Come sarà l’agricoltura tra dieci anni? E tra cinquanta? Massey Ferguson, marchio di macchine agricole del colosso americano Agco, vuol guardare lontano e dopo aver presentato, due anni fa, la sua visione del futuro, nella seconda metà di agosto ha ripetuto l’appuntamento, segnato ovviamente dal successo, con la Vision of the future 2014.
Un evento di stampo mondiale, che ha portato a Beauvais, nel Parigino, sede di uno stabilimento del marchio, circa seimila agricoltori provenienti da una quarantina di paesi. A tutti, gli uomini di Massey Ferguson, ma anche di Syngenta (chimica e sementi), Maisadour (sementi), Irrifrance (irrigazione) e Trelleborg (pneumatici), partner dell’iniziativa, hanno spiegato come potrebbe evolversi il settore nei prossimi decenni, cercando di fornire agli intervenuti validi elementi per impostare la propria attività imprenditoriale. Si è parlato, soprattutto, di sostenibilità ma anche di aumento di rese e produzioni, dal momento che l’agricoltura nel 2050 dovrà sfamare oltre 9 miliardi di persone, utilizzando una superficie coltivabile non molto più estesa di quella attuale.
Suolo e informazione
Tre le sfide da vincere secondo Thierry Lhotte, vicepresidente del marketing Massey Ferguson per Europa, Medio Oriente e Africa. I tre campi su cui muoversi, ha spiegato, sono suolo, ambiente e sostenibilità, e informazione e integrazione.
Suolo. «Il suolo è un fattore essenziale. Deve sostenere la crescita produttiva, supportare carichi maggiori derivanti dalla meccanizzazione e consentire l’infiltrazione e lo stoccaggio dell’acqua». Il compattamento è una delle minacce per il futuro. Una delle soluzioni, ha ipotizzato Lhotte, può essere il controllo del traffico: creare corsie prestabilite in cui far passare le macchine agricole, che così non compattano il terreno destinato alle colture. Perché sia possibile farlo, ovviamente, tutti i mezzi devono avere la stessa carreggiata. «Contro l’erosione, che asporta elementi nutritivi dal terreno, la miglior risorsa è probabilmente la semina diretta», ha continuato il manager, mentre per una più razionale gestione dell’acqua occorre migliorare la distribuzione della stessa attraverso sistemi di irrigazione di ultima generazione.
Ambiente e sostenibilità. «Per quanto riguarda ambiente e sostenibilità, le questioni importanti sono la selezione delle varietà di semi più adeguate, il rilevamento topografico dettagliato e l’uso ottimale di fertilizzanti idonei distribuiti con la giusta frequenza, al momento giusto e dove necessario. In questo senso si può intervenire anche attraverso le cover crop e l’impiego di colture azoto-fissatrici, che riducono il fabbisogno dei concimi minerali».
Informazione. «Tutta la catena alimentare - dalla produzione alla distribuzione, ha concluso Lotthe - trarrà vantaggio da più informazioni e da una maggiore integrazione. La raccolta e l’analisi dei dati provenienti dai campi, per esempio, sono fondamentali per sviluppare migliori strategie di coltivazione e sfruttare al meglio la terra disponibile». Dunque, spazio al controllo dei terreni attraverso i droni, per esempio, soluzione già adottata in Germania, Francia ed Est Europa.
«L’agricoltore dovrà gestire molte situazioni diverse, in futuro. Le smart machines potranno essere perciò di grande aiuto». Con il termine smart machines, Lhotte ha inteso indicare tutte quelle macchine altamente evolute, oggi oggetto di ricerca o sperimentazione allo stadio di prototipo. Per dare un’idea di cosa potrebbe diventare l’agricoltura del prossimo mezzo secolo, Lhotte ha lanciato qualche flash sulle ricerche in corso. Per esempio, il sistema master-slave: un trattore guidato dall’uomo e un modulo, privo di cabina, che lo segue eseguendo la stessa lavorazione a fianco della macchina principale, oppure droni privi di cabina, ma guidati via radio da un operatore collocato su un altro trattore.
Lorenzo Ciferri, direttore marketing della Business Unit Trelleborg Agricultural & Forestry Tires, ha illustrato il concetto di Progressive traction, una ricerca che coinvolge anche il politecnico La Salle di Beauvais. Il sistema, già presentato ad Agritechnica, prevede un doppio tallone sugli pneumatici: il secondo è molto più basso di quello principale e ha una triplice funzione. In primo luogo lo rafforza, riducendo il rischio di rottura o piegamento in fase di trazione estrema. Inoltre, sempre in momenti di forte impegno, fornisce un supporto aggiuntivo, andando a conficcarsi nel terreno appena prima del tallone più alto. Infine, il secondo tassello aumenta la vita degli pneumatici: quando il tallone principale è quasi del tutto consumato, si livella al secondario e a questo punto la superficie di appoggio aumenta notevolmente. Con essa, la forza di trazione esercitabile. Uno pneumatico in queste condizioni, ha spiegato Ciferri, può essere ancora molto utile su strada, dove avrà una durata ben superiore a un treno di ruote normali.
Con gli occhi dei giovani
Ospite alla Vision of the future anche il Ceja, il Consiglio dei giovani agricoltori europei. Intervistato da Terra e Vita sulle necessità dei giovani imprenditori agricoli, il presidente (italiano) Matteo Bartolini ha spiegato che il Ceja è impegnato in scambi continui con i colleghi di tutta Europa. «Grazie a essi, per esempio, siamo venuti a conoscenza della bella iniziativa della Safer, agenzia francese impegnata a fare da mediatore tra venditori e acquirenti di terreni. I grandi investitori e i fondi internazionali pare stiano opernado molto in Europa e l’attività di agenzie di questo tipo è ancor più importante».
La prossima iniziativa del Ceja, ha proseguito Bartolini, è la richiesta di un fondo europeo per gli investimenti, garantito dalla Banca europea o dal Fondo europeo per gli investimenti. «Chiediamo questo fondo di garanzia per aiutare i giovani agricoltori a crescere e a migliorare le aziende. Inoltre, ricordiamo che parlare di futuro non significa soltanto occuparsi di insediamento dei giovani, ma anche della permanenza di chi già è nel settore. Al riguardo, sono preoccupanti i dati Eurostat che indicano, per gli imprenditori agricoli, un reddito inferiore del 40% rispetto a qualsiasi altro settore. Dobbiamo lavorare per ridurre questo divario».
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