Le cosiddette “mescole” rappresentano le composizioni chimiche delle diverse parti che compongono uno pneumatico. Infatti, il battistrada, la carcassa, i fianchi, il cerchietto (la parte a contatto con il cerchio di acciaio), ecc. sono un insieme di più tipi di gomma, selezionati in funzione delle caratteristiche che quella specifica parte deve avere. Ad esempio,il battistrada dovrà evidenziare ottime caratteristiche contro l’usura, mentre i fianchi dovranno mostrare la massima elasticità, mentre la carcassa e i cerchietti avranno un’elevata resistenza strutturale. Ogni mescola è quindi un mix segretissimo (una leggenda metropolitana dice ancor di più della formula della Coca Cola…) di diversi tipi di gomma, di origine sintetica e naturale. La gomma di sintesi deriva sostanzialmente dal petrolio, mentre quella naturale attualmente è ricavata principalmente sotto forma di lattice dalla cosiddetta pianta del caucciù, ovvero la Hevea Brasiliensis, che a dispetto del nome viene attualmente coltivata in modo massivo nel sud-est asiatico, specialmente in Tailandia, Indonesia, Malesia, India e Vietnam, che di fatto rappresentano l’oligopolio dei Paesi produttori di gomma naturale. Da qualche tempo però questa leadership è insidiata da altre specie vegetali, dalle quali si può ricavare la gomma; quelli più promettenti sembrano essere la Guayule e il Dandelion (nome inglese del Tarassaco o Dente di leone). Lo scopo principale è quello di riuscire a produrre pneumatici (ovviamente anche agricoli) in modo più sostenibile, in particolare riducendo il dispendio energetico (e i costi) per il trasporto della materia prima dai Paesi produttori verso quelli trasformatori. Infatti, le specie alternative citate hanno caratteristiche agronomiche tali da poter essere coltivate in diversi areali del mondo (Europa compresa), anche in condizioni pedo-climatiche piuttosto critiche. Infine, la coltivazione di Hevea Brasiliensis avviene tuttora spesso a spese di una deforestazione incontrollata, e la sostituzione (ancorché non totale) di questa materia prima con altre equivalenti non potrà che arginare il deleterio fenomeno descritto.
La Guayule (Parthenium argentatum) è un arbusto molto rustico originario delle regioni semi-aride del Mexico e del sud degli USA; è quindi in grado di crescere in climi molto caldi ed è resistente ai patogeni, anche se ovviamente la sua produttività aumenta molto se può disporre di acqua e nutrienti (specie a base azotata). La propagazione può avvenire sia per seme che per trapianto. Il lattice che si estrae dal fusto e dalle radici produce una gomma che tra l’altro rispetto a quella classica è ipoallergenica, e quindi adatta per prodotti (come ad es. i guanti) destinati a soggetti sensibili al lattice.
La Guayule è un arbusto molto rustico adatto ai climi caldi e secchi, che produce un lattice (estratto dal fusto e dalle radici) adatto alla produzione di gomma.
E’ interessante ricordare che alla fine degli anni ’30 del secolo scorso, in piena autarchia, fu avviata nel tavoliere delle Puglie (a cura della SAIGA, un consorzio tra Pirelli e IRI) una coltivazione sperimentale di Guayule di 25 milioni di piantine, ottenute con semi selezionati provenienti dalla California, per una produzione attesa di 1000 kg di gomma/ha. Si pensava di ottenere globalmente 10.000 t/anno di gomma, addirittura circa 1/3 del fabbisogno italiano del tempo. Ma l’incombente conflitto mondiale, con tutte le conseguenti difficoltà di approvvigionamento dei mezzi di produzione, fece ben presto tramontare il progetto, e nel 1947 la SAIGA fu messa in liquidazione, mentre i terreni furono destinati alla coltivazione cerealicola. Diversi produttori di pneumatici hanno in corso ricerche sull’impiego della gomma da Guayule, e la Bridgestone ha installato in Arizona un complesso sperimentale di 114 ha per la produzione di gomma da destinare alla costruzione di pneumatici, in particolare il battistrada, i fianchi e il cerchietto.
Anche il tarassaco kazako (taraxacum kok-saghyz), che produce nelle sue radici il lattice utile per la preparazione della gomma naturale, è in sperimentazione presso i principali produttori di pneumatici. Tra questi anche Mitas, che è coinvolta nel progetto europeo Drive4EU (www.drive4eu.eu), finalizzato a verificare le prestazioni degli pneumatici (in particolare il battistrada) realizzati anche con questo tipo di gomma. In effetti, il tarassaco kazako è stato massicciamente coltivato in Unione Sovietica fino alla metà del secolo scorso (con rese anche di 200 kg di gomma/ha), ed ebbe una significativa diffusione ai tempi della seconda guerra mondiale, quando il conflitto nel sud-est asiatico mise in forte crisi le tradizionali forniture di gomma da Hevea Brasiliensis. Le radici sono raccolte in autunno e vengono macerate per estrarre il lattice.
Il tarassaco kazako non ha particolari esigenze di coltivazione e sopravvive bene anche in climi rigidi. Il lattice viene estratto dalle radici.
Il tarassaco preferisce terreni ben drenati e lavorati, con pH tra 5,5 e 8,5, ma non ha particolari esigenze di coltivazione, dato che cresce bene anche nel severo clima del Kazakistan e dell’Uzbekistan. E’ abbastanza resistente anche ai comuni patogeni , se si eccettua forse l’Oidio. Tra l’altro, le radici del tarassaco contengono anche inulina, un carboidrato che a parte impieghi alimentari e cosmetici può anche essere convertito in biocombustibile, sotto forma di etanolo o butanolo.
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