L’innovazione tecnologica esplode finalmente anche nel settore dei carri miscelatori, finora toccato soltanto marginalmente dalla digitalizzazione e dall’automazione. Intendiamoci: da anni ormai i principali costruttori propongono sistemi per l’analisi del prodotto, il caricamento automatico e – più recentemente – la raccolta dei dati, ma è soltanto dal 2019 che tutto ciò ha iniziato a prendere una forma davvero organica. Facendo un deciso salto di qualità con l’inizio del 2020 e – inutile dirlo – l’avvio dei finanziamenti per Agricoltura 4.0. Tutti i costruttori si sono affrettati a proporre, almeno per i modelli di punta, sistemi per la raccolta e la trasmissione dei dati, schede per la comunicazione macchina-macchina e altre per il controllo da remoto, requisiti per ottenere i fondi.
Noi di Macchine e Motori Agricoli, tuttavia, vogliamo spingerci sempre un po’ oltre e pertanto siamo già proiettati sulle prossime evoluzioni: le fonti alternative di alimentazione e l’automazione del processo di preparazione e distribuzione della miscelata, per esempio. In altre parole, carri elettrici e automatici. Lo facciamo forti, anche, della consapevolezza che questi sistemi, fantascientifici fino a pochi anni fa, oggi stanno diventando una realtà tangibile anche nel nostro paese: due bellissimi impianti, per esempio, sono in corso di allestimento a Rivarolo Mantovano (Mn) e Trescore Cremasco (Cr). Li stanno realizzando, rispettivamente, la Hetwin per la famiglia Arnoldi, allevatori dell’anno secondo la rivista Informatore Zootecnico, e Trioliet per l’azienda Carioni, una maxi stalla da un migliaio di capi, in regime biologico.
Addio diesel
Partiamo dall’alimentazione. Con una premessa: tutti i modelli di cui ci occupiamo in questa sede sono in realtà mossi da energia elettrica, poiché essa rappresenta il sistema di alimentazione standard per i carri autonomi. In aggiunta, sul mercato vi sono anche alcuni modelli elettrici, ma con guida manuale.
Iniziamo da questi ultimi, anche perché sono in numero abbastanza ridotto. Abbiamo, in primo luogo, l’e-Truck di Siloking, lanciato lo scorso anno e già da mesi in attività presso alcune aziende zootecniche. Nel 2020 alcune funzioni di produzione e distribuzione della miscelata sono state automatizzate, trasformando il carro in una sorta di ibrido tra un sistema automatico e uno con operatore a bordo. E-Truck è fornito nelle versioni da 8, 10 e 14 mc (bicoclea). Dispone di batterie al piombo con autonomia di 4 ore, capaci di resistere a 1.600 cicli di ricarica.
Giunto ormai alla commercializzazione anche Electra di Supertino, che a causa di un precoce restyling – è in commercio da meno di un anno – ha preso il nome di Electra 2. Secondo il costruttore, i modelli in funzione nelle stalle dovrebbero raggiungere la decina entro l’autunno.
Rispetto alla prima serie, Electra 2 è stato migliorato nella cabina, rifatta nel design e nel quadro comandi (dotato di terminale touchscreen). Grazie a questi interventi, il carro, al pari delle versioni endotermiche, rientra appieno nei parametri del 4.0.
Ricordiamo infine, in materia di carri elettrici, il Chopper di Zitech, con 18 metri cubi di capacità e motori da 44 kW, e il piccolo Oak di Zago, miscelatore minimal con capacità di carico che va da 5 a 15 metri cubi e senza cabina.
Le due vite del carro-robot
Passiamo ora ai carri autonomi, o come più correttamente si dovrebbe dire, Afs (automatic feeding system). Come abbiamo scritto, la presenza di questi sistemi sul territorio nazionale, minima fino a un paio di anni fa, sta conoscendo un nuovo impulso proprio in questo 2020.
In linea generale, gli Afs sono carri che distribuiscono la miscelata senza l’ausilio dell’uomo. Lo fanno grazie a un sistema di stoccaggio e – talvolta – miscelazione, detto cucina. Qui gli operatori, due o tre volte la settimana, sistemano i vari ingredienti, come insilati, fieno essiccato e simili. Concentrati e farine arrivano invece direttamente dai silos. Il carro fa il pieno nella cucina e poi miscela e trasporta gli alimenti lungo le corsie.
Il modo in cui ciò avviene distingue gli Afs in due categorie principali: quelli che si muovono su un percorso prestabilito, fatto solitamente di un binario sospeso, e quelli che invece si spostano su ruote, seguendo un filo elettrico per induzione, oppure una traccia magnetica annegata nel cemento della stalla. È facile immaginare che i primi sono più semplici da gestire ma richiedono importanti interventi nella stalla, mentre i secondi sono più versatili ma anche più sofisticati. Altra distinzione fondamentale riguarda la soluzione scelta per il taglio: alcuni trinciano i prodotti in un carro stazionario, mentre altri effettuano trinciatura e miscelazione direttamente nel modulo di trasporto: quello che potremmo definire il robot vero e proprio, insomma.
Afs su binario
La soluzione guidata da binario, con carrello sospeso, appare in declino, almeno per quanto riguarda i nuovi investimenti. Anche chi la propone da anni, infatti, sta ormai mettendo sul mercato versioni totalmente semoventi. Ciò non toglie, tuttavia, che anche i vagoni sospesi rivestano un ruolo importante nel panorama degli Afs. Li propongono, per esempio, gli austriaci di Wasserbauer (Mixmeister 3000, da 3,3 metri cubi), e poi Trioliet e la svedese Hetwin, tra i più prolifici costruttori di carri, avendo rispettivamente ben sei e cinque soluzioni disponibili (per Hetwin, Athos e Aramis II sono quelle fornite di binario). Prima di abbandonare il settore, corre obbligo di ricordare Pellon, costruttore finlandese che ha ottenuto un discreto successo nel nostro paese grazie a sistemi di alimentazione su nastro. Niente vagoni o robot semoventi, dunque, ma un nastro trasportatore che scarica l’alimento davanti agli animali. Secondo gli importatori italiani, questo sistema assicura maggior durata e minori usure rispetto, per esempio, agli Afs su binario. Che Pellon comunque produce e vende, su richiesta, anche in Italia.
Macchine semoventi
Più nutrito il gruppo di costruttori che hanno a listino Afs semoventi, ovvero in grado di spostarsi autonomamente su ruote. Non avendo percorsi fissi, possono adattarsi più facilmente a modifiche nella dislocazione della stalla o dei vari gruppi. L’autonomia di movimento, insomma, comporta maggior versatilità, ma anche una tecnologia più sofisticata (e, con essa, un costo di acquisto maggiore).
Tra i primi a proporre questa soluzione ricordiamo la Lely, che in Italia ha conosciuto un indubitabile successo, con 53 installazioni. Certo poca cosa in confronto alle 600 presenti nel mondo, ma è già un buon inizio. Il Vector è giunto ormai alla seconda generazione, che rispetto alla prima migliora la resistenza della vasca, cambia la collocazione dei coltelli e monta un sistema di cattura dei metalli e un rilevatore di ostacoli.
In vendita da ormai cinque anni anche Optimat di De Laval, che a differenza dei robot Lely adotta la miscelazione fissa, con distribuzione tramite vagone. L’allevatore può scegliere se automatizzare tutto il caricamento dei prodotti o soltanto quello delle farine o infine adottare un rifornimento totalmente manuale.
Proseguendo nella panoramica, incontriamo il primo costruttore italiano: si tratta di Seko, che a novembre ha presentato un suo sistema automatico, basato su navetta di distribuzione e cucina fissa con taglio dei prodotti in loco. La soluzione scelta, a differenza di alcuni concorrenti, prevede dunque una navetta di dimensioni medio-piccole (circa 2,5 metri cubi) che fa semplicemente la spola tra la mangiatoia e la cucina.
Abbiamo poi i costruttori che offrono sia carri su binario sia Afs a guida autonoma. Sono, per esempio, Trioliet, che sta realizzando il più grande sistema di alimentazione italiano a Trescore Cremasco, con due cucine e tre robot di distribuzione. Oppure Wasserbauer, con lo Shuttle Eco da 2,2 metri cubi, o ancora Aranom di Hetwin, diviso tra le versioni Mix, con il solo miscelatore, e Cut&mix, che fa taglio e miscelazione direttamente nel robot.
Concludiamo sottolineando che sebbene la presenza di sistemi autonomi sia ancora marginale nel nostro paese, l’aumento di interesse da parte degli allevatori lascia pensare che nel giro di uno o due anni il loro numero crescerà esponenzialmente e tutti i costruttori dovranno misurarsi, volenti o nolenti, con questa tecnologia.
Ci sono anche gli stazionari
Categoria a se stante, ma tutt’altro che trascurabile, è quella dei carri stazionari, vale a dire carri miscelatori privi di ruote o altri sistemi di traslazione. A cosa servono, quindi? Gli impieghi sono principalmente due: il lavoro in impianti di biogas, dove non è necessario muoversi tra le corsie ma soltanto miscelare gli ingredienti da inviare al digestore, e quello in stalle con sistemi di alimentazione automatica. Qui il carro stazionario fa, come abbiamo visto, miscelazione e taglio dei prodotti che saranno poi distribuiti dalle unità mobili.
Ricordiamo, in materia, le soluzioni di uno dei big del settore, ovvero la veneta Faresin. Tre i modelli: Pf 1, Pf 2 Plus e Pf 3 Plus, azionati da motori elettrici con potenza fino a 110 kW, gestiti da sistemi come il Soft start (avviamento morbido per non generare picchi di consumo in partenza) o gli inverter, che in aggiunta permettono di regolare la velocità di rotazione delle coclee. Allo stesso scopo, i carri Faresin possono essere dotati anche di cambio a due velocità, che permette di ridurre i consumi quando non è necessaria l’intera potenza del motore elettrico.