Si è tenuta a fine aprile a Bologna l’Assemblea generale di Assosementi, l’associazione che riunisce le aziende sementiere italiane, settore che genera ogni anno circa 700 milioni di euro di fatturato. Uno dei temi dell’assemblea: l’innovazione in agricoltura. «Le imprese sementiere italiane ritengono che la ricerca e l’innovazione siano il fulcro di ogni filiera che punti alla qualità, alla sostenibilità e alla sicurezza alimentare» ha affermato Giuseppe Carli, Presidente di Assosementi. L’associazione auspica che questo aspetto – l’innovazione delle tecnologie agricole - riceva la debita attenzione nel Piano Cerealicolo Nazionale a cui sta lavorando il Ministero, piano che tra l’altro dovrebbe contribuire anche al rilancio di alcune colture ora in una fase delicata, ma fondamentali per l’agricoltura italiana. Il mais, per esempio, coltura indispensabile per il “made in Italy” perché, per legge, le razioni alimentari degli animali per le produzioni DOP devono contenere almeno il 50% di mais italiano. Secondo i dati ISTAT nel 2015 sono stati 727.000 gli ettari dedicati alla semina del mais, soprattutto nel nord. La filiera presenta – come descritto nel Piano Cerealicolo Nazionale – indubbi punti di forza: la coltivazione è per lo più prossimale ai distretti di consumo; esiste una forte integrazione nelle filiere zootecniche ed una elevata specializzazione. A questo si potrebbe aggiungere che il mais rappresenta anche una coltura tra le più sensibili a miglioramenti e innovazioni. Secondo Dekalb Italy, una delle aziende sementiere presenti in Italia, con le più moderne soluzioni è infatti possibile produrre stabilmente e con utilizzo razionale delle risorse «fino a 200 quintali/ettaro». Se alla scelta delle sementi più performanti si aggiungono le innovazioni nelle tecnologie di coltivazione e nell’efficienza delle macchine, la sostenibilità della coltura potrebbe aumentare ulteriormente.
Colza: una coltura da rivalutare
Anche la colza è una coltura in cui l’innovazione degli ultimi anni - ad esempio l’introduzione di nuovi ibridi produttivi e con maturazione uniforme - ha portato miglioramenti interessanti. Secondo quanto riporta l’ANB – Associazione Nazionale Bieticoltori – «nel 2016 la coltura ha dimostrato pienamente i propri vantaggi economici e agronomici: rese elevate, bassi costi di produzione, buona valorizzazione, miglioramento produttivo delle colture in rotazione». E ancora, secondo quanto afferma l’ANB: «Numerose aziende riescono puntualmente a realizzare, anche nelle annate meno favorevoli sotto l'aspetto climatico, buoni risultati produttivi». La colza, oltre al prodotto che genera, porta un contributo anche in termini agronomici: rappresenta una buona alternativa alle colture cereali vernine e un buon elemento nelle rotazioni, anche del mais. L'ottimizzazione delle tecniche di semina e coltivazione della colza, insieme alla scelta delle sementi più performanti, assicurerebbero buoni risultati produttivi ed economici.