Tante volte su questa rivista abbiamo chiesto ai collezionisti intervistati cosa ne sarebbe stato della loro collezione una volta che loro non ci sarebbero stati più. Tramandare, infatti, di generazione in generazione questa passione non è così scontato. Fortunatamente non è il caso della famiglia Bensi di Castel Goffredo, in provincia di Mantova, dove sono addirittura quattro i figli che hanno deciso di prendersi cura della collezione avviata dal papà Secondo Mario Bensi, scomparso prematuramente nel 2009.
«Mio padre è nato agricoltore – ci spiega il più giovane dei fratelli, Mauro Bensi – ma negli anni ’60 decise insieme a suo fratello di aprire una ditta per la produzione di calze e collant (Castel Goffredo è il centro internazionale della calza, ndr). Nonostante questo, non abbandonò la passione per i trattori, anzi, una volta lasciata la gestione del Calzificio ai figli, appena andato in pensione cominciò ad andare in giro per i mercatini e a recuperare i primi trattori per poi riportarli ad antico splendore con grande passione. E si trattava soprattutto di trattori Landini, perchè li aveva usati nell’azienda agricola. E io, che allora ero un bambino, lo accompagnavo spesso, tanto che sono stato il primo dei miei fratelli ad appassionarmi. Una volta morto papà, ci siamo ritrovati con 35 trattori e altre macchine d’epoca, per cui nonostante qualche iniziale tentennamento, abbiamo deciso che era un peccato “disfarsene”. Così abbiamo trasformato un vecchio capannone di nostra proprietà e costruito questa struttura che ospita oggi 40 trattori, svariate macchine agricole d’epoca e anche moto d’epoca».
La volontà di valorizzare e ricordare il lavoro del padre ha portato i figli a costruire praticamente un museo, che è aperto al pubblico (vengono anche delle scuole a visitarlo) e da sette anni a questa parte ospita il “Memorial Bensi Secondo” (quest’anno hanno radunato qualcosa come 120 trattori e quasi 400 persone). L’iniziale diffidenza dei fratelli maggiori e della mamma Agnese si è con gli anni trasformata in passione, che ha contagiato anche il cognato Renato Luzzeri e ha portato gli eredi Bensi a integrare la collezione con altri cinque esemplari. «A parte mio cognato, noi non abbiamo le capacità per restaurare i trattori come faceva mio padre – aggiunge Mauro – per cui i nuovi acquisti sono tutti degli ottimi conservati. Abbiamo in alcuni casi ceduto dei “doppioni” per comprare dei pezzi mancanti, come per esempio il Bufalo che serviva per completare la serie dei Landini, ma anche per spostarci su altri marchi italiani come Orsi o stranieri come l’International. E pensare che, quando c’era ancora mio padre, non eravamo d’accordo se portava a casa qualcosa che non fosse un Landini».
Landini in primo piano
Facciamo allora una veloce carrellata di questi 40 trattori, non prima di aver sottolineato che ogni modello è dotato di una scheda descrittiva con le caratteristiche tecniche principali della macchina e qualche accenno storico. Tanto per dare un’idea della meticolosità con cui è stata curata questa collezione, “dominata” come detto dal marchio Landini con ben 19 esemplari.
Andando in ordine cronologico di produzione da parte della casa di Fabbrico (Re), escludendo i modelli a vasca e partendo quindi dai testacalda monocilindrici orizzontali, troviamo tre SuperLandini (48 cavalli, due del 1939 e uno del 1940), quattro Vélite (30 cv, uno del 1939, due del 1947 e uno del 1949), un Bufalo (40 cv, del 1944, uno degli esemplari recuperati dai figli dopo la morte del padre), due L25 (25-30 cv, del 1953), due L45 (45 cv, uno del 1951 e uno del 1952), due L35 (35 cv, uno del 1954 e uno del 1956), un L55 (55 cv, del 1955, recuperato prima della scomparsa del padre), due 30 (30 cv, del 1958 e del 1959), un 44 Major (44 cv, del 1959) e un 35/8 (32 cv, del 1960, ultimo testacalda prodotto da Landini). A chiudere la serie dei Landini non poteva mancare una Landinetta del 1960, 30 cv, primo diesel monocilindrico prodotto dopo la serie dei testacalda.
Abbandoniamo Landini e vediamo quali altri marchi sono stati scelti dai Bensi, a partire da cinque modelli Fiat (601 del 1950, 25 R del 1952, 25 RD del 1954, Piccola del 1958 e 411 R del 1960) per continuare con tre Orsi testacalda (Argo del 1952, Artiglio del 1953 e O 25 del 1956, ultimo acquisto in assoluto dei Bensi, dotato di sollevatore originale Erpoz), tre Oto Melara (C18 R3, C18 2R3 N e C25 R4) e due Motomeccanica (un Balilla del 1932 e un B50 del 1948, praticamente identici fatta eccezione per la posizione delle candele e la statuina sopra il cofano).
Poi vale la pena segnalare qualche modello particolare come un Folktractor della Frabur del 1953, con motore Condor da 9 cv monocilindrico a petrolio/benzina, prodotto dall’officina dei Fratelli Buosi in quel di San Polo Piave (Tv). Oppure una carioca Arrigo Soriani degli anni 50 a petrolio, con motore monocilindrico 12 cavalli della VM di Cento (Fe), e due Lugli Golia “industriali”, uno dei quali di colore arancione senza pala caricatrice anteriore.
Perle dall’estero
Pur essendo prettamente italiana, non mancano interessanti pezzi stranieri. Primo fra tutti sicuramente l’International Titan del 1919 (20 cv a petrolio 2 cilindri orizzontali), ma anche la pietra miliare Ferguson TEF-20 (del 1953), senza dimenticare il TEH-20 sempre di Ferguson (1955), il Wallis 20/30 (1927), l’International Deering 16/20 (1923), l’Hart Parr 12/24 E (1925) e il Fahr D180 H (1955). Uscendo dai confini dei trattori segnaliamo una mietilega McCormick, una trebbiatrice Marocchi di Suzzara (Mn) e relativa imballatrice e soprattutto una locomobile a vapore Eclipse della americana Frick, 48 cv, del 1923.
Secondo Mario Bensi era socio Gamae e anche in questo senso i figli hanno deciso di continuare la tradizione, iscrivendosi con il nome di “Eredi Bensi Secondo” così da includere tutti i membri della famiglia. Cosa manca, quindi, a questa collezione già così splendida? «Dei Landini prima serie non abbiamo niente – conclude Mauro – ma non ci interessano le diverse versioni di ogni singolo modello. Diciamo quindi che ci piacerebbe un Landini a vasca come il 40 HP o un Super Orsi, ma adesso girano cifre proibitive, vedremo».