Il latte di migliore qualità è sempre figlio di una buona fienagione. Infatti, nei bacini vocati, il prato è sempre una presenza importante e a esso sono rivolte grandi attenzioni.
Vale anche il contrario: nelle zone dove il prato è stato storicamente la coltura che meglio si adattava alle condizioni ambientali, è sorta una fiorente zootecnia da latte. Così è stato per il medicaio nel Parmigiano Reggiano, per i prati polifiti del Destra Brenta e di Arborea, per il trifoglio di alcune aree del Piemonte, per le splendide malghe dell’intero arco alpino ecc.
Il fieno, oltre a fornire fibra indispensabile per la ruminazione, apporta sostanze in grado di connotare la produzione (aromi, acidi grassi, omega 3 ecc.). E quando il fieno è prodotto all’interno dell’azienda zootecnica, crea un legame fra prodotto e territorio e migliora anche la sostenibilità ambientale dell’allevamento. È quindi al fieno che si può ricondurre la qualità, la tipicità e la sostenibilità del latte e dei suoi derivati.
Produrre fieno però non è facile: è l’unico caso in cui la trasformazione del prodotto, da erba a fieno, avviene sul campo. In balia, quindi, dell’andamento meteorologico. L’allevatore che vuole ottenere un prodotto sano e con caratteristiche nutritive adeguate alle accresciute esigenze del bestiame, deve quindi puntare a ridurre i tempi di permanenza del foraggio sul campo. Per conseguire questo obiettivo deve modificare sia la tecnica di fienagione sia il metodo di conservazione, adottando l’insilamento o, meglio, la ventilazione artificiale.
Evaporazione
Durante la fase di campo l’allevatore può abbreviare i tempi del processo condizionando l’erba all’atto del taglio e ripetendo, durante l’essiccazione sul campo, operazioni di rivoltamento e spargimento del foraggio. Entrambi questi interventi di manipolazione garantiscono un’accelerazione del processo di evaporazione, rendendolo più omogeneo: il condizionamento agisce all’interno di ogni singola pianta, mentre l’arieggiamento agisce sugli strati di foraggio. In particolare, il condizionamento riduce la differenza fra la velocità di evaporazione dell’acqua dalle foglie, generalmente molto elevata, e quella dagli steli, molto più lenta, mediante la produzione di lesioni sulle parti più spesse della pianta. Accelerare la perdita d’acqua consente, inoltre, di ridurre l’intensità e la durata dei fenomeni di respirazione che persistono dopo il taglio, per cessare quando l’umidità scende sotto il 40-50%.
La velocità di liberazione nell’atmosfera dell’acqua contenuta nel foraggio dipende sostanzialmente dalla quantità d’acqua presente nella pianta, dalla capacità di estrazione dell’aria e dall’intensità della radiazione solare. Altri aspetti, come la presenza di vento, l’umidità del terreno, le caratteristiche botaniche delle piante, lo stadio di maturazione e la quantità di foraggio per unità di superficie, influiscono sulla velocità dell’evaporazione, ma non sono decisivi.
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