Si pensa spesso a Dieci come a un costruttore che, dopo anni di edilizia, ha deciso di integrare la produzione con l’agricoltura. Sbagliato: il comparto agricolo copre, da solo, il 60% del bilancio per questa azienda emiliana, nata giusto sessant’anni fa e rinata nel 1997 grazie alla gestione Correggi-Manghi, giunta a sanare un periodo difficile.
Alla luce dei numeri, dunque, Dieci è un fabbricante di telescopici che vanno principalmente al mercato agricolo, sebbene la suddivisione delle quote, tra edilizia e settore primario, sia assai vicina alla parità. «In passato avevamo la situazione opposta: 60% di bilancio con l’edilizia, 40% con l’agricoltura», precisa Ciro Correggi, amministratore delegato della società. «Chiaramente – continua – la crisi dell’edilizia si è fatta sentire, mentre il mercato agricolo è, tradizionalmente, più stabile. Nonché, per quanto riguarda i telescopici, in costante crescita».
Spazi da occupare
Che i caricatori stiano guadagnando terreno, nel nostro paese, lo dicono i dati di immatricolazione. Secondo Correggi, tuttavia, siamo soltanto all’inizio di un processo che potrebbe anche concludersi con un raddoppio dei mezzi attualmente in circolazione: «Penso che ci sia ancora diverso spazio di crescita per queste macchine, nel settore. Le opportunità sono molte. Vale anche per il nostro Paese, sebbene in Italia la penetrazione di mercato sia più lenta che altrove. Il telescopico è utile in ogni azienda agricola e anzi vi sono realtà con due, tre, persino cinque telescopici attivi».
Con queste prospettive è ovvio che guardiate al mercato agricolo con particolare attenzione. E con che risultati? «Direi buoni, siamo in crescita costante da anni».
Parliamo di rete vendita, allora. Chi copre due settori ha spesso concessionarie miste. Vale anche per voi? «Sì, certamente. Abbiamo circa 80 concessionarie, sparse sul territorio italiano. Di queste almeno 65-70 seguono anche l’agricoltura. In linea di massima sono una per provincia. In qualche zona, anche due».
Sono molte, c’è chi ne ha assai meno. «Crediamo sia importante coprire bene il territorio e dare un buon servizio ai clienti. Chiaramente non è una situazione cristallizzata: qualcuno arriva, qualcuno se ne va. In più c’è sempre lotta per accaparrarsi le concessionarie più valide».
Di che realtà parliamo? Grandi, piccole, multimarca… «Non esiste una tipologia specifica, dipende dal territorio. Ne abbiamo di grandi e di piccole, che puntano sul telescopico o sui trattori».
I trattori, in effetti, saranno un coinquilino abituale, per voi. «Senza dubbio. Il 90% dei nostri rivenditori tratta anche uno o più marchi di trattori».
Specializzazione vincente
Alcuni di questi marchi – i trattori intendiamo – fanno anche telescopici. Vi crea problemi? «È vero, capita di essere in condivisione con un trattorista che fa anche movimentatori. Tuttavia difficilmente un concessionario lascia un marchio specializzato per vendere i prodotti di un costruttore generico».
La specializzazione è la vostra forza, quindi. «Indubbiamente. Abbiamo una delle gamme più complete del mercato, con venti modelli dedicati: dal piccolissimo Mini Agri fino ai Max 75/10. Senza dimenticare gli articolati Agripivot, né una testa di serie come l’Agriplus con trasmissione 318 Vario, messa a punto in collaborazione con Dana e Rexroth».
Dunque, non temete al concorrenza dei generalisti. E da parte loro vi sono veti verso di voi? «Sono certamente nostri concorrenti, tuttavia, come ho detto, un concessionario non rinuncia facilmente a un marchio radicato come il nostro».
Aggiornamenti e assistenza
Parliamo del rapporto con i rivenditori: su che basi si sviluppa? «Normali operazioni commerciali: diamo loro le macchine, con un prezzo e uno sconto, raccomandandoci che non eccedano con il ricarico. Anche perché il nostro obiettivo è quello di dare visibilità al marchio stimolando le vendite. Inoltre, in un settore come questo la ricambistica e l’assistenza contribuiscono ormai agli utili in proporzione sempre crescente rispetto alle vendite».
L’assistenza è importante anche nei telescopici, quindi. «È la prima cosa che chiediamo ai nostri concessionari, assieme a un addetto commerciale dedicato ai nostri prodotti, perché l’agricoltore è un acquirente attento: quando va in concessionaria sa già tutto della macchina a cui è interessato e cerca un interscambio professionale».
E i concessionari sono in grado di fornirlo? «Generalmente sì. Li vedo sempre più preparati: si informano, vogliono conoscere le novità. A questo scopo sono ottimi i nostri corsi, svolti in un centro di formazione apposito, completo di sale per incontri e pista prova: una struttura che non tutti hanno».
La partecipazione è buona? «Compatibilmente con l’epoca in cui viviamo. Prima del Covid avevamo un corso alla settimana. Ora i ritmi sono un po’ più lenti».
Un aiuto, in materia di assistenza, può venire dalla telemetria. A che punto siete? «La installiamo senza problemi, su richiesta dei clienti. E le richieste sono parecchie. Abbiamo un ufficio deputato a seguire le macchine connesse e tutte le ricadute che vi possono essere. Conosciamo in anticipo la data dei tagliandi, sappiamo quante ore ha fatto un mezzo e che problemi ha avuto. Siamo in grado, infine, anche di fare interventi a distanza, per aggiornare i software e per risolvere malfunzionamenti al sistema elettronico».
Cos’altro serve per essere concessionari Dieci? «Oltre a quanto ho detto in precedenza, un magazzino ricambi, almeno per le parti di più frequente uso. Non diamo grande importanza alla dimensione, se non in relazione al territorio. E tendiamo a prediligere concessionari che non siano congestionati da tanti marchi. Preferiamo un rivenditore che abbia trattori, i nostri mezzi e non molto altro, insomma, quantomeno perché così ha il tempo di dedicarsi ai nostri prodotti e in più dimostra di credere nel telescopico e nel suo sviluppo futuro».
Il vostro concessionario ideale? «Con una buona assistenza, due meccanici e un venditore dedicati a noi e tanta voglia di fare bene».
Previsioni per il futuro, per concludere? «Abbiamo aspettative di crescita, soprattutto se la globalizzazione dovesse riprendere a correre».