Cresce ancora il valore della terra in Italia, che per il secondo anno consecutivo segna un dato positivo (+0,2%), con gli incrementi più sostanziosi che si registrano in Piemonte, Lombardia e Toscana e variazioni più contenute nel centro-sud. Uniche regioni in controtendenza sono Umbria, Campania, Basilicata e soprattutto Veneto (-1%), dove prosegue un assestamento della ‘media’ nei valori dei terreni agricoli regionali, con l’eccezione di quelli adatti per colture di pregio, soprattutto la vite, dove il valore fondiario è sostenuto dal continuo successo commerciale che spinge un continuo aumento della domanda, come del resto in molte regioni italiane. Di fatto le contrattazioni per terreni adatti a vigneto o altre produzioni di pregio, in zone che hanno saputo avvantaggiarsi del crescente interesse dimostrato dai consumatori per i prodotti di qualità, dominano il mercato fondiario e rappresentano i casi, purtroppo abbastanza infrequenti, in cui la domanda supera l’offerta. E’ quanto emerge dall’indagine del Crea - Consiglio per la ricerca in agricoltura e l'analisi dell'economia agraria relativa al 2018.
Nel resto delle aree agricole esiste invece - spiegano gli analisti - una potenziale offerta molto consistente che non si tramuta però in vendita a causa del livello dei prezzi giudicato poco appetibile. È il caso sempre più frequente di lotti i cui proprietari hanno abbandonato l’attività agricola, per questioni di scarsa sostenibilità economica o raggiunti limiti d’età, senza vendere perché in attesa di tempi migliori, preferendo rivolgersi al mercato dell’affitto, i cui canoni anche per il 2018 restano sostanzialmente stabili. Per dare un’idea della dimensione di questo fenomeno, basti pensare che nel 2016 la superfici di terreni agricoli in affitto era pari a 5,7 milioni di ettari, quasi la metà della superficie agricola utilizzata e con un incremento di quasi il 20% dal 2010. Un dato sul quale hanno sicuramente influito e tuttora influiscono le politiche agricole, come la predisposizione di misure dei PSR a favore dei giovani imprenditori e per le aree economiche svantaggiate. Per contro le modifiche al regime di assegnazione dei diritti di impianto per i vigneti portano a un effetto disincentivante verso l’affitto, così come la riduzione degli incentivi sulle rinnovabili ha portato a un calo di interesse verso terreni da destinare alle colture agro energetiche. È inoltre evidente una certa prudenza generale dettata dall’attesa verso una maggiore chiarezza sulla direzione della nuova PAC post 2020.
Secondo l’analisi, dal 2014 le compravendite di terreni agricoli sono comunque tornate a crescere nell’ordine del 3-4% all’anno, ma non è ancora del tutto chiaro se si stia aprendo un vero e proprio ciclo, in quanto nel settore il livello dei prezzi è comunque considerato ancora troppo alto rispetto ai potenziali redditi attesi. Un ulteriore fattore potenzialmente favorevole alla ripresa è rappresentato dal costo dei mutui, oggi relativamente contenuto. Il credito per l’acquisto di immobili in agricoltura ha ripreso ad aumentare dal 2014, anche se nel 2018 le erogazioni hanno registrato una vistosa battuta d’arresto (-5%). Infine, viene sottolineato che l'aumento del prezzo medio a livello nazionale non basta a fermare l'erosione del patrimonio fondiario a causa di un aumento del costo della vita che continua ad essere più alto di quello registrato nel mercato fondiario. I modesti incrementi del prezzo della terra non riescono - affermano gli esperti – a recuperare la perdita di potere d'acquisto da circa 15 anni.