Il meccanico è morto, viva il meccatronico. Come sanno gli addetti ai lavori – anche se forse non tutti – da ormai cinque anni non è più possibile fare il meccanico o l’elettrauto. Le due abilitazioni professionali sono state cancellate da una legge del 2012 – la numero 224, dell’11 dicembre – che le ha unificate nella figura del meccatronico: un po’ meccanico, un po’ elettrauto. Perché – è il principio alla base della riforma – per saper riparare un veicolo oggi non è sufficiente conoscere la meccanica, ma occorrono anche nozioni avanzate di elettronica.
La norma formalizza un dato di fatto, visto che ormai è impossibile intervenire su un mezzo agricolo senza approfondite conoscenze di elettronica, e dunque la legge del 2012, i cui termini di proroga sono scaduti nel gennaio 2018, ha in sostanza preso atto della realtà. Con alcune conseguenze, tuttavia. La prima è stata quella di rendere sostanzialmente illegali le vecchie officine meccaniche e di elettrauto, per le quali si procede di proroga in proroga, in attesa che le medesime si mettano a norma frequentando appositi corsi professionali. La seconda è che per riparare un trattore (ma anche un’automobile o una moto) è indispensabile, oggi, dimostrare di conoscere sia la meccanica, sia l’elettronica.
Come si diventa meccatronici
Le origini della vicenda risalgono all’ormai lontano 1992, quando una legge – la 122/92 stabilì che per intervenire su auto, moto, camion e trattori non bastasse entrare in un’officina e imparare il mestiere, ma occorresse frequentare appositi corsi di abilitazione professionale. Questo, almeno, per il cosiddetto responsabile tecnico dell’officina, che nella stragrande maggioranza dei casi coincide con il titolare (ma potrebbe essere anche un dipendente, a ben vedere). Allo stesso tempo, la norma istituì i registri delle imprese di autoriparazione presso le camere di commercio di ogni provincia, suddividendoli in quattro categorie: meccanici, elettrauto, carrozzieri e gommisti. Chi avesse voluto fare carrozziere e meccanico, o meccanico e gommista, si sarebbe dovuto iscrivere in entrambe le categorie e frequentare i rispettivi corsi, a meno che non fosse diplomato o laureato in materie tecniche o non avesse lavorato per almeno tre anni come dipendente di un’officina o di un gommista o elettrauto.
Nel 2012, come abbiamo scritto poco sopra, le categorie di meccanico ed elettrauto sono state fuse in quella di meccatronico. Contemporaneamente si diede modo a chi già esercitava le due attività congiunte di regolarizzarsi, dimostrando – tramite fatture o altra documentazione – il proprio status di meccatronico di fatto. Agli altri si concedevano cinque anni per frequentare i corsi della disciplina mancante – meccanica o elettronica – dopodiché la loro licenza sarebbe decaduta.
Il termine è scaduto nel gennaio 2018, ma è stato prorogato di altri cinque anni con la legge di Stabilità 2017. «Siamo stati noi a chiedere più tempo, in quanto in molte regioni, specie nel Centro-Sud, abbiamo registrato consistenti ritardi nell’avvio dei corsi. Sarebbe stato paradossale se qualche collega, per colpe non sue ma dell’amministrazione pubblica, non avesse più potuto esercitare la propria attività», spiega Alessandro Angelone, presidente nazionale del settore autoriparazioni di Confartigianato. Il quale tiene a precisare che la legge, in sé, non ha nulla che non vada. «In effetti si limita a fotografare ciò che già avviene, ovvero che i meccanici intervengono anche su airbag, centraline elettroniche, impianti di climatizzazione e molto altro. Ciò vale sia per gli autoriparatori sia per i meccanici del settore agricolo, un ambito in cui l’elettronica è presente tanto quanto nelle auto. La legge, insomma, va benissimo: ci serviva soltanto più tempo per regolarizzare tutte le posizioni, molte delle quali fuori norma per ritardi regionali».
Il fatto che siano stati concessi altri cinque anni, conclude Angelone, non autorizza però a dormire sugli allori: «Invito i colleghi a mettersi in regola in tempi rapidi, frequentando i corsi necessari. Lo stesso vale per quei meccanici che fanno anche i gommisti: finora non c’era modo di regolarizzarsi, ma nel 2017 abbiamo ottenuto la possibilità di frequentare corsi per il riconoscimento di questa attività».
Una situazione che riguarda, come sanno bene i lettori, anche molte officine agricole o concessionarie, che accanto alle riparazioni effettuano la sostituzione degli pneumatici su trattori, carri e altri mezzi. I corsi per gommisti, salvo sorprese, dovrebbero partire a breve e come nel caso dei meccanici, non saranno obbligatori per chi già fa questo lavoro da qualche anno, mentre serviranno a quei meccanici che lavoravano anche come gommisti per mettersi a norma definitivamente.
Niente proroghe per i nuovi
La legge 224 precisa chiaramente che la proroga riguarda le officine iscritte in Camera di commercio al momento dell’entrata in vigore della legge stessa (5 gennaio 2013). Quelle nate successivamente non possono beneficiare di nessuna dilazione e pertanto, se ancora non si sono messe in regola, sono da considerare illegali e dovrebbero essere cancellate dal registro delle imprese e successivamente chiuse. Come recita la legge 122/92, infatti, è vietato effettuare interventi su mezzi senza iscrizione all’apposito registro, fatte salve manutenzioni ordinarie come sostituzione dell’olio, dei filtri e poco altro. Dato che in molti casi gli imprenditori non si sono adeguati a causa dei ritardi nella promulgazione dei corsi da parte delle regioni, tuttavia, diverse di esse hanno deciso di concedere fino al 31 dicembre scorso per iscriversi ai corsi di formazione. Chi non lo ha fatto, contando nella dilazione dei tempi che contraddistingue la burocrazia italiana, potrebbe trovarsi in guai seri.
LE ORIGINI
LA LEGGE 122/92
Le origini della vicenda risalgono all’ormai lontano 1992, quando una legge – la 122/92 stabilì che per intervenire su auto, moto, camion e trattori non bastasse entrare in un’officina e imparare il mestiere, ma occorresse frequentare appositi corsi di abilitazione professionale. Questo, almeno, per il cosiddetto responsabile tecnico dell’officina, che nella stragrande maggioranza dei casi coincide con il titolare. Allo stesso tempo, la norma istituì i registri delle imprese di autoriparazione presso le camere di commercio di ogni provincia, suddividendoli in quattro categorie: meccanici, elettrauto, carrozzieri e gommisti.
CNA CONTRARIA ALLE PROROGHE INFINITE
Sulla questione della proroga quinquennale per l’acquisizione del certificato di meccatronico dobbiamo registrare la posizione di Cna, decisamente diversa da quella dei “cugini” di Confartigianato. «Anche a nostro parere era necessario un rinvio nell’applicazione della norma – ci spiega Antonella Grasso, responsabile nazionale per il settore autoriparazioni – ma non certo di cinque anni. Se non altro per rispetto a chi, nel frattempo, ha frequentato i corsi e si è messo in regola».
Il problema, sottolinea la funzionaria di Cna, riguarda soltanto alcune regioni. «Campania, Abruzzo e Sicilia hanno avviato la procedura per istituire i corsi soltanto a maggio scorso e i corsi stessi sono partiti effettivamente soltanto a fine 2017. Per non penalizzare le officine di quelle regioni, avevamo chiesto un tempo congruo in cui frequentare il corso, ma nel baillame parlamentare, l’anno di proroga è stato quintuplicato. A nostro parere è una soluzione sbagliata, che penalizza chi ha rispettato le norme equiparandolo agli abusivi che pur non avendo frequentato alcun corso, continuano a riparare auto e trattori senza averne le capacità».
Ora, conclude Antonella Grasso, si sta avviando la procedura per i gommisti «Ci auguriamo che in questo caso le regioni siano più solerti e non vi siano ulteriori dilazioni inutili». O.R.
ULTIMA SCADENZA
31 DICEMBRE 2018
Dal momento che in molti casi gli imprenditori non si sono adeguati a causa dei ritardi nella promulgazione dei corsi da parte delle regioni, diverse di esse hanno deciso di concedere fino al 31 dicembre scorso per iscriversi ai corsi di formazione. Chi non lo ha fatto, contando nella dilazione dei tempi che da sempre contraddistingue la burocrazia italiana, potrebbe trovarsi in guai seri.