Una passione che ha sempre bruciato come il fuoco sotto la cenere, ma che si è rinvigorita una decina di anni fa. Romano Sangiorgi di Castel Bolognese (Ravenna) ricorda i tempi in cui, da bambino, alle 3 del mattino veniva condotto dal padre e dal nonno ad arare con il traino animale e a lui, così come a tanti ragazzini fino agli anni ’40-’50, toccava il compito di tenere le redini davanti al solco. «Più di una volta sono caduto nel solco a causa del sonno - dice con nostalgia Sangiorgi -. E sognavo un trattore per alleviare le fatiche». Un desiderio che poi la famiglia realizzò, in quanto coltivava un vasto podere. Arrivò in famiglia prima un Fiat 700 (trattore che aveva già una quarantina d’anni, all’epoca), poi un Oto Melara e di seguito un Landini. Oggi Sangiorgi, ricordando le antiche fatiche della sua famiglia, ha una collezione con oltre 20 mezzi e numerosi motori fissi.
Da Lombardini a Slanzi,
da Guidetti a Vincenzi
Le case costruttrici di motori fissi erano tante, fra cui la Lombardini e la Ruggerini, specie nel Nord Italia. Sangiorgi ha due Slanzi di cui uno con puleggia di legno, un Acme, un Marini, un Guidetti e un Motori Vincenzi, tanto per citarne alcuni. Giuseppe Marini era un costruttore di Alfonsine (Ravenna), che negli anni ’30 si dedicò ai motori fissi per l’agricoltura, utilizzati per azionare pompe centrifughe, pompe per i trattamenti, o per trasmettere il moto ad altre macchine operatrici.
Quasi tutti i motori fissi sono lasciati allo stato così come trovati. Per i trattori, invece, Sangiorgi cerca di fare un restauro totale, per far ritornare il mezzo così come era in origine. L’intervento di verniciatura sulla carrozzeria lo preferisce soprattutto quando il mezzo è molto rovinato. In collezione fanno bella mostra due carioche (trattrici derivate), una restaurata e una conservata. La prima è una Prandi Scaravelli costruita a fine anni ’40, primi anni ’50 a Reggio Emilia. La seconda è una carioca con motore Fiat degli anni ’30, costruita probabilmente a metà degli anni ’40 dalla Barusi Romildo di Parma. La carrozzeria è tenuta insieme con rivetti e una delle caratteristiche peculiari sta nel vaporizzatore che ne permette il funzionamento a petrolio.
Sangiorgi va fiero anche di altri due pezzi poco diffusi. Il primo è un piccolissimo trattore cinese, il Taichan 12, con trasmissione a cinghia. Di certo in Italia ne sono arrivati pochi di trattori cinesi come questo. Il secondo è del costruttore Zaford (come si verifica dalla copia del libretto), motorizzato Deutz, un costruttore sconosciuto di cui anche l’esperto Matteo Vitozzi, che ci ha accompagnato nella visita, non ha notizie certe. Sangiorgi ha acquistato lo Zaford verniciato di azzurro, ma non è detto che fosse il suo colore originale.
Curiosa anche una piccolissima trebbiatrice, totalmente in legno, che fino agli anni ‘60 veniva utilizzata nelle zone di montagna dove mezzi più grandi non riuscivano ad arrivare. La trebbiatrice, una Mellini - Martignoli di Guastalla (Reggio Emilia), è attrezzata con motore fisso Condor che ne permetteva il funzionamento in maniera autonoma.
Restauri d’autore
«Collezionare per me non significa accumulare - dice Sangiorgi - ma cercare di salvare un pezzo di storia. Sono davvero dispiaciuto quando vedo dei pezzi rari italiani prendere la via dell’estero. Là ci sono collezionisti molto facoltosi, ma anche appassionati delle trattrici italiane a volte più di noi italiani stessi. Credo che dovremmo cercare di amare di più i nostri marchi e saperli valorizzare».
Una bella trattrice restaurata è una Venieri 30C. L’officina Venieri era nata a Lugo (Ravenna) negli anni ’30 e poi, dopo la guerra, aveva continuato l’attività costruendo carioche. Nei primi anni ‘50 si dedicarono anche alla realizzazione di trattori e quello posseduto dal collezionista è un esemplare motorizzato Güldner. Perfettamente restaurato il Fiat 251 R montagna. Le ruote sono isodiametriche, tutte sterzanti, e la trazione è integrale. Le ruote possono essere montate anche “a rovescio” in modo da allargarne la carreggiata e rendere la macchina ancora più stabile in pendenza. Non ne furono costruiti molti esemplari, meno di 1.000 a quanto pare, e fra i collezionisti appassionati del marchio Fiat è piuttosto ricercato. Posteriormente è dotato di puleggia.
Il trattore stupisce per quanto è stretto: nonostante questo, il quadro dei comandi ha tutto quello che all’epoca doveva esserci. Il tubo di scappamento corre sul lato sinistro del guidatore e scarica in basso, verso terra.
La 251 R non è l’unico Fiat in collezione: vi è anche una 22 non restaurata e diverse 25 C, oltre a una 18 Petrolina del 1948. Dato che in famiglia fu utilizzato un Oto 25 C, Sangiorgi ha voluto riacquistare lo stesso modello che ora, conservato e non restaurato, gli ricorda i tempi che furono. Così come un Landini testacalda L25. Altri pezzi particolari sono un Same Diesel DA 12 e un Moto Meccanica 28 cv dei primi anni ‘50.