Nasce una “grande alleanza” in nome dell’olio d’oliva pugliese. Nei giorni scorsi, a Bari, quattro grandi organizzazioni di produttori olivicoli, con una rappresentanza di oltre cinquantaduemila olivicoltori che copre tutta la regione, dalla Capitanata al Salento, si sono uniti con l'obiettivo di implementare le attività di ricerca e sviluppo sulle nuove tecnologie nel settore agricolo ed agroalimentare al fine di innovare la filiera olivicola. Sono questi i presupposti con il quale è stato siglato il primo “contratto di rete” nella storia dell'olivicoltura pugliese, sotto l'egida del Consorzio Nazionale degli Olivicoltori e della Cia Puglia, tra rappresentanti dell'Associazione Provinciale degli Olivicoltori di Foggia, di Oliveti Terra di Bari, dell'Organizzazione dei Produttori Olivicoli di Foggia, di A.P.OL Associazione produttori Agricoli di Lecce. Scopo dell’accordo, quello di unire le forze per acquisire conoscenze di natura scientifica, tecnologica e commerciale al fine di realizzare nuovi prodotti, processi e servizi ed ingenerare il miglioramento della coltivazione e della produzione olivicola. Il contratto di rete, inoltre, prevede di valutare nuove strategie di promozione, come la realizzazione di nuovi marchi per la commercializzazione e la definizione di standard di qualità e tracciabilità dei nuovi prodotti in base alle normative vigenti in materia di olio extravergine d'oliva. "La Puglia olivicola fa sistema per affrontare le sfide del mercato attraverso un programma basato su qualità, ricerca e innovazione - afferma il presidente del Consorzio Nazionale Olivicoltori, Gennaro Sicolo - siamo davanti ad un momento storico perché' per la prima volta, infatti, più di cinquantamila agricoltori da Foggia fino a Lecce si mettono insieme per sviluppare il settore olivicolo, incrementare la produzione, abbattere i costi e innalzare la qualità". "E' un passo importante per tutta la nostra Regione – spiega Benedetto Accogli, presidente del consiglio di gestione del contratto di rete e massimo rappresentante di A.P.OL Lecce - questa nuova sfida servirà al nostro settore per combattere i problemi che purtroppo ci stanno attanagliando, su tutti la xylella, e per puntare al rilancio del nostro olio extravergine d'oliva"
Il grave problema causato dalla Xylella alla filiera dell’olio pugliese resta costantemente in primo piano. Sempre qualche giorno fa, è stato il turno di Coldiretti per tenere a battesimo una nuova linea di ricerca che punta sugli ulivi selvatici per una possibile convivenza col batterio killer. Questo grazie al Dna di alcuni olivastri e alle tante nuove potenziali varietà originate da semenzali spontanei sul territorio. La ricerca, partita da un'intuizione dell'imprenditore agricolo Giovanni Melcarne, è stata condotta da Cnr (Ipsp di Bari e Ibbr di Perugia), Università di Bari e centro "Basile Caramia". Ad accendere l'interesse dei ricercatori, il ritrovamento in zone fortemente contaminate dal batterio, di 10 esemplari unici di olivastri asintomatici negli agri di Presicce, Ugento e Castrignano del Capo, risultati tutti negativi alle analisi per Xylella (ripetute tre volte in un arco temporale di sei mesi). I dieci olivastri (o semenzali) sono stati intercettati dopo una perlustrazione capillare di "selvatici" e si trovano tutti vicino a ulivi risultati carichi di batterio dalle analisi in laboratorio. La ricerca sui semenzali locali, dunque, proverà ad individuare fattori di resistenza, tolleranza o addirittura immunità a Xylella fastidiosa. La speranza è quella di trovare proprio nel "bosco" di ulivi salentini la soluzione "genetica" definitiva alla malattia, considerata ormai non più eradicabile in gran parte del Salento. Non solo. Da una prima analisi dei profili genetici dei 10 semenzali è emerso, oltre ad una eccezionale variabilità genetica, il fatto che alcuni di essi sono "figli" delle cultivar locali Cellina di Nardò e Ogliarola Salentina. E da questa "progenie" si potrebbero preservare, tramite eventuali nuove varietà locali, alcune delle caratteristiche delle cultivar autoctone dominanti, oggi a rischio di estinzione nel Salento proprio per colpa del batterio.
di Emiliano Raccagni