L’obiettivo è ambizioso. L’Italia entro 5 anni dovrà avere il 10% della propria superficie agricola coltivata con l’impiego di mezzi e tecnologie di agricoltura di precisione. Oggi, per dare un parametro di riferimento, siamo indicativamente all’1%.
Un bel salto, non c’è dubbio, che, perché possa avvenire, necessita di un piano d’azione, di una strategia coordinata dalle istituzioni centrali e dalle amministrazioni regionali, si inserisce in questo scenario di riferimento l’uscita, a fine luglio, delle “Linee Guida” sull’agricoltura di precisione a cura del ministero delle Politiche agricole. Un anno di lavoro per produrre un documento corposo, nel quale si individuano le tecnologie disponibili e il loro miglior utilizzo, nonché le applicazioni già disponibili: una sorta di vademecum per l’utilizzatore finale, che si sta avvicinando a quello che si potrebbe definire il nuovo che avanza.
Le linee guida individuano anche gli strumenti nazionali e regionali per il finanziamento di queste pratiche. Nella sostanza, dove sono (potrebbero essere) i soldi.
Poiché, si ricorda nelle Linee Guide, sono già 13 le Regioni - Piemonte, Liguria, Lombardia, Veneto, Friuli Venezia Giulia, Emilia-Romagna, Toscana, Marche, Umbria, Abruzzo, Molise, Sicilia e Sardegna - che hanno previsto nei propri Psr fondi ad hoc e strategie di intervento che aprono spazi all’agricoltura di precisione.
Le Linee Guide sono ancora un work in progress.
La bozza di documento è disponibile per una consultazione pubblica sul sito del Ministero agricolo (www.politicheagricole.it). In questa fase si potrà intervenire con suggerimenti e indicazioni. Poi, presumibilmente a ottobre avanzato, prenderà forma il “Piano d’azione nazionale per lo sviluppo dell’agricoltura di precisione”.
Un piano sul quale il ministro Martina e il dicastero hanno scommesso molto.
Si devono migliorare alcuni numeri di partenza che non inseriscono il nostro Paese ai vertici di questa particolare classifica.
Secondo il Report sullo stato dell’arte dell’agricoltura di precisione in Italia del 2015 si parte da queste cifre: la mappatura delle produzioni interessa il 10% della superficie agricola, i sistemi di guida ‘precisi’ sono montati solo sul 7-8% delle macchine after-market, l’Isobus si ferma a non più del 10% delle macchine di alta potenza e si stima che solamente 200 aziende agricole italiane lavorino con attrezzature a rateo variabile.
Numeri da moltiplicare per 5, spesso 10 volte.
Fattibile? In un contesto di marginalità infinitesime, nulle o peggio negative, fare investimenti è cosa molto complessa. Ma spesso è l’unica speranza per avere una prospettiva di competitività futura. Risparmiando sui mezzi tecnici, utilizzandoli al meglio e, si spera, massimizzando per quanto possibile le rese.