L'emergenza coronavirus su scala internazionale ha innescato in tutto il mondo una corsa all'accaparramento di beni primari. L'aumento della domanda ha avuto immediate ripercussioni sui prezzi delle principali materie prime. Come il grano, che ha subito un rialzo del 6% alla Borsa merci di Chicago (Cbot), spinto dalla pressione sulle filiere della farina e della pasta.
Nell’ultima settimana i contratti con consegna a maggio hanno registrato un aumento del 5,92%. In crescita anche il valore del mais (+0,66%), della soia (oltre il 2%), dell’avena (+1,39%) e della canola (+0,22%). Volano anche le quotazioni dell’olio di soia, che hanno guadagnato il 4,65%, e del riso (+5,07%). In calo la farina di soia americana (-0,57%).
I prezzi della carne hanno invece subito variazioni contrastanti nell’ultima settimana: i contratti sulla carne bovina adulta con consegna a giugno hanno registrato un +0,2%, le quotazioni sul bestiame da alimentazione con consegna a maggio sono cresciute del 2,56%, mentre i prezzi della carne di maiale con consegna a giugno sono crollati del 5,13%.
Secondo un'analisi di Coldiretti che ha elaborato i dati forniti da IRI sulle ultime 5 settimane fino al 22 marzo, anche in Italia nell'ultimo mese si è confermata la tendenza alla corsa verso acquisti di farina, praticamente raddoppiata, ma anche gli acquisti di riso (+47,3%), con il Vietnam che ha temporaneamente sospeso i nuovi contratti di esportazione, mentre le quotazioni in Thailandia sono salite ai massimi dall'agosto 2013. In aumento anche il prezzo della soia, prodotto agricolo tra i più coltivati nel mondo, con gli Stati Uniti che si contendono con il Brasile il primato globale nei raccolti.
Salgono anche pasta di semola (+41,9%), cereali (26%), latte frutta e verdura (+17%), prodotti in scatola (15%),carne e pesce (14%), salumi e insaccati (7%) e vino e birra (5%). Il trend di mercato dovuto all’impatto del coronavirus aggrava inoltre, secondo Coldiretti, la situazione delle persone, quantificate in 2,7 milioni, che sono costrette a chiedere aiuto per il cibo da mangiare nelle mense o ad averlo con la distribuzione di pacchi alimentari per la perdita di lavoro.
Se da diverse parti si sono levate voci relative a manovre speculative, una secca smentita è arrivata da Anacer, l'associazione nazionale cerealisti. “Sul piano nazionale – commenta il presidente di Anacer Carlo Licciardi – non registriamo alcuna manovra speculativa sul prezzo del grano importato tale da far lievitare i prezzi dei prodotti lavorati. Dal nostro punto di vista la variazione in aumento rispecchia il reale valore di mercato dopo il calo verificatosi nelle settimane precedenti la crisi Covid-19. A confermare l’assenza di speculazioni sull’import cerealicolo, da sottolineare le buone scorte di grano e altra materia prima in Italia, tant’è che attualmente dai porti sta uscendo prodotto importato a fine 2019, con ampie scorte accumulate nei primi mesi del 2020”.
Sull’import cerealicolo -secondo l'associazione- pesano quindi fattori mondiali, connessi in questa fase all’emergenza coronavirus. Il rialzo di prezzo della materia prima sarebbe dovuto sostanzialmente alle difficoltà nella logistica e nei trasporti via terra e alle dinamiche più complesse per il grano importato via mare, come gli ostacoli che si riscontrano per noleggiare navi che possano sbarcare materie prime agricole nei nostri porti. Via terra i trasporti incontrano difficoltà raccontate quotidianamente dai mass media. Con frontiere chiuse, controlli, preoccupazione per gli autotrasportatori di dover trascorrere periodi in quarantena, la programmazione dei viaggi diventa aleatoria.
La geopolitica fa la sua parte, conclude Anacer. Il solo annuncio dell'eventualità di un blocco alle esportazioni da parte della Russia ha spinto le quotazioni del grano ai massimi da due mesi, con un picco di 5,87 dollari per bushel a Chicago. A Parigi il grano da macina ha raggiunto 197,50 euro per tonnellata, salvo limare i rialzi quando è emerso che – almeno per ora – Mosca non è orientata a prendere provvedimenti drastici. Tutte queste circostanze accrescono le incertezze sui mercati e mettono in tensione i prezzi, senza che l’import risenta di speculazioni.
Emiliano Raccagni