È uscito all’inizio di agosto il rapporto di ISTAT sui risultati economici delle aziende agricole, basato su dati relativi all’anno 2013. Da tale rapporto (disponibile online QUI) emerge che nel 2013 le aziende agricole italiane sono circa 1,5 milioni, occupano 992 mila unità di lavoro (ULA), realizzando una produzione di 43,9 miliardi di euro e un valore aggiunto di 24,9 miliardi di euro (entrambi valutati ai prezzi base). Rispetto al 2012 la produzione è aumentata del 3,3% e il valore aggiunto del 4,9%. La presenza di aziende di piccole e piccolissime dimensioni continua a essere un tratto caratteristico dell’agricoltura italiana (poco più di 1/3 dell’occupazione è in aziende con meno di 15 mila euro di fatturato). In particolare:
- l’80,7% delle aziende impiega meno di un’unità di lavoro e l’88,6% realizza un fatturato inferiore a 50 mila euro. Il 96,7% è costituito da aziende individuali e il 97,5% è a conduzione diretta;
- le aziende di medie dimensioni (da 1 a meno di 10 ULA), pur rappresentando il 19,2% del totale, realizzano il 69,1% della produzione, il 69,6% del fatturato e il 69,5% del valore aggiunto e incidono per il 78,2% sul costo del lavoro;
- il contributo relativo delle aziende con almeno 10 ULA (0,1% del totale) è pari al 5,4% per la produzione, al 5,5% per il fatturato, al 5,6% per il valore aggiunto e al 12,7% per il costo del lavoro.
Bisogna tuttavia osservare che risultati economici importanti sono realizzati da aziende di dimensioni relativamente elevate: quelle con un fatturato di almeno 100 mila euro, che rappresentano solo il 5,5% del totale delle aziende, assorbono il 24,8% dell’occupazione e realizzano il 56,2% del valore aggiunto.
Dall’analisi per orientamento tecnico-economico delle aziende emerge che nel 2013 una quota consistente della produzione (91,6%) e del valore aggiunto (92,0%) viene ottenuta dalle aziende specializzate, che rappresentano l’88,6% del totale delle unità. Sono le aziende orientate alle coltivazioni (87,8% del totale), piuttosto che quelle orientate agli allevamenti e quelle miste, a realizzare la quota prevalente della produzione (63,4%) e del valore aggiunto (69,2%). Le aziende orientate alle coltivazioni hanno costi intermedi relativamente più bassi rispetto alla loro quota di produzione e ottengono, per questa ragione, una quota del valore aggiunto proporzionalmente superiore. Al contrario, le aziende orientate all’allevamento presentano una quota di costi intermedi più alta rispetto alla loro quota di produzione, cosicché il valore aggiunto è, in termini di quota percentuale, inferiore al valore della produzione.
Ulteriori analisi permettono di distinguere tra aziende orientate all’autoconsumo, quelle che svolgono attività agricola soltanto per il mercato, quelle che producono sia per autoconsumo, sia per il mercato e, infine, le aziende multifunzionali (il 9,6% del totale) che svolgono anche trasformazione dei prodotti e attività connesse all’agricoltura (agriturismo, fornitura di servizi, ecc.). Le aziende la cui attività è orientata esclusivamente al mercato (34,1%) realizzano le maggiori quote di produzione (47,1%), valore aggiunto (45,5%) e occupazione dipendente (46,3% delle ULA dipendenti e 47,1% del costo del lavoro). In termini di valori medi, però, sono le aziende multifunzionali – grazie alla loro maggiore produttività e redditività rispetto alle altre tipologie di azienda – a presentare i valori unitari più elevati.
Infine: nel 2013, i contributi europei alle aziende agricole sono ammontati a 4,9 miliardi di euro. Il 19,4% di questa somma è stato assegnato alle aziende con un fatturato inferiore ai 15 mila euro, il 25,3% a quelle con fatturato compreso tra 15 e 50 mila euro, il 16,0% alle aziende appartenenti alla classe da 50 mila a meno di 100 mila euro, il 29,6% alle unità con fatturato compreso tra 100 mila e meno di 500 mila euro e il restante 9,7% alle aziende agricole appartenenti alla classe di fatturato più alta. L’analisi della distribuzione dei contributi per classe dimensionale dell’azienda e tipologia di contributo mostra che le aziende appartenenti alla classe intermedia, con 100-500 mila euro di fatturato (il 5,0% del totale), percepiscono la quota più alta delle somme distribuite a sostegno diretto del reddito dell’agricoltore (regime di pagamento unico-PUA), corrispondente al 28,9% del totale; seguono le aziende con fatturato compreso tra 15 mila e meno di 50 mila euro, con contributi PUA pari al 25,3%. Le aziende con fatturato inferiore ai 15 mila euro, pur rappresentando la classe dimensionale più numerosa (71,0%), percepiscono il 24,2% dei contributi PAC accoppiati e solo il 19,8% dei sostegni diretti al reddito.
Articolo di Maria Luisa Doldi