Gli ultimi mesi sono stati abbastanza turbolenti per le energie rinnovabili e anche l’agricoltura ne ha risentito. Abbiamo chiesto ad Assorinnovabili -Associazione Italiana Energie rinnovabili - di fare il punto della situazione sul rapporto agricoltura-energie rinnovabili, divenuto anch’esso difficile alla luce degli ultimi emendamenti, alcuni dei quali entreranno in vigore al gennaio 2015.
D: A partire da gennaio 2015 la produzione di energia rinnovabile da parte dell’azienda agricola non verrà più considerata come produttiva di reddito agrario. È giusto?
R: Purtroppo sì. Con la legge Finanziaria 2006 (L. 23 dicembre 2005 n. 266) e successive modifiche, la produzione e la cessione di energia da fonti rinnovabili agroforestali e fotovoltaiche, sono considerate attività connesse a quella principale, ovvero agricola, e, pertanto, sono produttive di reddito agrario. L’articolo 22 del decreto legge 24 aprile 2014 n. 66, cosiddetto DL Irpef, elimina il riferimento al reddito agrario e stabilisce che il reddito derivante dalla cessione di energia elettrica, termica, biocarburanti o prodotti chimici, ottenuti da prodotti provenienti prevalentemente dalla coltivazione del fondo agricolo, non sarà più considerato come reddito agrario, calcolato su base catastale, ma verrà determinato forfettariamente su una base imponibile pari al 25% della vendita fatturata di energia o biocarburanti o prodotti chimici. Tale misura verrà applicata a partire dal 1° gennaio 2015. Nella formulazione originale, la stessa disposizione doveva applicarsi a partire dal 2014 introducendo, di fatto, una misura retroattiva oltre che gravosa per gli imprenditori agricoli. Nella conversione in legge del decreto, sotto la forte pressione di alcune associazioni di categoria, è stata introdotta una modifica che vale solo per il periodo di imposta 2014. Nello specifico è stata posta una franchigia al di sotto della quale la tassazione rimane quella prevista per il reddito agrario, ovvero la produzione di energia elettrica e termica da fonti rinnovabili agroforestali sino a 2.400.000 kWh/anno, e fotovoltaiche fino a 260.000 kWh/anno effettuate dagli imprenditori agricoli continueranno ad essere considerate reddito agrario. Superati i detti limiti, il 25% del fatturato derivante dalla vendita dell’energia verrà assoggettato a tassazione ordinaria.
D: Quali conseguenze pratiche porterà con sé questa misura? Semplicemente si allungano i tempi di ammortizzamento dell’impianto o vi è dell’altro?
R: Senza dubbio si tratta di una misura che penalizza notevolmente il settore e pregiudica i futuri investimenti. Il periodo transitorio vale solo ed esclusivamente per l’anno 2014 ed è stato introdotto proprio per tutelare i piccoli impianti (gli impianti a biogas e biomasse al di sotto dei 300 kW non subiranno alcuna modifica), i quali si vedranno certamente allungare i tempi di ammortamento degli investimenti. Si consideri che, per il periodo di imposta 2014, gli imprenditori agricoli dovranno pagare, per un impianto da 1 MW, una tassa annuale che oscilla tra i 30.000-45.000 €/anno. Una cifra decisamente elevata, ma molto meno di come sarebbe stata prima della modifica apportata con la conversione in legge e di come sarà a partire dal 2015, periodo di scadenza del transitorio.
A questo punto ci si augura che il legislatore rivisiti il provvedimento facendo un’analisi dettagliata delle conseguenze che potrebbe subire il settore delle agroenergie, quello del biogas agricolo in particolare, estendendo, per esempio, il periodo transitorio per gli anni successivi.
D: Questa misura vale per tutte le fonti rinnovabili – biogas, fv e biomasse indistintamente?
R: La misura introdotta impatta il reddito ottenuto sostanzialmente dalla vendita di energia elettrica e termica da fonti rinnovabili agroforestali (quindi biomasse e biogas) e fotovoltaiche, e di biocarburanti o prodotti chimici, ottenuti prevalentemente dalla coltivazione del fondo agricolo. Si tratta di attività connesse a quella agricola che prima dell’introduzione di tale provvedimento contribuiva al reddito agrario delle aziende.
Il settore che risentirà maggiormente della modifica del trattamento fiscale è quello del biogas; un settore che ha avuto una crescita repentina negli ultimi 5 anni, che rappresenta all’incirca 1000 MW installati sul territorio italiano e che ha il beneficio di procurarsi la materia prima direttamente “in casa” utilizzando in maniera efficiente i sottoprodotti generati dalle attività agricole e zootecniche.
D: Per l’agricoltura rimane ancora interessante investire nelle rinnovabili? Come credete che potrà reagire il settore?
R: La misura così com’è stata decretata a partire dal 2015 pregiudica sicuramente gli investimenti, scoraggiando e allontanando, di conseguenza, gli imprenditori agricoli dal settore della produzione di energia, se non per l’utilizzo in autoconsumo. Inoltre, la modifica pregiudicherebbe una filiera che è in procinto di affermarsi, ovvero quella del biometano, che di fatto costituisce un biocarburante ottenuto da prodotti provenienti dalla coltivazione del fondo agricolo, la cui produzione, verrà esclusa dal reddito agrario. Infine, la ratio del provvedimento, che da un’analisi del legislatore prevede un gettito di 45 milioni di euro per il 2015, risulta essere in contraddizione alla tendenza del DM 6 luglio 2012 (Incentivazione della produzione di energia elettrica da impianti a fonti rinnovabili diversi dai fotovoltaici) il quale, se da una parte ha introdotto un sistema di incentivazione complesso e scoraggiante, specialmente in termini di tariffe, dall’altra ha mantenuto un occhio di riguardo per i piccoli impianti, riconoscendo l’accesso diretto agli incentivi per gli impianti a biomasse e biogas di potenza inferiore ai 200/100 kW che utilizzano prodotti e sottoprodotti biologici, e prevedendo alcune premialità aggiuntive.
A cura di Maria Luisa Doldi