Dei 300 gruppi operativi per l'innovazione (finanziati dall’Ue, riuniscono almeno un'azienda agricola e un ente di ricerca, pubblico o privato, in un “patto” a termine per l’innovazione in agricoltura) già partiti a livello locale in tutta Europa, 40, ovvero poco più del 10%, riguardano il settore biologico. Particolarmente attivi in Francia, Germania, Belgio e Austria, i gruppi nazionali già operativi sono nati in Cilento, Toscana ed Emilia Romagna. Sono i dati diffusi da Ifoam Ue, la federazione europea dei movimenti del biologico, in relazione ai primi passi compiuti concreti dai partenariati europei per l'innovazione in sostenibilità e produttività agricola, finanziati nell'ambito dei programmi di sviluppo rurale.
Si tratta di una delle molte recenti notizie che testimoniano la crescita del settore “bio”. Un settore che sta sempre più evolvendo e che vede l’Italia in prima fila, a partire dalla conversione colturale nelle aziende, che è cresciuta con ritmi da “doppia cifra” in pochi anni, (300mila ettari solo nel 2016) di pari passo con l’aumento degli investimenti verso nuove tecnologie, con l'agricoltura di precisione che fa breccia tra gli agricoltori biologici e 100 mila aziende agricole biologiche hi-tech previste entro il 2030. Nel complesso, il settore in Italia aggiunge ogni anno un +20% ai suoi numeri, sia considerando le superfici coltivate, sia gli addetti, sia i consumi.
Secondo i dati forniti da Cia-Agricoltori Italiani al convegno dal tema "Agricoltura 4.0 - Compatibilità e adattamento all'agricoltura biologica e biodinamica" in Italia si sta andando oltre 1,8 milioni di ettari coltivati grazie ad un mercato che chiede biologico e che continua a tirare, condizionando le scelte degli imprenditori agricoli. Il comparto è particolarmente sensibile alle innovazioni. Una filosofia che prevede la riduzione degli sprechi e contemporaneamente si adegua agli effetti dei mutamenti climatici. Le realtà di grandi dimensioni stanno facendo investimenti importanti, per ridurre l'uso d'acqua e la bolletta energetica, con l'intenzione di razionalizzare i costi di produzione. E' tra l'altro molto diffuso il connubio di chi produce biologico ed energie rinnovabili. Ma la tecnologia avanzata interessa anche i segmenti finali della filiera, trasformazione e logistica. Le maggiori strutture del nostro Paese hanno messo nei loro bilanci circa 50 milioni di euro, nel prossimo biennio, per potenziare le attività con strumenti hi-tech. Già oggi, sono diverse le esperienze virtuose che si avvalgono dei moderni ritrovati della robotica e cibernetica, con l'utilizzo di App e software di ultima generazione per la gestione delle attività produttive.
Capitolo consumi: dalle elaborazioni effettuate da Ismea-Nielsen per il Ministero delle politiche agricole, i prodotti bio che nel 2016 registrano un incremento significativo sono i vini e gli spumanti con un +41%, segnando un aumento pari a più del doppio rispetto all'anno precedente. Numeri in crescita anche per la carne (+42%), la frutta (+20,3%), gli ortaggi (+16%), i latticini (+13,5%), l'olio (+11%). Ottimi anche i dati del primo semestre 2017 con una crescita ulteriore del +15% di vendite bio, rispetto al 3,2% dei prodotti non bio confezionati, e con dei veri e propri exploit su vini e spumanti (+110%) e carni (+85%). Quasi 8 famiglie su 10 hanno acquistato almeno una volta, nell'ultimo anno, un prodotto biologico. In soli cinque anni il numero di famiglie acquirenti è aumentato di oltre 6 milioni. E il boom non si arresta.
Articolo di Emiliano Raccagni