La miniproroga intervenuta in Legge di Bilancio che ha posticipato al 30 settembre il termine ultimo per la consegna dei beni catalogati 4.0, prenotati pagando almeno il 20 per cento di acconto entro il 31 dicembre scorso, non sarà risolutiva. I ritardi delle case costruttrici dovuti alle complicazioni della ripresa post-pandemia, aggravati dalle contingenze internazionali provocate dal conflitto russo-ucraino, infatti, non permetteranno ai rivenditori di rispettare la scadenza come, in molti casi, è accaduto per i macchinari acquistati nel 2021 e tuttora non consegnati.
«Il cortocircuito normativo tra conversione in legge della Manovra ed emanazione del Dl Milleproroghe ha vanificato gli sforzi del ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, che aveva posticipato il termine a fine anno – dichiara il presidente Andrea Borio di Federacma, la Federazione nazionale dei commercianti macchine agricole –. Facciamo appello ai senatori, ad iniziare dai relatori del provvedimento a Palazzo Madama, il presidente Alberto Balboni e Dario Damiani, ringraziando chi ha già dimostrato apertura verso le nostre proposte emendative per far sì che vengano modificate le norme riguardanti i beni prenotati sia nel 2021 sia nel 2022. Auspichiamo così – prosegue Borio – che venga rispettato il patto tra Stato e Imprese, in modo tale da non far perdere i benefici del credito d’imposta 4.0. In questo periodo di forte incertezza economica, infatti, non dare risposte agli imprenditori, che nonostante tutto continuano ad investire, rischia di essere molto controproducente per il tessuto produttivo nazionale».
La misura, negli ultimi anni, ha trovato rilevante riscontro nel settore agricolo. Nel 2021, a fronte di una percentuale del credito di imposta pari al 50%, si è registrata l’immatricolazione di 24.835 trattori, in aumento del 36% sul 2020 e tornando ai livelli del biennio 2010-2011. Le immatricolazioni sono scese a poco più di 20mila lo scorso anno (2022) con una percentuale di beneficio pari al 40%. «Comprendiamo che trovare risorse, in questo momento, non sia semplice, ma con l’attuale credito d’imposta di appena il 20% rischiamo di non rendere più appetibile uno strumento oramai consolidato tra le imprese. Chiediamo, pertanto, un ulteriore sforzo anche in tal senso», conclude Borio.