La passione di Remo Baldassi per i Landini è di quelle autentiche, anche perché dalle sue parti (Aiello del Friuli per la precisione, in provincia di Udine) il brand emiliano non era così diffuso come in altre regioni. Ma evidentemente il destino aveva deciso di farli incontrare. «Già negli anni Settanta, quando avevo circa 15-16 anni, ad Aiello del Friuli i miei genitori durante il periodo di vacanze scolastiche mi mandavano dallo zio agricoltore, che possedeva appunto un L 25 testa calda. È stata quella la scintilla che mi ha fatto letteralmente innamorare dei testa calda e dei Landini in particolare. Tra l’altro, anche uno come me, che non si intendeva di meccanica, non incontrava grosse difficoltà a usarli, mantenerli o ripararli grazie alla loro semplicità costruttiva. Pochi anni dopo anche mio cugino ne comprò uno e insieme ci divertivamo a smontarli da soli pezzo per pezzo, portavamo i cilindri a farli rettificare ecc. insomma, era una passione che cresceva anno dopo anno. Una volta raggiunta l’età della patente, andavamo in giro per le feste d’aratura e trebbiatura in Veneto o in Lombardia ed Emilia Romagna, perché in Friuli Venezia Giulia tutta questa passione, come detto, non c’era».
Quello che faceva battere il cuore a Remo era in particolare il rumore del motore e guidare quel trattore per lui era come proiettarsi in un altro mondo. Ma ancora non aveva soldi né tempo per portarsene a casa uno, anche se allora costavano poco. «Finché nel 1982 mi sono sposato – continua a raccontarci – e anche questa volta il destino ha giocato a favore: anche mia moglie infatti era appassionata di trattori, del resto proveniva da una famiglia di agricoltori, mentre io avevo un’azienda di perforazione pozzi. Così nel 1992 comperai il mio primo trattore, un L 30, da un amico di Scodovacca (paesino vicino ad Aiello). Lui, infatti, per lavorare l’orto cercava un trattore con l’avviamento elettrico, per cui facemmo uno scambio con un Fiat 411 R che avevo comperato per pochi soldi, ma che, pur se datato, funzionava ancora bene. Quell’L 30 fu per me come un giocattolo per i bambini: lo mettevo in moto ogni sera, lo lucidavo ogni sera, giorno dopo giorno lo rimettevo a nuovo, e il mio amico veniva a vederlo ogni domenica. Era l’occasione per fermarci a scambiare due chiacchiere davanti a un bicchiere di vino, dopo di che andavamo in giro per le feste arrivando fino in Piemonte, oltre che, come detto, in Veneto, Lombardia ed Emilia-Romagna».
Attrezzature originali
Adesso Baldassi ha una collezione di circa quaranta Landini testa calda (per onor di cronaca citiamo anche un Fiat 70 R regalato da un amico contoterzista assieme appunto a un L 25), ai quali vanno aggiunte anche diverse attrezzature originali, dalle barre falcianti agli aratri a carrello fino alle pompe per irrigazione. Vediamo quali sono questi modelli, tutti caratterizzati da motore Landini 2 tempi monocilindrico orizzontale e raffreddamento ad acqua – a partire da quelli più numerosi, ovverosia una decina di L 25 (Baldassi possiede la serie completa dopo la presentazione del prototipo L 20 alla fiera di Milano del 1948), modello che era stato prodotto tra il 1950 e il 1957 in cinque serie (marce corte o marce lunghe, ruote in ferro o in gomma ecc.), oltre che in versione semicingolata. Fu il più piccolo testa calda (25 cv) mai costruito in Italia.
Passando agli L 30, anche in questo caso Baldassi possiede tutte le serie (tre, da 29 cv, tra il 1957 e il 1959) e lo stesso vale per gli L 35 (prodotti tra il 1953 e il 1958) e gli L 45 (tra il 1950 e il 1958). Tocca poi agli L 55 A e B (il più potente testa calda Landini, 55 cv, fabbricato dal 1954 al 1959), un esemplare ciascuno, e a tre Super Landini, uno con ruote in gomma e due con ruote in ferro. È completa anche la serie dei Vélite, dalla prima all’ultima stradale, mentre del 44 Major e del Bufalo Baldassi possiede solo la seconda serie (manca per entrambi la prima). Chiude il cerchio un 35/8 (ultimo testacalda da 32 cv prodotto da Landini in un’unica serie nel biennio 1959-60), ma vanno poi citati anche una Landinetta (il primo modello diesel costruito da Landini nel 1957 non poteva mancare in collezione) e un R50, ultimo uscito dalla famiglia Landini, un diesel 4 cilindri da 50 cv prodotto dal 1959 al 1961. In pratica nella collezione dei testa calda di Baldassi mancano solo i modelli 30 (prodotto tra il 1928 e il 1931) e 40 (1932-1934) a vasca, i primi a montare il motore testa calda ideato da Giovanni Landini e costruiti in poche centinaia di esemplari. Il motivo è molto semplice: i prezzi in questi ultimi anni sono lievitati e non si comprano più al costo di “ferro vecchio” come una volta (anche perché ormai non si trovano più presso gli agricoltori, ma sono in possesso solo dei collezionisti). «È un peccato – commenta Baldassi – anche perché in questo modo i giovani che volessero avvicinarsi a questo mondo vengono scoraggiati e il collezionismo si ferma».
Comunque Baldassi continua ad andare in giro a cercare i pezzi mancanti, anche perché è un tipo un po’ particolare: secondo lui, infatti, le macchine devono essere conservate, non riverniciate, cioè il trattore (o l’attrezzo di lavoro) va tenuto come lo si trova e semplicemente pulito, e più pezzi originali ha meglio è. Inoltre, vuole appunto solo modelli originali. «Devo riconoscere che in giro si trova ancora parecchia roba, soprattutto in Emilia durante le feste di aratura, e io vado a recuperare anche le attrezzature che peraltro posso usare, dal momento che ho un piccolo terreno vicino a casa dove da pensionato mi diverto ad arare, seminare e tagliare fieno. Insomma, se mi capita di trovare qualcosa di buono, ovviamente non mi tiro indietro, lo prendo; ad esempio non vedo l’ora che arrivi fine marzo per andare al mercatino dello scambio a Reggio Emilia, dove portano anche i trattori». Oggi Baldassi non partecipa più alle feste con i trattori, a parte qualche aratura nella sua zona, ma non si perderà la mitica scalata dello Stelvio, a numero chiuso (in un’ora hanno ricevuto 350 iscrizioni…).
Chiudiamo con il desiderio comune ad alcuni collezionisti che abbiamo ospitato su questa rivista. «Il mio progetto è quello di fare un piccolo museo per queste macchine, sfruttando i 500 metri quadrati del mio capannone, dove tutti i miei trattori ci stanno comodamente. Spero solo di trovare il tempo per farlo». di Francesco Bartolozzi
caro Baldo sei proprio giusto per il testa calda (tra simili ci si intende ) e scommetto che se sei in forma fai anche cigolare le gomme ………( Pacchiosi) come ai vecchi tempi siv siv siv ………si vidin mandi fra canapa