri anteriori, mentre quelli posteriori chiudono il canale bloccando il telo.

La seconda soluzione àncora il telo inserendolo verticale nel terreno mediante un disco di grande diametro con margine arrotondato. In questo modo oltre ad ottenere un ancoraggio molto efficace, si può ridurre la larghezza della fascia non coltivata fra le aiuole al solo ingombro dello pneumatico del trattore. Inoltre tale spazio può essere facilmente sarchiato con mezzi meccanici. Tuttavia questo sistema può essere convenientemente utilizzato solo con teli biodegradabili in quanto è laborioso estrarlo dal terreno al termine del ciclo colturale.

La bobina, durante lo svolgimento del film, cambia velocità di rotazione; infatti a parità di velocità di svolgimento del film e quindi di avanzamento della macchina sul campo, la bobina ruoterà ad una velocità che cambia in funzione del suo diametro. La regolazione della rotazione della bobina deve pertanto avvenire derivandola dal terreno in modo da garantire che la velocità di avanzamento sia uguale a quella di deposizione. In questo modo la tensione sul film è costante anche al variare del diametro della bobina.

Lo stendifilm deve inoltre poter disporre di opportuni accessori come lo stendi manichetta di irrigazione, micro-granulatori per distribuire geodisinfestanti o biostimolanti solidi, e dispositivi per la concimazione localizzata perché è l’ultima occasione di interagire direttamente col terreno.

Stendifilm dotato di dischi laterali per la rincalzatura che evitano la formazione di crestine di terreno che terrebbero distante il film dal suolo. Un rullo anteriore prepara il suolo, può operare anche su aiuole alte fino a un massimo di 15 cm

Alcuni stendifilm possono operare anche su aiuole rilevate sul piano di campagna ma è bene informarsi sull’altezza massima che lo stendifilm è in grado di gestire e confrontarlo con il dislivello fra la sommità dell’aiuola e il fondo del solco. Tuttavia, nel caso di coltivazione su aiuole rilevate rispetto al piano campagna, può risultare vantaggioso operare con una macchina combinata che prepari l’aiuola e stenda la bio-pacciamatura. In linea generale va evidenziato che separare la stesura del film dalle altre operazioni permette di non creare rallentamenti all’operazione principale (sia essa di lavorazione del terreno, di trapianto o di semina) e di essere meno vincolati allo stato del terreno (si opera anche su terreni umidi) come nel caso delle lavorazioni del terreno. Nondimeno in alcuni casi la stesura del film deve essere abbinata alla semina o al trapianto per le modalità con le quali operano queste macchine.

Combinata alla seminatrice

La semina su film di pacciamatura fino a qualche anno fa era appannaggio di attrezzature meccaniche che dovevano operare a velocità prefissate per rispettare la distanza di semina impostata. Oggi con l’introduzione di seminatrici con gestione elettronica della semina è possibile modificare la distanza di deposizione anche durante lo svolgimento dell’operazione e modificare la velocità di avanzamento secondo necessità.

Ad esempio nella Modula Jet, prodotta dalla Forigo, ciò è possibile perché è stata separata la fase di semina da quella di foratura del film: la semina avviene prima della stesura del telo, registrando l’esatta posizione di caduta e praticando un taglio di dimensioni scelte a piacere subito dopo la stesura e in esatta corrispondenza col seme. I pochi centesimi di secondo fra le due operazioni sono quindi sufficienti alla seminatrice per gestire l’informazione ed attivare gli attuatori: una fotocellula inserita all’interno dell’elemento di semina, rileva con esattezza la posizione del seme, e mediante un apposito elemento di taglio genera l’apertura in corrispondenza.

Paperseed, prodotta da Ortomec, è invece una seminatrice-pacciamatrice per colture in semina fitta. Con queste colture è impossibile pensare ad eseguire una foratura del film perché i semi, essendo molto ravvicinati, richiederebbero un taglio pressoché continuo che farebbe perdere di coerenza ad un bio-film convenzionale. La soluzione proposta da Ortomec è frutto di un progetto di open innovation, in cui aziende operanti in ambiti tecnologici e di mercato molto lontani, e competenze assai diverse, hanno unito e integrato la loro ricerca per trovare una soluzione innovativa altrimenti difficile da immaginare. La peculiarità della macchina risiede nella deposizione di due strati di carta che proteggono come un sandwich il seme. Nell’ordine viene deposto un primo telo pacciamante, a grammatura pesante (40-50 g/m2), avviene l’umidificazione del telo, la semina, un ulteriore pacciamatura a grammatura leggera (15-20 g/ m2) e un’ultima umidificazione per far aderire l’ultimo strato di carta. Questo sistema estende i vantaggi della pacciamatura alle colture tipiche della IV gamma fra i quali, molto apprezzati sono il controllo biologico delle infestanti, la pulizia delle foglie, la riduzione della predazione di semi da parte di insetti o altri animali.

Combinata alla trapiantatrice

Fra le combinate obbligate si può citare la trapiantatrice FPA Flash Next, della Ferrari Costruzioni Meccaniche. Questa è una trapiantatrice manuale, trainata, molto compatta che richiede trattori di soli 60 a 100 CV. In un singolo passaggio viene stesa la manichetta e deposti concime, geo disinfettante, film e la piantina con pane di terra alveolare. Il telaio perimetrale poggia su quattro ruote folli; a questo è agganciato, per mezzo di parallelogramma articolato, un secondo telaio munito di un rullo frontale sul quale può essere gestito il carico grazie a dei martinetti idraulici regolabili elettronicamente. Le piantine sono caricate su un distributore orizzontale a rotazione intermittente che funge da volano e provvede al carico del trasportatore verticale a catena munito di tazze perforanti. Per eseguire un corretto trapianto e far cadere la piantina in verticale senza lacerare il film, la velocità periferica delle tazze perforanti è proporzionale a quella di avanzamento.

Dopo la perforazione due palette che operano sotto al telo rimarginano il foro accumulando del terreno in modo da semplificare l’azione delle ruote chiudi solco. Potendo operare con una interfila minima di 32 cm consente il trapianto del pomodoro a file binate oltre a lattuga, radicchi, finocchi, sedano e altre tipologie di ortaggi.

Un’altra trapiantatrice combinata obbligata è la FPC una semiautomatica specializzata per il cubetto. Con interfila di 28-30 cm è macchina vocata per le insalate in cespo coltivate su ampie estensioni potendo un uomo garantire sino a 9.000 piante/h. Ogni fila è dotata di un nastro obliquo che alimenta l’organo di trapianto composto da una prima pinza che ha la funzione di assicurare la completa separazione delle piante e da una seconda pinza che, in una fase successiva, la deposita nel foro compiendo un moto verticale. Queste due pinze sono collegate da un braccio (sincronismo meccanico) e l’intero dispositivo è sincronizzato elettronicamente con l’organo (indipendente) che fora il film. Un fermo mantiene corretta la posizione del cubetto nel trasferimento aereo, le pinze afferrano il cubetto sempre nella stessa posizione evitando in tal modo errori di deposizione. La formazione del solco è affidata al vomere che opera in continuo prima della stesura del film. La separazione fra l’azione di foratura e quella di trapianto consente all’organo perforatore, costituito da una lama ad “U” squadrata, di tagliare il film e, in combinazione con il vomere, di ripiegare il lembo sotto il film stesso. Il lembo non interferisce con la radicazione e non danneggia le foglie.

Macchine specializzate e combinate per la bio-pacciamatura - Ultima modifica: 2024-05-21T12:02:56+02:00 da Roberta Ponci

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