Le bioenergie italiane si stanno preparando ad accogliere un nuovo membro: il biometano prodotto dalla purificazione del biogas. La domanda che potrebbe sorgere spontanea è come questo influenzerà l’attuale paesaggio della produzione di biogas. Vediamo innanzitutto com’è strutturata oggi in Italia questa realtà. Chiusa l’era del 28€c/kWh di incentivo e degli impianti da 1 MW, ormai dal 2013, come effetto delle nuove misure incentivanti, si stanno diffondendo sempre più impianti di produzione del biogas di taglia 100-300kWh che utilizzano come substrato soprattutto il refluo zootecnico, eventualmente integrato con una cultura di secondo raccolto. Un impianto di questo tipo si inserisce sempre in una realtà aziendale esistente, non sostituendola o creandola dal nulla, ma integrandola, sia come reddito, che come attività: l’impianto a biogas diventa un passaggio ulteriore del refluo prima del suo spandimento sul campo. Poiché ogni azienda ha il suo tipo di allevamento e di stabulazione, l’impianto deve essere tarato sulla particolare identità dell’azienda stessa e si viene dunque a creare una simbiosi molto stretta tra attività zootecnica e impianto a biogas.
Come si può inserire la produzione di biometano in un paesaggio che si sta sviluppando in questa direzione? Innanzitutto: in un impianto a biometano cambia sostanzialmente l’uso che si fa del biogas, ma la digestione anaerobica e i substrati possibilmente utilizzabili rimangono gli stessi. Il biogas prodotto, anziché venire utilizzato per la generazione elettrica e di calore viene purificato a biometano e o immesso in rete o utilizzato per i trasporti. “Ma il tutto non è cosi semplice come si potrebbe pensare” – spiega Mauro Nicoletti di Schmack Biogas durante il recente Convegno Agroenergia tenutosi a Tortona – “Portare il gas a purificazione richiede una simbiosi tra le necessità di rete, l’impianto di purificazione e la digestione anaerobica. Se, come crediamo e come è ragionevole pensare, le normative italiane ricalcheranno il modello tedesco perché già il decreto del biometano ricalca quello tedesco, vi sarà una grossa attenzione alla qualità di ciò che viene messo in rete ed un controllo molto rigoroso”.
Tecnicamente parlando la produzione di biometano è accessibile a tutte le dimensioni di impianto. Economicamente parlando, però, il discorso cambia. “In Germania l’applicazione del biometano è sensata per taglie medio-grandi e anche l’impostazione del decreto italiano va in questa direzione. Quindi riteniamo che vada a ricalcare il vecchio filone del MW che abbiamo avuto precedentemente con il biogas” afferma Mauro Nicoletti. Questo potrebbe essere a nostro modo di vedere positivo: le possibilità che si aprono con la produzione di biometano non andrebbero a sovrapporsi o a sostituirsi alla possibilità dell’azienda agricola di produrre biogas. Il biogas come si sta sviluppando ora in Italia e la produzione di biometano, così come si prospetta, non si daranno fastidio, permettendo a ciascuna realtà di prendere e percorrere la via ad essa meglio adatta. Probabilmente si delineerà un paesaggio in cui coesisteranno l’azienda agricola zootecnica che produce e continuerà produrre biogas per la cogenerazione elettrica/termica e impianti più grossi e complessi (ad esempio impianti che utilizzano forsu come substrato) che opereranno per la produzione di biometano. Biogas e biometano dunque, in un contesto ben studiato, si daranno la mano convivendo perfettamente in quella che sarà la necessaria biodiversità delle tecnologie per la transizione energetica.
Per concludere due parole sul decreto per il biometano, per il quale ad oggi mancano ancora le misure applicative, ma che già ha un suo profilo. Come afferma Mauro Nicoletti: “È un decreto tarato sulle taglie medio-grandi, che lascia spazio a molte possibilità applicative e l’incentivo dipenderà dall’uso finale che si fa del biometano - trasporto, immissione in rete, cogenerazione. Potrebbe rendere interessante la produzione di biometano anche in aree abbandonate o quasi anche dall’agricoltura”… perché, come spesso si sottolinea anche da queste pagine, non è il biogas il vero nemico dell’agricoltura italiana, quanto l’abbandono dovuto spesso a mancata redditività dell’attività agricola.
Articolo di Maria Luisa Doldi
Nella foto, un impianto a Biogas da 185kW che utilizza come substrato soprattutto refluo integrato con mais e colture di secondo raccolto: una nuova declinazione del biogas per l’azienda agricola (Foto: Schmack Biogas GmbH)