Sempre più elettrici, sempre più tecnologici. L’evoluzione dei carri unifeed procede a ritmo spedito, sebbene resti qualche gradino sotto quella dei trattori. Per questione di costi, da un lato, e di affidabilità dall’altro. Sui primi c’è poco da dire: a parte qualche eccezione, i protagonisti di questo mercato sono costruttori di dimensione piccola o media, che non possono spendere più di tanto in ricerca e sviluppo o per progetti industriali avveniristici.
Per quanto riguarda l’affidabilità, quando si parla di carri unifeed si deve sempre ricordare che queste macchine devono funzionare due volte al giorno, altrimenti nella stalla si scatena il caos. Se è possibile fare a meno di un trattore per un paio di giorni, in altre parole, non è certo pensabile alimentare a mano o con mezzi di fortuna una stalla da 100 o 200 capi. Gli allevatori sono insomma tradizionalisti per necessità, più che per vocazione, e alle soluzioni sperimentali preferiscono qualcosa di già ben collaudato.
L’elettrico è già qui
Quanto scritto non significa che l’innovazione non interessi anche il settore zootecnico. Sostanzialmente in due direzioni: l’alimentazione dei carri semoventi e lo sviluppo delle tecnologie di precisione a bordo dei medesimi.
C’è poi un terzo filone, al momento minoritario ma destinato ad ampliarsi, ed è quello dei sistemi di distribuzione automatizzata, che oltre al problema dell’alimentazione (sono quasi sempre elettrici) risolvono anche quello della manodopera, essendo in grado di distribuire da soli la razione alimentare.
Partiamo però dai semoventi elettrici. Al momento, a quanto ci risulta, ce ne sono in commercio quattro: due più sofisticati e due più spartani, adatti a chi si vuol avvicinare gradualmente a questo mondo o ha pochi capi da alimentare. Iniziamo da Siloking e dal suo nuovo eTruck 1408-8. Si tratta di un semovente monococlea con trazione e miscelazione completamente elettriche, tramoggia da 8 metri cubi, 6,3 metri di lunghezza e 2,2 di larghezza. Dunque, un carro di dimensioni medio-piccole, adatto a gestire mandrie fino a 100 capi. L’energia necessaria per il funzionamento è fornita da una batteria da 80 volt e 465 Ampère, sufficiente a garantire autonomia per tre miscelazioni e ricaricabile in 11 ore di collegamento alla rete elettrica. La traslazione è assicurata da motori elettrici senza marce e con una velocità massima di 20 km orari.
In questo nuovo filone di prodotti segnaliamo anche una buona presenza di ditte italiane. Supertino, per esempio, considera la trazione elettrica una risposta più esaustiva alla domanda di energia pulita, rispetto ai carri ibridi. Per questo ha progettato e realizzato Electra, carro verticale a doppia coclea convergente, caratterizzato da zero emissioni di CO2, bassi costi di manutenzione e un risparmio sui costi di esercizio che può arrivare al 50% rispetto a un carro tradizionale di pari volume.
Buona capacità, ma realizzazione abbastanza spartana, invece, per il Chopper di Zitech, ditta bresciana produttrice di carri unifeed. Si tratta di un semovente che arriva fino a 18 metri cubi ed è mosso da motori da 11 a 44 kilowatt.
Più piccola la gamma Hawk di Zago, un altro costruttore che sta investendo parecchio in nuove tecnologie. Il suo carro elettrico va da 5 a massimo 15 metri cubi ed è destinato principalmente ad aziende che hanno l’impianto fotovoltaico sul tetto.
«Tagliamo il carro su misura rispetto alla potenza installata, in modo da assicurare l’alimentazione attraverso il fotovoltaico», ci spiega Alberto Zago. Gli Hawk sono carri senza cabina, dunque in versione minimale, ma dalle parti di Campo S. Martino stanno studiando anche un vero semovente a batterie. Così come stanno lavorando all’alimentatore automatico su binari, di cui ci occuperemo più avanti.
Concludiamo invece la sezione “elettrica” con un progetto non recentissimo, ma assai attuale: si tratta dell’allestimento “Oil Free” che Rbs Ue propone in pratica su tutte le sue gamme di trainati.
Il sistema – brevettato quattro anni fa – prevede la sostituzione di tutti i movimenti idraulici con attuatori elettrici, gestiti ovviamente da un’elettronica sofisticata. In questo trainato futuribile, ci spiegano da Ghedi (Bs), l’unico movimento ancora legato alla meccanica del trattore è quello della fresa, alimentata dalla presa di potenza. Tutto il resto è azionato elettricamente.
La proposta, dice sempre Rbs Ue, al momento ha avuto più successo all’estero che in Italia, per questioni di semplicità e affidabilità. Un tubo idraulico lo sanno aggiustare tutti, in altre parole, una scheda elettronica, quasi nessuno. Siamo tuttavia certi che con il prossimo sviluppo degli attuatori elettrici, ormai alle porte, il sistema Oil Free conoscerà miglior fortuna anche alle nostre latitudini.
Verso l’automazione
L’altro grande filone su cui si innova nel settore dell’alimentazione animale è quello dell’automazione: un cambiamento in grado di liberare gli addetti ai lavori da uno dei compiti che più impegnano tempo e risorse durante la giornata. Tra i costruttori in prima linea in questo ambito abbiamo indubbiamente il gruppo olandese Lely, con i suoi Vector. Che, a differenza di altri alimentatori automatici presenti sul mercato, non si muove su binari ma seguendo percorsi prefissati sul terreno. Attualmente, ci fanno sapere dalla Lely Italia, nel nostro paese ce n’è una trentina, con un ritmo di crescita esponenziale. Pur non avendo apportato radicali rinnovamenti negli ultimi anni – del resto il dispostivo è assai recente – i progettisti ultimamente hanno lavorato per una miglior integrazione con i sistemi gestionali e soprattutto i robot di mungitura Lely, in modo da creare un sistema sinergico, che si avvicini molto alla stalla automatizzata. «Il nostro obiettivo è automatizzare tutte le attività di stalla che comportano lavori ripetitivi, consentendo all’allevatore di concentrarsi sulle attività che richiedono maggiore attenzione per ottimizzare la gestione della propria azienda», precisano dalla filiale italiana.
Un altro marchio – questa volta austriaco – che punta molto sull’automazione è Wasserbauer, che propone un sistema abbastanza simile al Vector Lely. Il suo Mix Meister, infatti, ha una capacità massima di 3 metri cubi, ma essendo in grado di andarsi a rifornire da solo, può gestire mandrie anche importanti. A differenza del Vector si muove sotto la guida di un binario, sistema che richiede, ovviamente, un adeguamento preliminare della stalla. Fatto ciò, la manodopera si limita al riempimento delle vasche da cui il robot pesca i vari ingredienti. Operazione da eseguire, dice il costruttore, ogni tre o quattro giorni. Al pari di Lely, anche Wesserbauer sta lavorando per adattare il sistema di alimentazione ai bovini da ingrasso.
Discorso simile, anche se ancora prematuro, per l’alimentatore di Zago, attualmente in fase di sviluppo. Come il concorrente austriaco, richiederà la posa di un binario, ma avrà il vantaggio – sostengono dal marketing del gruppo veneto – di una maggior affidabilità, che come abbiamo visto è un requisito assai richiesto nel settore.
In tema di automazione, seppur in questo caso parziale, citiamo anche l’Intellitechnology di Sgariboldi. Si tratta di un sistema per la semi-automazione del processo, grazie all’integrazione di tre sistemi elettronici: in primo luogo, Intelliloader, che, una volta selezionato il corretto programma, effettua da solo il carico del prodotto, occupandosi anche del buon risultato della fresatura. Secondo componente è Intellimixer, che secondo Sgariboldi consente la più alta velocità di miscelazione in assoluto, evitando il surriscaldamento del prodotto. A sovrintendere il tutto, oltre che a rappresentare l’interfaccia con l’operatore, abbiamo infine la cabina intelligente I-Cab ad alta ergonomicità. Grazie all’Intellitechnology, spiega Sgariboldi, è possibile conseguire una riduzione evidente dei consumi, un miglior sfruttamento delle potenzialità del carro e ridurre la necessità di manutenzione, ma soprattutto si può personalizzare al massimo la miscelata, sicuri di ottenere un eccellente risultato.
Sulla stessa lunghezza d’onda, per concludere, il Tfm Tracker di Trioliet, disponibile in versione Basic, Lite o Pro. In sostanza, i dati della razione alimentare stabilita al computer sono caricati, via chiave Usb, nel terminale del carro, per un’adesione sempre puntuale alla ricetta del nutrizionista.
Nir a macchia d’olio
Guardando al rinnovamento nel settore dell’unifeed non possiamo trascurare quella che va sotto il nome di zootecnia di precisione. E che consiste, in sintesi, nel controllo digitale di tutte le operazioni di stalla, dal rilevamento calori al processo di preparazione dei pasti. Come abbiamo scritto, lo sviluppo dell’elettronica sui carri miscelatori ha tempi più lunghi rispetto ai trattori; tuttavia in almeno un settore si sono fatti notevoli passi avanti: quello dei dispositivi Nir. Che sono, come noto, spettroscopi che analizzano la riflettanza del vicino infrarosso per determinare i costituenti di un materiale composito. Da quando sono stati miniaturizzati, i Nir si sono diffusi prima sulle trinciacaricatrici e poi sulle presse. Tuttavia da qualche anno anche i carri unifeed li offrono come optional per chi vuol avere un totale controllo su proteine, amidi e sostanza secca della razione distribuita e conoscere nel
dettaglio le proprietà nutritive di ciò che distribuisce in mangiatoia.
A quanto ci risulta, l’unico ad avere un Nir di propria produzione è il gruppo Faresin, grazie alla startup, appositamente creata, Itphotonics, nata da una collaborazione con l’università di Padova. Il Nir di Faresin, ribattezzato Polispec-Nir Feed, può essere montato, a richiesta, su tutti i carri miscelatori del gruppo. Gli altri costruttori si appoggiano invece a ditte specializzate.
Tra esse ricordiamo Dinamica Generale, che tra l’altro fornisce i Nir a trince e mietitrebbie New Holland. Nella versione per carri unifeed, il suo dispositivo analizza le componenti di ogni materia prima ricalcolandone il peso in base all’effettivo contenuto di nutrienti, così da rispettare rigorosamente la ricetta, al netto di umidità e materiali inerti. Con sette ingredienti pre-caricati, il Feedscan-Fm si adatta a un vasto ventaglio di razioni alimentari ed è già stato adottato da diversi costruttori, tra cui Bravo, Sgariboldi, Storti e Siloking. Anche Zago lo ha montato e ancora lo monta, in caso di richiesta, in attesa che sia disponibile il sistema Nir della bresciana Ptm, che già realizza per il costruttore padovano i sistemi di pesatura.
Le altre novità
Negli ultimi mesi non sono mancate, ovviamente, le novità più tradizionali, con l’uscita di nuovi modelli o il rinnovamento di alcuni di essi. Di seguito, una rapida carrellata. Iniziamo da Seko, con le nuove serie Elephant, Leopard e Tuareg. La prima, per esempio, ha una capacità che va da 17 a 27 metri cubi ed è disponibile sia in versione verticale sia orizzontale, sempre con motorizzazione posteriore. Più piccoli invece i Leopard, semoventi da 11 a 17 metri cubi con coclea orizzontale caratterizzata dall’originale e brevettato sistema di trinciatura e miscelazione Double Mix. Molto ampia, infine, la gamma Tuareg, il cui serbatoio con miscelazione verticale va da 12 a 33 mc di capacità ed è alimentato da una fresa desilatrice da 2,2 metri di larghezza, in grado di caricare fino a 3 tonnellate di silomais per minuto di attività. Un attrezzo dalle altissime prestazioni, come del resto vuole essere l’intero carro Tuareg, con i suoi motori da 175 a 285 cavalli.
Novità anche in casa Kuhn, che ha recentemente presentato in Italia la nuova linea Spv nelle versioni Access e Power. Si tratta, in entrambi i casi, di carri miscelatori verticali monococlea, con motore da 170 cavalli e un volume compreso tra 12 e 15 metri cubi per gli allestimenti Access e tra 12 e 17 mc per i Power, che vantano anche una fresa di maggior potenza. La gamma, spiega Kuhn, è stata sviluppata con l’obiettivo di fornire alle aziende di taglia media una macchina completa ed efficiente, ma anche flessibile.
Certamente non nuovo, ma comunque rimodernato, il miscelatore Rotomix di Bravo Srl, in grado di alimentare fino a 220 vacche, che si differenzia dalle precedenti per un nuovo design della cabina e del cofano motore, oltre che per comandi e condizionatore migliorati. Le novità della gamma vanno dai motori Tier 4F, con potenze fino a 290 cavalli, alla fresa ridisegnata con foratura multipla e possibilità di aggiungere una fila ulteriore di coltelli al mulino. È anche prevista, sottolinea il costruttore cuneese, una dotazione supplementare di calamite per l’estrazione di eventuali metalli. In cabina abbiamo, oltre a un condizionatore potenziato, nuovi interni e nuovi comandi. Non manca, infine, la possibilità di trasferire i dati di lavoro al pc aziendale tramite chiavetta Usb o sistema wi-fi.
Concludiamo con Feraboli, che proprio in queste settimane dovrebbe aver avviato la produzione del nuovo semovente, macchina con una capacità compresa tra 14 e 33 metri cubi. Due le motorizzazioni – John Deere e Fpt Iveco – per un mezzo che punta sulle prestazioni ma soprattutto sul prezzo, grazie alla semplicità progettuale e costruttiva.