Per raggiungere la collezione dei fratelli Franca si salgono le dolci colline riminesi. Sullo sfondo il mare fa da contraltare all’entroterra, con il ripido Monte Titano della Repubblica di San Marino che domina il territorio. Fabio e Matteo Franca sono meticolosi quanto l’ambiente in cui operano: tutto è perfettamente ordinato e addirittura hanno due zone ben distinte: in un magazzino tutti i pezzi già restaurati e funzionanti, e in una struttura a valle quanto deve essere ancora revisionato.
«Ma qui abbiamo anche il nostro pezzo forte – dicono all’unisono i due fratelli, accompagnati dal padre Marsino che, silenzioso, li guarda con fare compiaciuto – che ci chiedono spesso anche per mostre e manifestazioni, ovviamente fino a quando la pandemia non ha bloccato tutto».
Il gigante dei motori
Il pezzo, oltre che forte, è pesante: si tratta dei 142 quintali del motore statico “Franco Tosi”, un monocilindrico dall’aspetto imponente che Fabio e Matteo hanno fissato su un rimorchio adeguato, pronto per eventuali spostamenti. «È stato uno dei primi motori ciclo-diesel in Italia; questo è del 1918 e l’avviamento è ad aria compressa, mentre l’iniezione è pneumatica. Questi grandi motori erano per industrie ma, più spesso in Italia, nelle opere di bonifica accoppiati alle idrovore. L’esemplare di nostra proprietà è un 48mila di cilindrata e sviluppa 50 CV a 180 giri. Il combustibile è olio leggero in avviamento e poi quello pesante in marcia».
Qualche altro dato tecnico del “gigante” dei fratelli Franca: alesaggio 350 mm, corsa 500 mm, ciclo-diesel, capacità lubrificante 400 litri, raffreddamento ad acqua.
La Franco Tosi (oggi Franco Tosi Meccanica) è stata un’azienda metalmeccanica fondata nel 1881 a Legnano (Mi), pioniere di questo campo dell’industria, nata come Cantoni - Krumm nel 1874, che poi, nel 1881, prese il nome di “Franco Tosi”. Nel 1904 creò il primo motore a vapore con potenza superiore a 6 hp, ma è solo nel 1907 che iniziò a realizzare industrialmente motori a olio pesante a ciclo Diesel.
«Un motore Tosi come questo – precisa Fabio – non poteva mai essere lasciato solo a sé stesso. Va ricordato che nelle bonifiche era usuale che dovessero rimanere in funzione per lungo tempo, senza mai fermarsi, pena l’allagamento di ampie zone bonificate. Per questo era indispensabile che un motorista, a turno, fosse sempre presente, notte e giorno, per sorvegliare tutte le regolazioni. Sono motori perfetti, come un orologio, ma solamente se vengono mantenuti regolati costantemente». Particolare è il sistema (brevettato da Tosi) che permette alle valvole di lavorare alternativamente, sia come scarico sia come aspirazione. Questo consentì di evitare soventi rotture dovute all’eccessivo calore che potevano verificarsi con la distribuzione tradizionale.
Nel vedere questo colosso, difficilmente riscontrabile nelle collezioni dei privati, se non in qualche musealizzazione a livello di territori di bonifica, si comprende che i fratelli Franca hanno una passione ben precisa. «Sì, i motori statici sono alla base della nostra passione e della nostra collezione. Ne abbiamo parecchi, e li abbiamo riportati tutti a nuova vita. Non compriamo tanto per fare, ma prima di tutto ci informiamo e cerchiamo di capire la storia di ogni pezzo. Poi passiamo al restauro e alla ricostruzione, fedele all’originali, degli eventuali pezzi che non si riescono a reperire sul mercato dei ricambi».
Il braccio e la mente
Se Fabio è per certi versi la mente, Matteo è il braccio operativo dei restauri. «Sono molto meticoloso – precisa quest’ultimo– e mi piace riportare in vita tali motori stazionari nella maniera più fedele all’originale possibile. Molto spesso occorre documentarsi all’estero per reperire disegni o fotografie. Ad esempio, se manca una marmitta, non mi piace metterne un’altra presumibilmente simile: voglio trovare un modello (che sia fotografia d’epoca, disegno o un altro motore uguale) in modo da realizzarne una identica in tutto e per tutto. L’obiettivo è pur sempre quello di trovarne un’altra originale di ricambio, ma non sempre è possibile reperire i pezzi dell’epoca specie per macchine che hanno oltre 120-130 anni».
La passione è nata circa 20 anni fa. Fabio (43 anni) e Matteo (38 anni) fin da ragazzini erano affascinati dal trattore del nonno, un Fiat 352 che, in pratica, ha costituito il primo pezzo. «Poi da lì siamo passati ai classici Landini, fra cui un Super conservato. Ma ben presto ci siamo orientati verso i motori statici e oggi ne abbiamo una ventina, tutti completi e funzionanti».
Il resto della collezione
Se dietro a un pezzo c’è anche la poesia di un ritrovamento, l’emozione è doppia. Così è stato per il National del 1905 (5 cv di potenza), che era in un frantoio di un antico casale sulle prime colline romagnole fra Cesena e Rimini. La zona è ricca di ulivi e lo era anche in passato, tanto che questo motore, tramite cinte di distribuzione del moto, permetteva di azionare le molazze e la pompa idraulica per la spremitura tramite presse idrodinamiche. Il National arrivava in Italia grazie alla ditta Francesco Casali di Suzzara.
Un altro “piccolo” è lo Japy dei primi del ‘900 con alimentazione a benzina, ma della casa francese i fratelli Franca hanno anche un altro modello, con raffreddamento a pioggia.
Lo Schlüter tedesco (Monaco) è un testacalda orizzontale e questo della collezione è abbinato a una dinamo per produrre corrente elettrica. «La ditta rappresentante in Italia e per le colonie era la Freddi di Bologna. È un modello poco diffuso, dalle nostre parti non se ne sono mai visti molti». Curiosa la targhetta per la lubrificazione, che riporta “usare il Gargoil DTF Oil Extra Heavy della Vacuum oil Company ottenibile in tutto il mondo”.
Anche il Mietz&Wiess americano è un pezzo particolare: motore testacalda con raffreddamento che si ottiene grazie all’acqua presente per ¾ nel cilindro. Il livello dell’acqua, grazie a un galleggiante, non supera mai il 75%. L’olio inoltre circola grazie alla depressione che si genera nel sistema: non vi è la pompa per lubrificare.
Un testacalda, 4 tempi, è il Blackstone inglese che sviluppa 6,5 cv di potenza, mentre uno dei più piccoli della collezione è il 2 cv dell’Ing. Balsari. Una pubblicità del 1923 indica che Balsari costruiva motori stazionari con potenze comprese fra 2 ½ cv fino a 100 cv, alimentati con olio pesante. Questo in collezione è certamente il modello con potenza più piccola.
Fanno parte della raccolta anche un Titan in fase di restauro, un Landini L45, un L55, un Vélite, più diversi cingolati anni 50-70.
«La pandemia ha avuto un unico risvolto positivo – concludono Fabio e Matteo – vale a dire che ci ha regalato del tempo per sistemare diversi statici che erano in attesa di restauro da anni. Ora però ci auguriamo che tutto finisca al più presto, per poter tornare a incontrare di persona gli amici collezionisti e frequentare feste, mercatini e raduni».
sono un appassionato di motori d’epoca vorrei contattarvi per venire a trovarvi. sto mettendo in funzione un motore franco tosi credo uguale al vostro in piu possiedo qualche motore statico su ruote. mi piacerebbe conoscervi per condividere una passione che si fa sempre più rara
Salve, scusi il forte ritardo nella risposta, deve contattare direttamente i Fratelli Franca, noi abbiamo solo pubblicato l’articolo relativo alla loro collezione.