Tante potenzialità ma molte, troppe, ancora inespresse. Tutto da decifrare il rapporto tra nuove generazioni ed agricoltura. Se da una parte si registrano segnali incoraggianti, dall’altra parte sussistono ancora diverse criticità per avviare un sistematico ed organizzato ricambio generazionale nel settore primario. Al cospetto di preoccupanti tassi di disoccupazione, nel Belpaese si attende ormai da tempo un deciso cambio di rotta che possa davvero favorire il connubio tra agricoltura e giovani. Una dettagliata “fotografia” di quanto sta avvenendo in Italia è stata fornita dalla ricerca presentata in occasione di EIMA BolognaFiere e realizzata da Nomisma con lo scopo di far luce sui “numeri” relativi all’occupazione nel settore dell’agricoltura.
Trend occupazionale negativo. Nell’arco temporale 2008 - 2013 il settore agroalimentare ha fatto registrare un calo occupazionale totale del 6%, ma è soprattutto il dato relativo agli occupati under 24 a preoccupare: il calo percepito è del 15% (poco più di 31.000 lavoratori). Secondo le ultime informazioni disponibili, i giovani agricoltori in Italia (con meno di 35 anni) sono circa 82.000 (il 5,1% del totale agricoltori), mentre coloro che hanno più di 65 anni (età in cui in altri settori ci si ritira dal lavoro) sono 603.390, pari al 37,2%. Ossia vi sono 14 lavoratori giovani ogni 100 anziani. Questa struttura demografica non trova eguali tra i principali competitor europei: la quota degli under 35 sul totale agricoltori è pari al 5,3% in Spagna, al 7,1% in Germania e all’8,7% in Francia (la media UE-27 è 7,5%); di contro, il peso degli over 65 sul totale degli agricoltori è appena del 12% in Francia mentre in Germania si attesta al 5,3%. La domanda è legittima: quali sono le difficoltà che si frappongono fra i giovani disoccupati e la scelta di un impiego nell’agricoltura?
Le risposte dei giovani. Per rispondere al quesito si possono utilizzare i riscontri ricevuti dalla survey condotta su un campione di 607 aziende agricole gestite da lavoratori al di sotto dei 40 anni d’età. Nonostante l’84% dichiari di aver tratto grandi benefici dall’introduzione di innovazioni nella propria azienda, la percezione del futuro non è propriamente rosea: solo l’8,4% si aspetta un avvenire migliore, mentre il 44,1% non crede ci saranno cambiamenti sostanziali, e un ampio 47,6% ritiene che i prossimi anni saranno peggiori dei passati. A questo pessimismo si accosta una percezione sociale che vede l’impiegato agricolo appartenere a uno status inferiore rispetto agli altri settori, elemento che condiziona persino le famiglie con una lunga tradizione nel settore: anche se “l’ereditarietà” familiare è stata determinante per il 77,2% , solo il 15,4% vorrebbe che il proprio figlio continuasse a lavorare nell’ambito agricolo. Dall’analisi emerge anche come i termini di “fatica” e “povertà” siano i più utilizzati quando si parla di agricoltura e, anche questo giudizio, incide fortemente sul già scarso appeal che le opportunità del settore esercitano sui giovani in cerca di lavoro, per cui l’agricoltura appare agli ultimi posti fra le loro preferenze.
Avanti con l’innovazione! Nonostante tali difficoltà e un posizionamento competitivo da migliorare in rapporto ai principali competitor europei, le aziende agricole italiane condotte da giovani agricoltori presentano evidenti segnali di innovazione, un elemento imprescindibile per garantirsi continuità di lungo periodo. Infatti, se la media italiana delle aziende con altre attività remunerative oltre quella agricola è pari al 4,7%, tra coloro con meno di 40 anni il 46,4% svolge altre attività (tra le più innovative, quali fattorie didattiche, produzione di energia rinnovabile), mentre tra gli over 40 la percentuale è del 37,4%. Un altro elemento riguarda la produzione biologica: le aziende biologiche in media sono pari al 2,8% del totale, tra coloro con meno di 40 anni il 31,5% è bio, mentre tra gli over 40 la percentuale è del 21,7%.
Articolo di Antonio Longo