Abbiamo già ospitato, in questa rubrica, piccole aziende con grandi idee. L’ultima sul numero 4, quando mettemmo sotto esame un attrezzo dell’officina Orlandi di San Giorgio Piacentino per la raccolta delle manichette di irrigazione.
Sempre in provincia di Piacenza, a pochi chilometri da Orlandi, troviamo una ditta assai nota, la Casella macchine agricole di Carpaneto Piacentino. Casella è famoso in mezza Italia come concessionario di trattori e attrezzature varie, ma è anche noto come costruttore di impianti di irrigazione a pioggia, settore in cui detiene una importante fetta di mercato. Pochi sanno, però, che esiste un’altra divisione, nei capannoni che sorgono lungo la provinciale 6: si occupa di agricoltura di precisione e macchine per la distribuzione a dosaggio variabile di concime, digestato e acqua di irrigazione. A questo scopo, la ditta ha realizzato una partnership con altre due società: la Appleby Italiana, specializzata in hardware elettronico, e Terradat, uno studio che sviluppa software per geo-referenziazione, telerilevamento e analisi dei dati ambientali. Assieme, hanno creato Team (Tecnologie Evolute per l’Agricoltura Meccanizzata), un marchio che progetta e realizza, appunto, attrezzature ad alta tecnologia per il precision farming.
Veniamo allora all’attrezzo che ci interessa: il suo nome è Spread Sat ed è uno spandiconcime a dosaggio variabile per vigneto e coltivazioni a file: uno dei pochissimi esistenti, a quanto ci risulta, in grado di leggere una mappa di vigore e variare di conseguenza la quantità di prodotto distribuito, con precisione inferiore al metro e rapidità di adeguamento nell’ordine di secondi. Il tutto mantenendo comunque una buona produttività: fino a 9 km orari se si fa concimazione interrata e di più se, invece, si fa distribuzione mediante piatto rotante.
Uno dei primi Spread Sat costruiti è in funzione da ormai quattro stagioni presso la Francesco Montesissa di Carpaneto Piacentino, azienda vitivinicola tra le più note del territorio e decisamente orientata verso la qualità. Per Casella, i Montesissa sono stati, oltre che clienti, sperimentatori. Infatti, hanno messo a disposizione vigneti e tempo per mettere a punto lo spandiconcime intelligente, prima che fosse lanciato sul mercato. Conoscono pertanto a menadito sia l’attrezzo sia le sue potenzialità.
Semplice e sofisticato
Partiamo dalle apparenze: la macchina di Casella si presenta come un normale spandiconcime: una tramoggia da 500 litri, sei microgranulatori mossi da un motore elettrico attraverso un unico albero, due calate con ancore per interrare il concime in prossimità dei filari. In più, una mini-antenna Gps sul telaio e una centralina fissata nella cabina del trattore. È però quel che non si vede a essere importante, sullo Spread Sat: a cominciare dal software. Il quale, per inciso, è tutto prodotto in casa dal gruppo Team, naturalmente. Lo stesso vale per l’hardware: la parte meccanica (lo spandiconcime, insomma) è realizzato nei capannoni di Casella e quella elettronica è frutto del lavoro della Appleby di Cadeo (Pc).
Il software, dunque, è in grado di leggere le mappe di prescrizione e variare di conseguenza i dosaggi di prodotto. Lo fa grazie a un ricevitore Gps con precisione di circa un metro (non serve un’accuratezza maggiore, secondo i costruttori, per la distribuzione di concime). Il Gps, naturalmente, invia la posizione al terminale, che, in base alle mappe caricate, varia la velocità di rotazione dei microgranulatori e, di conseguenza, la quantità di prodotto scaricato nel terreno. Fin qui, tutto facile. Far funzionare un sistema così complesso, invece, lo è di meno.
Per cominciare, uno strumento del genere deve garantire una variabilità elevata: da un minimo di 200 a un massimo di 400 kg per ettaro sarebbero, per esempio, una forbice insufficiente.
Per questo motivo sono stati collocati sullo spandiconcime sei microgranulatori, tre per ogni calata di concime. Un numero così elevato assicura infatti una potenzialità di erogazione fin oltre i 600 kg/ha (che è, peraltro, il dosaggio massimo utilizzato dai Montesissa) e si può ridurla fino a un minimo di 72 chili l’ettaro. Il sincronismo tra i microgranulatori è garantito dal fatto che sono mossi da un unico albero e un unico motore elettrico.
Un secondo aspetto da tenere in considerazione è la velocità, visto che anch’essa influenza il dosaggio per ettaro. Per questo il computer dello Spread Sat, oltre a seguire le mappe, adegua la rotazione del motore elettrico alla velocità istantanea del trattore, rilevata sempre tramite Gps. Affinché ciò sia possibile, prima di iniziare il lavoro è necessario effettuare la taratura del sistema, che è automatica: una volta indicato il dosaggio massimo desiderato, il computer scarica per alcuni secondi il dosaggio minimo e massimo di concime a macchina ferma, controlla il peso del prodotto rimasto nella tramoggia e tramite quello, tenendo conto del peso specifico del concime, indica al conducente la velocità minima e massima che può tenere in campo, per dare modo allo spandiconcime di rispettare le quantità per ettaro impostate. Se nel corso della distribuzione l’operatore esce dalla forbice, il terminale lo invita a rallentare o accelerare l’andatura.
La taratura, precisa Casella, è necessaria soltanto quando si cambia il tipo di prodotto, dal momento che con esso variano granulometria e peso specifico.
Pesatura elettronica
Quanto abbiamo scritto sulla taratura, presuppone la presenza di una pesa elettronica a bordo: per la precisione, lo Spread Sat ha tre celle di carico che sospendono la tramoggia sul telaio.
«Ne abbiamo messe tre – spiega il responsabile tecnico di Casella Srl Gian Carlo Bertuzzi – perché gli spandiconcime da vigneto lavorano solitamente in pendenza e una sola cella sarebbe stata ingannata dall’accumulo di prodotto su un lato che si verifica quando la tramoggia non è in piano. Con tre celle e un inclinometro, invece, è possibile – tramite un algoritmo abbastanza complesso – correggere il dato e ripulirlo dall’errore dovuto all’inclinazione della macchina, rendendo precisa la pesatura sia in pianura sia su terreni collinari».
Passiamo ora alla lettura delle mappe. Il rilevamento, ovviamente, è fatto con i soliti metodi: satellite, aereo o, ultimamente, con droni, che permettono una precisione superiore e costi inferiori. Il software per l’interpretazione dei dati è realizzato dallo studio Terradat. Ogni appezzamento può essere diviso in tre, cinque o dieci livelli di vigoria, a seconda dell’accuratezza desiderata. I costruttori consigliano di partire con tre valori, per aumentare dopo qualche anno la diversificazione. «Scopo del dosaggio variabile è ridurre le diversità di vigoria all’interno dell’appezzamento. Quando si ottiene un primo risultato, raggiungendo una buona uniformità, si possono aumentare gli stadi di diversificazione per accedere a un livello più alto di precision farming», spiegano i costruttori.
Automatismo spinto
Torniamo però a quel che deve fare l’operatore: la mappa – in questo caso su tre livelli di vigoria – mostra l’appezzamento suddiviso in zone di diversi colori: marrone, giallo e verde. Corrispondenti, come si può immaginare, a una vigoria bassa, media e alta. A questo punto l’agricoltore imposta, al computer, il dosaggio per ettaro per la vigoria più bassa: poniamo 400 kg/ha. Il sistema, automaticamente, stabilisce i dosaggi per gli altri due livelli di fertilità, dando il 50% del massimo sull’area gialla e il 20% sulla verde. Il valore assoluto cambia per ogni appezzamento: si possono dare 300 kg per ettaro nell’appezzamento A, 600 nel B e 400 nel C o viceversa. Terradat fornisce, comunque, anche un software da installare sul pc per confrontare vigoria e dosaggi di tutti i vigneti aziendali.
Si parlava, sopra, di automatismi: un esempio è dato dal sistema di riconoscimento del campo. Visto che solitamente gli appezzamenti di un’azienda sono in numero limitato, è possibile caricarli tutti nella memoria del terminale. Non appena si entra in un vigneto (o frutteto, ovviamente), il computer riconosce il terreno e carica la relativa mappa di concimazione.
Concimazione parziale
È anche possibile effettuare una concimazione parziale, abbandonare l’appezzamento, concimarne un altro e poi tornare a finire il lavoro: in tutto questo processo l’operatore non deve fare nulla, perché il software agirà in perfetta autonomia. L’utilità di un sistema siffatto è ben spiegata da Luca Montesissa, che in azienda segue il vigneto: «Abbiamo terreni in forte pendenza, dove non è consigliabile entrare a tramoggia piena. Oppure capita di concimare mezzo vigneto e finire il prodotto: siccome non serve un carico intero per completare il lavoro, si può distribuire mezza tramoggia in un vigneto più vicino all’azienda e poi finire quello rimasto incompleto».
Il giudizio del proprietario
La valutazione di Montesissa, naturalmente, non si ferma a queste poche note. «Siamo arrivati alla quarta campagna con lo Spread Sat e quindi abbiamo ormai una discreta esperienza», esordisce. Prima di sentire qual è il suo giudizio, va fatta una precisazione sulla macchina: «Avevamo esigenze particolari, con terreni in forte pendenza e larghezza dell’interfila ridotto. Pertanto, pur mantenendo la stessa capacità di serbatoio, ci hanno preparato un attrezzo praticamente su misura, abbassando il baricentro per lavorare su pendenze molto elevate. Questo ha comportato qualche piccolo problema, per esempio l’impossibilità di fare concimazione a spaglio».
Altro handicap legato alla necessità di ridurre l’altezza è una piccola perdita di prodotto in capezzagna: «Abbassando la tramoggia di una trentina di centimetri, abbiamo ridotto l’inclinazione dei tubi di trasporto del concime e in questo modo, nonostante i nostri sforzi per trovare tubi ad alto scorrimento, una parte di prodotto si scarica in capezzagna. Sono comunque quantità minime, se confrontate con il concime che si risparmia».
Infatti il giudizio sullo spandiconcime è totalmente positivo: «La macchina va molto bene, considerando che nella nostra azienda cerchiamo di concimare poco e con prodotti organici o misto-organici e pertanto occorre più tempo perché se ne vedano gli effetti. Ciò nonostante - prosegue Montesissa – si nota, nei vigneti, una maggior uniformità vegetativa e produttiva, più marcata in quegli appezzamenti in cui la forbice iniziale è meno ampia. Dove le differenze sono molto alte, infatti, occorre più tempo perché si arrivi all’omogeneità, usando prodotti organici».
L’efficienza del sistema è comunque fuori discussione: «Ho visto mappe di vigore di vigneti in cui si è concimato pesantemente con prodotti di rapida assimilazione: da un anno all’altro hanno invertito le zone di fertilità e sofferenza, a dimostrazione di quanto la concimazione a dosaggio variabile sia efficace». Anche la famiglia Montesissa ha una discreta variabilità nei dosaggi del concime: da 380 a oltre 600 kg per ettaro, ci dice Luca. Trattandosi tuttavia di prodotto organico, l’effetto delle concimazioni non è immediatamente evidente ma si sviluppa negli anni.
C’è invece un effetto che è, oltre che immediato, anche inconfutabile, ed è il risparmio di prodotto: «Quest’anno, per esempio, abbiamo usato un 44% di concime in meno rispetto alla media storica pre-dosaggio variabile». Una spesa, quindi, praticamente dimezzata. «La cosa bella è che le piante ricevono comunque il concime necessario: non si dà meno concime, si dà meglio e dove serve. Il prodotto risparmiato è prodotto che sarebbe stato sprecato. Questo è il vero vantaggio dell’agricoltura di precisione».
Dimezzando i costi di concimazione su una superficie di 30 ettari, lo Spread Sat ha tempi di ammortizzamento davvero contenuti. «In questi anni stiamo usando meno di 8 tonnellate di concime contro le 13 impiegate, mediamente, in precedenza. I conti sono presto fatti», commenta Montesissa.
Pregi e difetti
Completiamo il servizio riportando quelle che secondo il proprietario sono le cose migliori o migliorabili della macchina. «Il grande pregio è, ovviamente, il dosaggio variabile, ma anche il fatto che lo spandiconcime riesce a fare quel che promette: riduce la variabilità nel vigneto, dà a ogni zona il concime di cui c’è bisogno e soprattutto permette di risparmiare molto prodotto», spiega Montesissa. La comodità d’uso, con il riconoscimento automatico del vigneto e la possibilità di ripartire, per ogni appezzamento, da dove si è interrotto il lavoro, sono altri aspetti che Montesissa sottolinea con decisione.
Passiamo allora alle cose che si potrebbero migliorare. Riguardano, sostanzialmente, il software. «Si tratta di piccolezze. Per prima cosa, quando si ha un divario di dosaggi ampio come il mio, il sistema automaticamente stringe la forbice della velocità minima e massima, che per la mia azienda va da 4,5 a 5,5 km orari. Questo perché il computer considera i dosaggi massimi e minimi dell’azienda come se fossero applicati a ogni appezzamento. Sarebbe invece utile che i calcoli della velocità si facessero sul dosaggio stabilito per quel vigneto; in questo modo in alcuni terreni potremmo tenere un’andatura decisamente superiore».
Sempre a proposito di software, Montesissa apprezzerebbe che mostrasse l’autonomia residua nella schermata principale e non in una secondaria. «Hanno lasciato, nella pagina di lavoro, informazioni per noi poco utili come le coordinate cartesiane: dipendesse da me, le sostituirei con la quantità di concime rimasto nella tramoggia».
I guasti, continua l’agricoltore, sono stati finora inesistenti, se si esclude un problema a una delle celle di carico manifestatosi nel corso dell’ultima stagione. «Nel complesso si tratta, come ho detto, di inezie, che non pregiudicano certamente le qualità di un attrezzo a mio parere davvero eccellente per contenere i costi e massimizzare le rese in vigneto».
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