Il vero punto critico

19016

Tra i motivi per cui i biocarburanti sono più volte chiamati al banco degli imputati vi è il loro possibile impatto sulla conversione della produzione agricola da alimentare ad energetica. Uno studio a cura dell’istituto di ricerca olandese sulle biomasse e presentato nel contesto di EUBCE, la Conferenza Internazionale sulle biomasse tenutasi a Vienna tra il 1 e il 4 giugno ha analizzato proprio la relazione tra aumento nella produzione di biocarburanti, impatto sulla disponibilità di cibo e cambiamenti nell’utilizzo dei suoli agricoli nel periodo 2000-2010. "Studi di questo tipo ne sono in realtà già stati condotti  - affermano gli autori -  ma si sono sempre basati  o su dati di valenza locale, quindi ristretta, o su modelli economici. Noi abbiamo voluto analizzare lespansione dei biocombustibili analizzando le statistiche della loro produzione, oltre a quelle della produzione di biomasse per lalimentazione animale e umana, la variazione dellarea dei terreni coltivati e infine la variazione nei cambiamenti delle coperture dei terreni. I dati sono stati ottenuti  dalla ricca letteratura scientifica e dalle banche dati FAO. I risultati rivelano un nuovo punto di vista sulla coltivazione di piante a scopi energetici. La relazione tra espansione dei biocombustibili, disponibilità di alimenti e cambiamenti d’uso dei terreni è stata analizzata per il Brasile, gli USA, l’Indonesia, la Malesia, la Cina, il Mozambico, il Sud Africa e la Comunità Europea. Nel 2010 questi paesi hanno prodotto 86 miliardi di litri di etanolo e 15 miliardi di litri di biodiesel, con un aumento rispettivamente di 68 e 14 miliardi di litri.

Questo sarebbe equivalente ad una espansione delle aree di raccolta di oltre 25 milioni di ettari, da 11 milioni dei quali però sono stati ricavati anche prodotti secondari utilizzati per lo più per l'alimentazione animale. Da notare però che nello stesso periodo l’utilizzo a fini agricoli dei terreni  è diminuito a livello globale di 9 milioni di ettari.  Più precisamente è aumentato di 22 milioni di ettari in Brasile, Mozambico, Indonesia e Malesia ma si è contratto di 31 milioni in Europa, Stati uniti e Sud Africa. Qui le cause di questo andamento sono state urbanizzazione, espansione delle infrastrutture, conservazione naturale e abbandono. In aumento nella stessa decade invece la frequenza delle raccolte, indice di una mutata gestione delle colture con una maggiore rotazione. La maggiore rotazione delle colture ha fatto sì che i terreni fossero più a lungo coperti e ha permesso una gestione più efficiente dei raccolti. E’ come se ci fosse stato un aumento virtuale di 42 milioni di ettari. Concludendo dunque la produzione di biocombustibili nel periodo 2000-2010 ha richiesto 25 milioni di ettari in più di cui però 11 hanno prodotto anche alimenti per gli animali. L’aumento delle rotazioni e delle coperture dei terreni agricoli così come i raccolti più frequenti  hanno permesso di produrre più biomassa da meno terra arabile, cosa che è stata ignorata dalla maggior parte degli studi fino ad ora. Ciò che dunque dovrebbe maggiormente preoccupare nella produzione di biocombustibili non è tanto la concorrenza con la produzione alimentare quanto che queste coltivazioni non vadano a scapito di ambienti naturali protetti.

Articolo di Maria Luisa Doldi

Il vero punto critico - Ultima modifica: 2015-06-08T10:25:50+02:00 da Redazione

LASCIA UN COMMENTO

Inserisci il tuo commento
Inserisci il tuo nome