Ricerca scientifica, innovazione tecnologica e anche un po’ di moda: sono questi, in linea generale, i motivi alla base delle innovazioni nel settore della trinciatura. Dal taglio lungo al corto (e poi nuovamente al lungo), dal rompigranella cilindrico a quello a dischi, fino ad arrivare ai nuovi sfibratori a velocità differenziata, le evoluzioni negli ultimi decenni non sono mancate, così come i ritorni al passato. Abbiamo allora scelto di fare il punto sulle caratteristiche della trinciatura moderna con tre professionisti del settore, per capire come si sta evolvendo questa attività, fondamentale ormai anche al di fuori dell’allevamento.
Non è un mistero, infatti, che la vera spinta alla vendita di trinciacaricatrici del decennio scorso sia venuta dal boom del biogas e che nuova linfa potrebbe arrivare, prossimamente, dalla realizzazione degli impianti per biometano, in corso un po’ ovunque grazie ai generosi contributi del Pnrr.
La lunghezza di taglio
È l’eterna diatriba, che ricorda un po’ la moda dei pantaloni: vita alta o vita bassa? Se quarant’anni fa andava decisamente di moda il trinciato a taglio lungo, con il passare del tempo si è progressivamente scesi fino al centimetro – talvolta anche meno – per poi tornare improvvisamente a risalire. Dove siamo arrivati? Lo chiediamo a tre contoterzisti, rappresentativi di altrettante aree della Pianura Padana. Da Ovest verso Est, incontriamo nell’ordine Mattia Carega (Alessandria), Cristian Grignani (Pavia) e i Rosina di Padova.
Partiamo da Est, ovvero da Andrea Rosina, membro di una famiglia di contoterzisti che conta una dozzina di fratelli, figli, nipoti e cugini impegnati nell’attività. «Una misura univoca non esiste: le stalle seguono i consigli degli alimentaristi, che in proposito hanno idee a volte diverse uno dall’altro. In genere si va dai 15 mm in su per le stalle da latte, mentre per l’ingrasso si resta sul centimetro, massimo un paio di millimetri in più», esordisce. Discorso totalmente diverso nel caso gli insilati siano utilizzati per produrre energia: «Per i digestori le richieste vanno dai 4 ai 6 millimetri, difficilmente oltre.
Inoltre, conta l’età dell’impianto: i proprietari dei più recenti, generalmente dotati di trituratore, preferiscono un taglio tendenzialmente lungo, che porta a minori perdite di nutrienti. I primi costruiti, invece, di solito non avevano il trituratore, per cui i gestori ci chiedono di tagliare a circa 5 mm». Non starebbe invece prendendo piede, continua il contoterzista, lo sfibramento, ovvero la tecnica, relativamente recente, che prevede un taglio lungo con effetto di sfregamento su pianta e tutolo dovuto alla rotazione differenziata dei due rulli del rompigranella. «Qui in zona c’è stato un boom qualche anno fa, ma, da quel che vedo, la cosa si è ridimensionata. Anche perché un prodotto tagliato oltre i 2 cm diventa difficile da conservare, soprattutto se è un po’ avanti con la maturazione».
Procedendo dal Padovano alla provincia di Pavia, dove opera Cristian Grignani, scopriamo che il taglio sfibrato resta invece tra i più richiesti dagli allevatori: «Lo vogliono quasi tutti, sostenendo che è più digeribile per gli animali. Naturalmente i suoi effetti si vedono in abbinamento al taglio lungo. Se parliamo di trinciatura classica, invece, la lunghezza va da 1,3 a 1,9 cm per le stalle e sotto il mezzo centimetro quando si lavora per biogas. Anzi, qualcuno chiede i 3 millimetri, che sono davvero difficili da ottenere».
Cambia tutto a Ovest, dove il numero relativamente ridotto di stalle («Rappresentano il 20% dei nostri clienti per la trinciatura», dice Mattia Carega) unito alla voglia di praticità sta portando a una soluzione alternativa: «Le misure classiche sono 5 mm per uso energetico e 15 per la stalla, ma da un paio di anni, le stalle con annesso biogas stanno provando la misura unica, sui 7-8 mm. Dopo un 2022 di test, le aziende hanno tutte rinnovato la richiesta, sintomo evidente che è una soluzione praticabile».
Praticabile nonché utile, prosegue Carega, per semplificare la raccolta. «Normalmente chi ha stalla e biogas faceva due trincee separate, una con taglio lungo e una a taglio corto. Questo voleva dire tenere aperti due cantieri e anche scegliere quale mais mandare alla prima trincea e quale alla seconda. Per chi compera mais da altre aziende diventava un lavoro complesso. In genere decidevano in base al rapporto pianta-spiga o al numero di pannocchie, ma non era sempre facile capire quale fosse il prodotto migliore per la stalla».
Con un solo raccolto, prosegue il giovane contoterzista piemontese, si ottiene un prodotto intermedio, valido per le vacche quanto per il digestore. «La selezione si fa allora all’interno della trincea, usando il cappello e i bordi per il biogas e riservando il cuore del silo, dove c’è il trinciato migliore, alla stalla. In questo modo si perde un po’ di efficienza nel digestore, ma si evitano problemi ai rumini e si migliora la produzione della stalla».
Granella tutta spaccata
«Chi non ha soltanto stalla o biogas – prosegue Carega – mantiene le tradizionali lunghezze di taglio. Su una cosa, però, tutti sono d’accordo: la granella dev’essere tutta spaccata, su questo non ci sono differenze. La rottura totale della granella è il requisito fondamentale per fare un buon trinciato». L’opinione è confermata da Andrea Rosina: «Più che lo sfibramento della pianta, i clienti ci chiedono la rottura integrale della granella, perché quella integra resta in mangiatoia. Per gli allevatori è un elemento importantissimo». Non è un caso, del resto, che negli ultimi anni l’innovazione in materia di trinciacaricatrici si sia concentrata, oltre che sulle tecnologie di precisione, proprio sui rompigranella.
Tra chi offre le maggiori possibilità di scelta, sul tema, abbiamo Claas, con tre rulli diversi: il tradizionale Mcc a denti di sega, il rompigranella a dischi Mcc Max, specifico per alte potenze, e il più recente Mcc Shredlage, che ha portato in Italia una tecnologia già in voga negli Usa. Quella dello sfibramento, per l’appunto.
Tecnologia ormai adottata da tutti i costruttori: Krone, per esempio, la offre grazie a un differenziale di rotazione tra i rulli che dal tradizionale 30% può arrivare al 50%. Il diametro dei rulli, invece, varia dai 25 cm dell’Opti Maxx standard ai 30,5 di Opti Maxx 305, sempre con profilo a denti inclinati del 5%.
John Deere ha rulli da 24 o 25 mm, a seconda se tradizionali o sfibratori (tecnologia Xstream Kp) e differenziale di velocità del 32 o 50%. Si torna a tre soluzioni per le FR di New Holland: rompigranella standard con differenziale di velocità variabile dal 22 al 40%, rullo maggiorato per alte potenze Dura Cracker con diametro tra 100 e 130 denti e differenziale tra il 30 e il 40% e, infine, rompigranella-sfibratore Dura Shredder, sempre con differenziale da 30 a 40% ma profilo dei denti a spirale.
Un disegno simile a quello adottato dalla Fendt per le sue Katana: il rompigranella Rs differisce dal normale corn cracker R per il profilo a denti di sega e la scanalatura a V. Non per il diametro, che è di 30 cm, né per il differenziale di velocità, compreso tra il 30 e il 40%.
Prodotti e periodi di raccolta
Chiudiamo con alcune indicazioni sparse ricevute dai tre contoterzisti interpellati. Andrea Rosina, per esempio, segnala che, se le misure del trinciato sono rimaste bene o male le stesse, si sta invece evolvendo la scelta degli agricoltori in materia di prodotti da insilare: «Il mais resta prioritario, ma molti si orientano sul sorgo, che ha meno problemi idrici in caso di siccità. Inoltre, alcune nuove varietà contengono proteine che, a quanto dicono, aiutano il rumine a funzionare meglio. Per cui sempre più allevatori ci chiedono di trinciare questo cereale».
Nell’Alessandrino, Mattia Carega ha notato un ritardo del periodo di trinciatura: «Fino a pochi anni fa si raccoglieva il mais allo stadio latteo-ceroso, mentre nelle ultime stagioni ci si sta spostando verso il ceroso, passando da un’umidità relativa del 35% a una del 30% circa. Si lascia quindi al prodotto circa una settimana in più per maturare. Questo per ridurre il percolamento in trincea, un fenomeno che determina la perita di elementi nutritivi preziosi».