Numeri e statistiche di sicuro interesse sono contenuti nell’annuale report pubblicato dall’INPS con cui si “fotografa” lo stato dell’arte relativo all’occupazione nel comparto primario. Un utile strumento per delineare il trend del settore, sia a livello nazionale che a livello di singole regioni, e comprendere i possibili scenari futuri. Aggiornato ai dati dell’anno 2016, il documento, ufficializzato nei giorni scorsi, riguarda sia il lavoro dipendente che quello autonomo. Partiamo dall’analisi del lavoro dipendente. Il numero di aziende che occupano operai agricoli dipendenti è passato da 187.081 dell'anno 2015 a 186.424 del 2016, registrando un lieve decremento pari a -0,4%, in controtendenza rispetto al 2015, anno in cui c’era stato un modesto incremento (+0,2%). Più accentuata la diminuzione del numero di aziende nel periodo dal 2011 al 2014, pari complessivamente a -4,6%. Diminuiscono, quindi, nel complesso le aziende agricole attive, seppur con differenti dati a livello territoriale: Lazio, Abruzzo e Marche presentano le variazioni positive maggiori (rispettivamente +2,8%, +2,7% e +2,6%), mentre Molise e Campania sono le regioni con variazioni negative maggiori (rispettivamente -2,8% e -2,7%).
Sul fronte dell’occupazione, il numero di operai agricoli dipendenti passa da 1.034.525 del 2015 a 1.035.654 del 2016, con un lieve incremento di circa 1.100 lavoratori, pari a +0,1%. La distribuzione territoriale degli operai agricoli dipendenti, in base al luogo di lavoro, nell’anno 2016 evidenzia che il Sud è l’area geografica che, con il 40,5%, presenta il maggior numero di lavoratori, segue il Nord-est con il 21,0% e poi le Isole con il 17,0%, il Centro con il 12,1% e il Nord-ovest con il 9,5%. Anche in questo caso, sono piuttosto diversificate le varie realtà regionali: il numero di operai agricoli dipendenti aumenta, in modo particolare, in Piemonte (+3,9%), in Valle d’Aosta (+3,8%) e in Veneto (+3,7%), mentre diminuisce in Abruzzo (-2,7%), in Calabria (-1,9%) e in Basilicata (-1,8%). Le regioni in cui nel 2016 si concentra il maggior numero di lavoratori sono la Puglia (17,9%), la Sicilia (14,6%) e la Calabria (11,2%). La classe d’età con maggior frequenza risulta essere quella ‘45-49 anni’, in cui si trova il 13,2% dei lavoratori. Nelle classi d’età da 50 anni in poi si concentra il 30,3% dei lavoratori. Dal 2011 al 2016 la composizione per genere fa registrare un decremento della percentuale di donne sul totale dei lavoratori dal 38,2% al 34,1%. Il report riporta un’importante nota metodologica, ossia in che modo debba intendersi la definizione di “Operaio agricolo dipendente”. In sintesi, si tratta di un lavoratore dipendente che presta la propria opera manuale, dietro corrispettivo, per la coltivazione di fondi o allevamento di bestiame e per attività connesse a favore di una azienda agricola o di altro soggetto che svolge attività agricola. In particolare, si distinguono in Operai a Tempo Determinato (OTD) e Operai a Tempo Indeterminato (OTI). Un OTD, detto anche bracciante agricolo o giornaliero di campagna, viene assunto per l’esecuzione di lavori di breve durata, a carattere saltuario per compiere una fase lavorativa o in sostituzione di operai per i quali esiste il diritto di conservazione del posto. Un OTI, detto anche salariato fisso, viene assunto con un contratto di lavoro senza scadenza.
Per quanto concerne, invece, i lavoratori agricoli autonomi, il loro numero passa da 456.022 del 2015 a 453.949 del 2016, con una diminuzione di circa 2.070 lavoratori (-0,5%); tra le categorie di lavoratori autonomi, l’unica in aumento risulta essere quella degli Imprenditori Agricoli Professionali (IAP), che passa da 33.341 a 35.423, con un incremento pari a +6,2%. Il trend dei Coltivatori Diretti dal 2011 è sempre stato decrescente, passando dai 445.024 lavoratori del 2011 ai 418.164 del 2016, con una diminuzione complessiva nel periodo pari a -6,0%. Tale categoria continua ad essere, comunque, nettamente prevalente, rappresentando il 92,1% del totale del 2016. I Coloni e Mezzadri presentano un andamento decrescente ancora più accentuato, passando dai 711 del 2011 ai 362 del 2016, con una diminuzione complessiva pari al -49,1%, ma in questo caso il trend è motivato dal fatto che si tratta di un gruppo chiuso in ingresso. Gli Imprenditori Agricoli Professionali, invece, evidenziano un trend in continua crescita, passando dai 26.783 lavoratori del 2011 ai 35.423 del 2016, facendo registrare un incremento complessivo nel periodo pari a +32,3%. A livello territoriale, più della metà dei lavoratori agricoli autonomi (51,8%) si trovano nelle regioni del Nord. In particolare, il Nord-est è l’area geografica che, con il 28,7%, presenta il maggior numero di lavoratori, segue il Nord-ovest con il 23,1%, e poi il Sud con il 20,5%, il Centro con il 17,1% e le Isole con il 10,6%. Con riferimento alla distribuzione regionale, in Piemonte si concentra la maggior parte dei lavoratori agricoli autonomi, con 50.211 unità, pari all’11,1%, seguono il Veneto con 48.391 (10,7%), l’Emilia Romagna con 45.291 (10,0%) e la Lombardia con 44.420 (9,8%). La composizione per genere tra i lavoratori fa registrare una prevalenza maschile con 297.773 lavoratori, pari al 65,6% del totale. La classe d’età modale risulta essere quella ‘50-54 anni’, con 66.045 lavoratori, pari al 14,5% del totale. Nelle classi d’età da 55 anni in poi si concentra il 43,9% dei lavoratori agricoli autonomi. L’età media dei lavoratori fa registrare un aumento, passando da 52,6 del 2015 a 52,8 anni del 2016. Il numero di aziende agricole autonome è passato da 352.528 dell'anno 2015 a 353.774 del 2016, registrando un lieve aumento, pari a +0,4%. Nel periodo 2011-2016 il numero di aziende agricole autonome è diminuito di circa 6.000 unità, con un decremento pari a -1,7%. A livello regionale, nell’ultimo anno, il maggior incremento si registra in Puglia (+2,3%) e nel Lazio (+2,2%); mentre le regioni in cui si registra il maggior decremento sono Abruzzo (-2,4%), Liguria (-1,3%) ed Emilia Romagna (-1,1%). Anche in questo caso, l’INPS spiega che il lavoratore agricolo autonomo è un imprenditore agricolo che esercita un’attività diretta alla coltivazione del fondo, alla silvicoltura, all’allevamento di animali e attività connesse (art.1 del Decreto Legislativo n.228/2001). La peculiarità dell’imprenditore agricolo, quindi, è data dal particolare contenuto del tipo di attività economica organizzata e mirata alla produzione di beni. In particolare si distinguono in: Coltivatori Diretti, Coloni e Mezzadri e Imprenditori Agricoli Professionali. I Coltivatori Diretti sono proprietari, affittuari, usufruttuari, pastori e assegnatari di fondi, nonché appartenenti ai rispettivi nuclei familiari che, direttamente e abitualmente, si dedicano alla coltivazione dei fondi, all'allevamento del bestiame e allo svolgimento delle attività connesse. I Coloni e Mezzadri sono coloro che svolgono attività agricola sulla base di rapporti di natura associativa, scaturenti da contratti di mezzadria, colonia e soccida. Detti contratti, con l’entrata in vigore della legge 203/82, sono stati vietati e pertanto sono in via di estinzione. Un Imprenditore Agricolo Professionale viene considerato colui che, in possesso di conoscenze e competenze professionali, dedichi all'attività agricola di impresa, direttamente o in qualità di socio, almeno il 50% del proprio tempo di lavoro complessivo e che ricavi dalle attività medesime, almeno il 50% del proprio reddito globale da lavoro (25% per le aziende ubicate in zone svantaggiate di cui all’art. 17 del reg. CE n.1257/99).
Di Antonio Longo