Sono stati recentemente presentati a Milano i risultati della ricerca dell’ Osservatorio Smart AgriFood della School of Management del Politecnico di Milano e del Laboratorio RISE dell’Università degli Studi di Brescia sulla trasformazione digitale in atto della filiera agroalimentare, dal campo al consumatore. Secondo i dati raccolti, sarebbero oltre 300 le applicazioni di Smart AgriFood già diffuse in Italia tra produzione, trasformazione, distribuzione e consumo. Si tratta di soluzioni che possono migliorare la competitività del settore agroalimentare italiano, garantendo più qualità ai prodotti e ottimizzazione delle filiere.
In campo questa digitalizzazione si chiama Agricoltura 4.0, ovvero l’insieme dalle tecnologie dell'agricoltura di precisione (che sfrutta Internet of Things e Big Data Analytics) e dell’agricoltura interconnessa (il cosiddetto Internet of Farming) che, attraverso l’analisi incrociata di fattori ambientali, climatici e colturali, consente di stabilire il fabbisogno irriguo e nutritivo delle coltivazioni, prevenire patologie, identificare le infestanti prima che proliferino, compiere interventi mirati, risparmiare tempo e risorse, incidere sulla qualità dei prodotti, oltre a migliorare la resa delle coltivazioni e le condizioni di lavoro.
Secondo l’Osservatorio Smart AgriFood, sarebbero 220 le soluzioni offerte in Italia da più di 70 aziende, di cui l’11% abilita l’Internet of Farming, mentre l’89% supporta verticalmente l’agricoltura di precisione. Circa l’80% delle soluzioni offerte è applicabile in fase di coltivazione e il 12% in quella di pianificazione. Il 27% delle soluzioni è specificatamente rivolto al settore ortofrutticolo, il 25% al cerealicolo, il 16% al vitivinicolo. In termini di attività, il 48% delle soluzioni abilita mappatura e monitoraggio di terreni e coltivazioni, il 42% monitoraggio e controllo del movimento e delle attività di macchine e attrezzature in campo e il 35% irrigazione e fertilizzazione mirata. «I soli trattori in Italia generano oltre 1 milione di Gigabyte in un anno, a cui si aggiungono i dati ambientali, di magazzino, degli allevamenti e quelli più generali di carattere aziendale, ma oggi queste informazioni sono scarsamente valorizzate» afferma Filippo Renga, direttore dell’Osservatorio Smart AgriFood. «Per valorizzarli è necessario che le aziende adottino una logica di piattaforma integrata, per far confluire al proprio interno i dati, elaborarli e armonizzarli per supportare decisioni e azioni tempestive».
Figura 1: L’innovazione digitale lungo tutta la filiera dell’agrifood con alcuni esempi dei contributi che essa può portare.
Non è tutto oro quello che luccica
Sebbene i numeri sopra indicate siano impressionanti e indichino una precisa direzione di sviluppo, oggi in Italia solo l’1% della superficie è coltivato con logiche 4.0, la cui adozione incontra ancora alcuni ostacoli. Innanzitutto una limitata consapevolezza dei benefici, che rende fondamentale creare dialogo con chi queste tecnologie già le usa per vedere quali siano gli effettivi vantaggi. Quindi, una certa immaturità da parte degli attori dell’offerta che solo oggi si stanno strutturando per offrire soluzioni effettivamente in linea con i fabbisogni delle imprese, abituate a intrattenere relazioni con pochissime e consolidate aziende (es. concessionario di fiducia, agronomo, consulente consortile, etc.). E ancora: la ridotta dimensione media delle aziende agricole, con la difficoltà a investire, rende necessario lavorare sull’associazionismo, sui consorzi e sulle cooperative che devono farsi interpreti e interfaccia tra le nuove tecnologie che avanzano e le aziende che le dovrebbero applicare. Occorre anche una nuova generazione di tecnici e agronomi, in grado di portare sui campi queste nuove tecnologie e spiegare come applicarle. Non da ultimo occorre fare lobby a livello nazionale per spingere definitivamente verso una migliore connettività delle aree rurali.
Figura 2: Le fasi che possono essere supportate dalla digitalizzazione in agricoltura.
Ambiti di applicazione
Secondo i dati riportati dall’osservatorio, il 51% delle aziende ha utilizzato le tecnologie digitali per valorizzare la qualità di origine, in particolare nel caso dei prodotti ad alto valore aggiunto (ad es. vino, cacao, caffè); il 46% si è servito del digitale per migliorare la sicurezza alimentare; il 25% si è concentrata sui metodi di produzione, soprattutto per quanto riguarda gli aspetti legati all’impatto ambientale, al benessere degli animali e alle tradizioni agroalimentari dei diversi territori. Nel 12% dei casi, infine, le aziende hanno impiegato la tecnologia per migliorare la qualità del servizio, adottando soluzioni innovative per comunicare ai consumatori informazioni di prodotto (consigli nutrizionali) e di processo (origine, tracciabilità e impatto ambientale). I settori più interessati dall’innovazione tecnologica per la tracciabilità sono quello ortofrutticolo (30%), la filiera delle carni (23%), i prodotti lattiero-caseari (14%) e caffè - cacao (12%), anche se si sta sviluppando un interesse trasversale a tutte le filiere.
Maria Luisa Doldi