Meno concessionari, della giusta dimensione e fisicamente vicini al cliente, ciascuno con una propria rete di officine autorizzate o comunque con punti vendita e centri di assistenza a presidio del territorio di competenza.
Oppure pochissime realtà in giacca e cravatta, grandi, visitabili in realtà virtuale e strutturate per l’e-commerce, fornite delle competenze per la telemetria e per offrire quei servizi ad alto valore tecnologico che, nelle parole di tutti gli addetti ai lavori, saranno il pilastro delle concessionarie di domani.
A quale di questi possibili futuri sta andando incontro il settore della vendita di macchine agricole? Nessuno, meno che mai adesso, in un mondo che sta cambiando forzatamente a velocità incredibile, può saperlo con esattezza, ma tutti, o quasi, hanno un’opinione in merito. Frutto delle esperienze personali e professionali, della propria chiave di lettura dell’evoluzione in corso, in parte anche dei propri auspici.
Avviando una iniziativa senza precedenti nel settore, in poco meno di due anni, dal novembre 2018 all’estate scorsa, abbiamo raccolto con pazienza le opinioni dei responsabili delle varie reti distributive. Da Goldoni a Fendt, da Carraro a John Deere, a tutti abbiamo chiesto un’interpretazione di quanto sta avvenendo, ottenendo una fotografia vivace e variegata del mercato odierno e, assieme, di quello che potrebbe essere nel futuro.
Abbiamo così verificato che anche se il mondo sta cambiando un po’ per tutti, non tutti concordano sulla direzione del cambiamento né sulle misure per adattarsi a esso. Su temi talvolta fondamentali, come numero di concessionari e loro dimensione media, presenza sul territorio, atteggiamento verso rivenditori multi-marca, sviluppo della full-line, i manager dei vari marchi sembrano applicare soluzioni abbastanza diversificate. Che divergono ulteriormente nel momento in cui si affrontano aspetti in tutto o in parte nuovi, come la vendita diretta o il commercio online, per esempio.
Le strade intraprese da ciascuno dipendono, come è ovvio, da una serie di fattori, e siccome il loro peso non è lo stesso per tutti i costruttori, le soluzioni trovate possono essere diametralmente opposte, anche se, riteniamo, appropriate alle diverse contingenze. Arrivati alla fine di questo ciclo di interviste, almeno per quanto riguarda i trattori, abbiamo così pensato che potesse essere utile per tutti, lettori ma anche intervistati, fare il punto della situazione, mettendo a confronto le diverse visioni su alcuni argomenti comuni. Come la full line, per esempio, o la coabitazione con altri marchi, o ancora le opportunità offerte dal commercio digitale. Vediamoli più nel dettaglio, rimandandovi, per un’analisi più dettagliata, ai grafici che pubblichiamo in queste pagine.
Vendita diretta
Partiamo da un argomento che, al momento, divide gli intervistati in modo decisamente impari. Negli ultimi anni abbiamo sentito sempre più spesso parlare di vendita diretta di diversi beni, così da saltare i canali intermedi e aumentare il margine per il produttore, facendo al tempo stesso risparmiare qualcosa all’acquirente. Applicare questo sacrosanto principio a un trattore da 100mila euro, ovviamente, è un altro paio di maniche, se non altro per la difficoltà di gestire l’usato che la vendita di nuove macchine inevitabilmente genera. Tuttavia, ormai diversi anni fa Claas ha aperto la via con il progetto Class Agricoltura, per cui ci si poteva attendere che grandi gruppi con una filosofia aziendale comparabile al marchio tedesco si avviassero in questa direzione.
Nella nostra intervista a Paolo Tencone, Ad della filiale italiana, abbiamo imparato che per le aree a forte penetrazione, l’affiancamento di centri di vendita diretta a concessionarie più contenute e a un limitato numero di officine autorizzate (solo due nelle Marche) copre perfettamente i bisogni di un gruppo di rilievo come Class e consente alla sede centrale di conoscere meglio il territorio, i margini di trattativa con il cliente e le dinamiche generali del mercato.
Class non abbandona i concessionari tradizionali – ne ha 35 - ma i benefici in termini di processi e miglioramento dei margini dovrebbero se non altro incuriosire i concorrenti.
Non sembra essere così, al momento, tanto è vero che nessuno ha finora seguito il gruppo di Harsewinkel su questa strada. Per Argo, per esempio, la professionalità di un limitato numero di concessionari delle giuste dimensioni, che si considerino parte di un gruppo, è garanzia sufficiente. In quanto ad Agco, la volontà di gestire i propri marchi in modo separato, emersa in modo molto evidente dalle parole dei rispettivi rappresentanti, rende la vendita diretta una strada che richiederebbe investimenti importanti su ogni brand, senza poter contare sulla revenue per immatricolato che ha chi vende macchine da raccolta. Meglio, allora, coltivare la propria rete, cercando di fidelizzare i rivenditori meglio introdotti nel territorio, fino a chiedere loro una totale esclusiva, anche rispetto ai marchi “cugini”.
La coabitazione non piace
Un tema, quello dell’esclusiva, che mette sostanzialmente d’accordo i costruttori più generalisti, ossia i produttori di macchine lontane dalle nicchie delle colture specialistiche. Da Agco - che chiede ai propri dealers di dividere la forza vendita nel caso trattino più brand del gruppo – fino a Claas, i cui grandi concessionari hanno parecchio di cui occuparsi senza darsi al multimarca.
Vi sono poi casi in cui la coabitazione è possibile grazie alla forte divergenza tra i target di riferimento , che rende più sensato consentire al concessionario di spalmare il rischio su diversi marchi e settori. Situazione diversa per Kubota, protagonista di una forte crescita a livello italiano e che pertanto comincia a spingere verso contratti di esclusiva. Ciò dimostra che la propensione a dividere il concessionario con altri gruppi è dovuta più a ragioni di necessità – leggi la difficoltà per il rivenditore di fare bilancio con un solo marchio, che a uno spirito sinceramente ecumenico.
Una voce fuori dal coro resta quella di New Holland, che non chiede totale fedeltà ai suoi concessionari, spingendoli piuttosto verso la full line, per andare incontro alle richieste di chi preferisce avere un solo colore per trattore e attrezzi.
Grandi o piccoli?
Un discorso che si accompagna a quello dell’esclusiva è la dimensione delle concessionarie e la loro distribuzione sul territorio.
Il concetto di esclusiva e quello di grande concessionaria vanno spesso a braccetto, poiché se un rivenditore copre più province – o addirittura un’intera regione – avrà sicuramente un giro d’affari tale da mantenere un bilancio positivo anche trattando un solo colore. A “pensare in grande” sono in primo luogo John Deere, Claas e Agco, che nel corso degli ultimi anni hanno ridotto la propria rete, talvolta anche drasticamente. Altri, come Kubota, New Holland e Argo, preferiscono player di media dimensione: imprenditori che abbiano un fatturato sufficiente a sostenere gli investimenti in formazione, logistica e tecnologia richiesti dal produttore, ma siano al contempo sufficientemente radicati sul territorio da apparire vicini al cliente finale. Sono produttori i cui partner aumentano poco o rimangono stabili nel numero dopo la generale riduzione attuata nell’ultimo decennio.
Discorso molto diverso per chi, come Arbos, Bcs e Carraro, fa della capillarità un valore e ha i propri mercati di riferimento in aree svantaggiate dal punto di vista delle vie di comunicazione. Non a caso, sono quasi sempre costruttori di macchine per frutteto e vigneto. Bcs, per esempio, copre lo Stivale con più di 300 rivenditori (sui tre marchi), pur avendo intenzione di ridurne il numero complessivo. Dal canto suo Carraro non esclude di aumentare, se necessario, i 120 partner di cui già dispone.
La controversa full line
Se ne è parlato molto negli ultimi anni. Soprattutto da quando alcuni dei principali player – da Fendt a Kubota, ma in realtà molti altri – hanno cominciato ad ampliare la gamma dei prodotti in direzione delle attrezzature. Sono in tanti a pensarci e del resto a molti acquirenti finali non spiace affatto l’idea di un monocolore sotto al capannone. La full line resta però un tema molto spinoso e che rischia di creare contrasti con i concessionari, mal disposti a legarsi mani e piedi a un solo marchio.
Infine, per completare la panoramica sulle tante possibilità con cui acquisire un mezzo, non possiamo dimenticare il noleggio, un pensiero obbligato per tutti coloro che utilizzano macchine da centinaia di migliaia di euro per periodi di tempo limitati. Ce ne occupiamo nell’approfondimento di questo numero, ma in linea generale possiamo dire che quasi tutti i costruttori sono favorevoli e che qualcuno di essi si è già mosso concretamente in tal senso. Pensiamo a Claas, per esempio, ma anche, ancora una volta, a Fendt e John Deere.
Un futuro di servizi
Per tutti gli intervistati il servizio al cliente finale e la possibilità di prevenire i guasti o offrire una assistenza programmata qualificata – che non va dimenticato ha anche un peso sul valore della macchina quando poi si dovrà parlare di gestione dell’usato – rimangono un valore.
Oltre a puntare sulla formazione dei tecnici delle concessionarie, si guarda alla telemetria e all’Internet delle cose come a uno sbocco inevitabile. Tanto che chi finora non aveva fatto passi in questo senso si sta adeguando. Carraro avvierà il servizio con il 2021, mentre Bcs ha preannunciato novità sull’interconnessione macchina-azienda entro la fine dell’anno. Solo chi fa della semplicità un valore e chi intende servire quanto più possibile i piccoli coltivatori o i privati che preferiscono prezzi accessibili sta resistendo alla rivoluzione digitale. Salvo poi strizzare l’occhio alla vendita di ricambi o all’assistenza on line.