Con un padre collaudatore dei trattori Landini negli anni 40-50 non poteva andare diversamente. Ermes Tosato, oggi titolare di officina autorizzata New Holland, vanta una delle collezioni di Landini testacalda più ricche d’Italia, con più versioni per ogni modello, alcune delle quali non facili da trovare. «Diciamo che ho ereditato la passione del papà – conferma Ermes – e poi siamo stati anche officina di riparazione Landini per diversi anni, per cui il marchio di Fabbrico (Re) è stato per tanti anni il nostro punto di riferimento».
Lavorando come officina meccanica, Ermes Tosato ha recuperato molte delle macchine proprio grazie alla sua attività, ritirandole dal mercato perché troppo vecchie o bisognose di restauro. «Alcuni trattori sono conservati, perché trovati in ottimo stato, ma la maggior parte li ho restaurati nella mia officina, a tempo perso – ci spiega –.
La molla per il collezionismo è scattata negli anni Novanta, un periodo in cui i primi ad appassionarsi per queste macchine furono gli emiliani, e i modenesi in particolare. Dirò una frase scontata, ma se dietro non c’è una vera passione per questi mezzi che hanno fatto la storia, queste “follie” non si fanno. Così mi sono concentrato sui trattori testacalda Landini e li ho recuperati tutti».
Dall’HP 25/30 al Superlandini
Vediamo allora quali sono queste “perle”, cercando nel contempo di ricostruire la cronologia dei trattori di Fabbrico a partire dal 1928, anno del primo testacalda Landini. Ovvero, il 25/30 HP da 25 cavalli, concepito all’inizio degli anni 20 da Giovanni Landini e portato poi a termine nel 1928 dal figlio Giuseppe Archimede. Caratterizzato da un solo volano e da un sistema di raffreddamento a vasca, proponeva un sistema di guida rudimentale, con frizione manuale e cambio a 3 rapporti in avanti e 1 retromarcia.
«Il modello in mio possesso – aggiunge Ermes – è la matricola 720 ed è un pezzo abbastanza raro, perché ce ne sarà una decina al massimo in giro per l’Italia. Presentava anche una valvola che, quando la calotta era troppo calda, prelevava una parte di acqua e la miscelava con aria e gasolio, in modo da raffreddare la calotta e ripristinare la potenza per un’accensione con i tempi e la temperatura corretti». Il modello che segue è l’HP 40, negli anni 1932-34, sempre con la vasca di raffreddamento e con accensione tramite preriscaldamento della calotta, ma di cilindrata superiore e più potente (40 cavalli), con un volano in più e soprattutto più pesante (35-38 q), nonchè dotato di barra di traino per aratri da scasso e puleggia per le trebbiature.
Nel 1934 esce il Superlandini, che Tosato possiede in ben quattro esemplari, anch’esso progettato per lavorare in aratura e trebbiatura. Simile come trasmissione posteriore al 40 HP, presenta un sistema di raffreddamento diverso (già qui troviamo il radiatore), cilindrata inferiore e 48 cv di potenza. «Secondo me è la miglior macchina costruita da Landini – commenta Tosato – ed è stata la macchina che ha fatto diventare grande il marchio di Fabbrico». I primi due esemplari in collezione sono due modelli prima serie, uno conservato e uno restaurato, diversi dai successivi per il regolatore, la freccia esterna sul volano e l’assenza di mascherina davanti al radiatore. Il tappo del serbatoio è a vite e la marmitta a espansione, mentre portainiettore e testata sono gli stessi che si ritroveranno nel Vélite.
Altro esemplare, invece, appartiene alla seconda serie, con parafango avvolgente, filtro dell’aria allungato e novità per quanto riguarda regolatore, supporto dinamo, supporto del serbatoio, tappo e fari. Quarto e ultimo esemplare di Superlandini è praticamente un fine serie (matricola 6822) e presenta ruote intercambiabili, parafango rialzato (perché montava pneumatici da 38”), marmitta a tubo, volani e regolatore modificati.
Dal Vélite all’L55
Nel 1935 è la volta del Vélite e anche in questo caso la collezione di Tosato presenta diversi esemplari, ben sei per la precisione. Troviamo un prima serie matricola n. 26, caratterizzato da minore cilindrata del Superlandini (per 28 cv di potenza), parafango non arrotondato, ruote in fusione, acceleratore a leva, testata con portainiettore e tappo rotondo a vite come i primi Superlandini. Passando alla seconda serie, la potenza sale a 32 cv e il parafango presenta l’aletta, mentre il resto non cambia.
Un altro esemplare di Vélite è particolarmente raro perché presenta ruote per metà fuse e metà laminate e design non arrotondato, oltre al parafango tipo biga romana. A proposito di romani, il nome Vélite deriva da Velites, ovvero i soldati armati alla leggera dell’esercito romano, a testimonianza delle caratteristiche di versatilità, elevata velocità e peso/dimensioni ridotte di questi mezzi. Da citare, infine, l’esemplare più vecchio, uno degli ultimi costruiti, che anticipa quella che sarà la linea L della Landini, nel senso che ha dei particolari che lo avvicinano al design dei trattori successivi. Nasce, infatti, con avviamento a benzina e candela azionata da vibratore (eliminando così il riscaldamento della calotta) per poi alimentarsi a gasolio, freno a nastro, testata rotonda diversa, mascherina e ruote intercambiabili.
Tra il Vélite 28-32 e la serie L si colloca il Bufalo, con bloccaggio freni indipendente sulle ruote motrici, di valore solo perché prodotto in poche quantità (171 unità); due i modelli in collezione, uno con ruote in fusione e senza mascherina, l’altro con ruote non originali.
A questo punto nel 1950 inizia la serie L e Tosato ha in collezione tutti i modelli, eccezion fatta per l’L35 semincigolato. I primi n ordine cronologico sono l’L25 e l’L45, rispettivamente da 25 e 45 cavalli, con sollevatore idraulico, presa di forza posteriore e accensione con motorino di avviamento.
Due i modelli particolari di L45 in collezione: si tratta di due semicingolati, in risposta al cingolato proposto da Fiat, dotati di catenaria “Roadless” (a maglie bloccate ad arco) per poter lavorare in sicurezza in zone collinari, uno di tipo industriale e uno di tipo agricolo. Anche di L25 troviamo due esemplari, uno matricola 1099, con alcune particolarità come il carter del cambio, il tubo di scarico e l’avantreno dritti, e uno degli ultimi costruiti (6mila di matricola). Nel 1953 è la volta dell’L35 con pistone in ghisa e ruote intercambiabili, seguito dal 30 e dal 44 Major, modelli molto comuni, allestiti con serbatoio originale, presa di forza, avviamento elettrico ecc. Infine, nel 1955 l’L55A, un subentro all’L45, quindi simile, ma con cilindrata superiore (e più cavalli), zavorre per dare peso e gomme maggiorate. Si tratta di una macchina ambita nel mondo del collezionismo, con sollevatore idraulico, presa di forza laterale, avviamento a benzina e poi alimentazione a gasolio.
In conclusione, alla fine degli anni 50 arriva il 35/8, ultimo vero testacalda prodotto da Landini, evoluzione del 30 e con livrea azzurra.
Tra i 35 trattori complessivi posseduti da Tosato troviamo anche qualche modello dei primi Landini diesel (es. Landinetta, «finché non hanno venduto a Massey Ferguson – ci spiega Ermes – lì ci siamo fermati») e alcuni trattori di altri marchi, a partire da tre Fiat: un 700 A prima serie (del 1929, in fase di restauro), un 700 B del 1931e un 50C, con motore 16 valvole dell’autocarro Taurus. Altri modelli da segnalare sono un Ariete Bubba (abbastanza raro perché prodotto in sole 400 unità), tre Orsi (un Argo, trovato nel Cagliaritano, del 1950, matricola 7365, quindi fra gli ultimi esemplari prodotti, un Super Orsi e un Artiglio del 1943) e, infine, l’unico trattore straniero presente in collezione, un Lanz Bulldog 45 cv testacalda, del 1950.
Mancherebbe giusto una ciliegina sulla torta per questa collezione così preziosa, riconosce Ermes, ovvero l’L55 semincingolato. Gli sforzi fatti finora sono stati notevoli, ma mai dire mai...
Superlativo!
C’è da rimanere a bocca aperta
Posseggo un L25 ed un L35 che ho restaurato personalmente, un R25 (la 12 marce), uno Steyr 80 ed un Fiat25 a petrolio
Un amico in Inghilterra ha comprato un L25 e, mi ha scritto che gli piacerebbe trovare la puleggia, per il cintone; hai percaso dei contatti?
Grazie,
Dino