Il nesso tra rotazione colturale e fertilità del suolo

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Le pratiche dell’agricoltura moderna e industrializzata sono state accompagnate da una chiara ed evidente perdita di biodiversità della flora e fauna del suolo, inclusa quella microbiologica. Questa perdita influenza negativamente le funzioni degli ecosistemi agricoli e il ruolo stesso del suolo quale elemento fondamentale per determinare la qualità delle acque. I batteri del suolo, ad esempio, scompongono il materiale organico presente e formano precursori umici che provvedono nutrienti per le piante e migliorano la tessitura stessa del suolo, quindi la sua capacità di legare acqua e minerali, prevenendo erosione e dilavamento. Lo stesso vale per la fauna di maggiori dimensioni quali lombrichi, la cui assenza è caratteristica di suoli poveri di sostanza organica, mentre il cui riapparire è considerato uno dei primi indici di successo di chi passa a tecniche di agricoltura conservativa.

Si è oggi dunque consapevoli che una maggiore rotazione delle colture migliora la biodiversità del suolo, ma non è ancora chiaro a cosa questo sia dovuto. Uno studio recentemente condotto in un’università americana ha cercato di chiarire questa relazione, analizzando il cambiamento della flora microbica del suolo all’incremento delle rotazioni colturali. Sono state confrontate parcelle coltivate a frumento in monocoltura, ad alternanze di frumento e soia, frumento soia e mais, con o senza coperture intermedie. I terreni sono stati osservati per 12 anni, durante i quali non si è fatto uso di pesticidi o erbicidi, in modo da poter attribuire con relativa certezza i cambiamenti del suolo al cambiamento delle rotazioni.

I risultati

L’analisi comparata dei terreni dimostra come l’aumento di rotazione sia chiaramente legato ad un miglioramento nella tessitura del suolo e nella ricchezza di flora microbica. La maggiore biodiversità delle colture aumenta la qualità, quantità e varietà dei residui incorporati nel suolo e che divengono quindi disponibili per le comunità microbiche; aumenta l’attività di questi e quindi la formazione di sostanza organica e precursori umici. Questi a loro volta contribuiscono a legare carbonio e idrogeno, che nei suoli a rotazione possono esser anche del 33% in più rispetto a suoli in monocoltura. Una maggiore rotazione varia anche la composizione della flora microbica, spostandola verso una maggiore quantità di funghi rispetto ai batteri.  Secondo i ricercatori, questo risultato è indicativo del ruolo dei funghi nello stabilizzare la struttura del terreno, anche grazie alla formazioni di ife, fondamentali nel legare le particelle di suolo a formare aggregati. Questi, a loro volta, contribuiscono a legare minerali, intrappolare l’acqua, diminuire dilavamenti ed erosione.

I risultati, dunque, non solo confermano il ruolo delle rotazioni per una maggiore fertilità dei suoli, ma chiarificano anche il nesso tra la diversità colturale e l’aumento della fertilità, dovuto non solo ad una variazione nell’assorbimento dei minerali dal terreno, ma anche ad un miglioramento della tessitura, aumento della flora microbica e delle sue attività e variazione delle comunità di batteri e funghi.

Lo studio e’ disponible (in inglese) QUI

Articolo di Maria Luisa Doldi

 

Il nesso tra rotazione colturale e fertilità del suolo - Ultima modifica: 2015-09-02T11:09:16+02:00 da Redazione

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