Che fare delle grosse quantità di digestato prodotte dagli impianti di biogas? Tante le soluzioni e ora che al Ministero è stato approvato il decreto che equipara il digestato al concime chimico, si apre una via nuova per il suo utilizzo, chiara e definita. Rimane però vero che le quantità prodotte dai digestori sono elevate e i proprietari di impianti a biogas cercano nuove vie per utilizzare, valorizzandolo, il digestato. Nello stesso tempo l’industria dei materiali di costruzione cerca sostituti sostenibili per il legno, che diventa merce sempre più preziosa. Da tempo si pensa ad una utilizzazione del digestato nell’industria delle costruzioni: essendo ricco di fibre di cellulosa potrebbe concorrere nella preparazione di pannelli in (simil)legno o WPC, sostituendo, almeno in parte, il legno. Sebbene dal punto di vista del materiale questo particolare utilizzo del digestato sia già possibile, la presenza di resti organici ricchi di azoto nella sua fase solida, quella appunto utilizzata come materiale da costruzione, ha sempre reso “inappetibili” i pannelli costruiti con questo materiale. Col tempo, infatti, liberano un odore che richiama quello dei reflui zootecnici sui campi in autunno: un conto sentirlo in un paesaggio aperto, un altro è doverlo respirare in ufficio! Un inconveniente a cui fino ad oggi non vi era soluzione: la depurazione della frazione solida del digestato da resti azotati era paesaggio ancora inesplorato.
Digestato come materiale da costruzione
Sembra però che si sia trovata una soluzione. In un progetto portato avanti in Germania per due anni, è stato messo a punto un metodo per lo strippaggio dell’azoto dalla frazione solida del digestato. Il progetto è stato realizzato in Bassa Sassonia, in uno degli impianti più grossi di tutta la Germania. Con i suoi 5,2 MW questo fermenta il 20% di pollina e il resto di colture energetiche. La frazione solida del digestato che ne risulta è particolarmente ricca di fibre vegetali: 21,25% di lignina, 46,6% di cellulosa e 19,5% di emicellulosa. Il processo messo a punto in questo progetto – brevettato sotto il nome di ANAStrip® – è una modifica del metodo strip già oggi in uso per l’estrazione dell’ammoniaca dalla fase liquida del digestato. In questo processo l’azoto ammoniacale viene estratto ad alte temperature e con una pressione media senza utilizzo di acidi o basi, ottenendone riduzioni nel digestato solido dell’80-90%. Il digestato così trattato si è dimostrato particolarmente adatto per la produzione di pannelli HDF per pavimenti in laminato. I test presso aziende specializzate, partner del progetto, hanno dimostrato che è possibile sostituire fino al 30% di fibre di legno con il digestato e il pannello HDF che ne risulta ha le stesse caratteristiche tecniche del prodotto con fibre di legno al 100%, presentando anche conformità con le norme europee.
Biomasse in cascata
Con questo nuovo metodo dunque i proprietari di impianti a biogas possono non solo produrre preziosi fertilizzanti azotati ma anche materiale per il settore delle costruzioni e migliorare così la resa economica dei propri impianti. Per il settore si apre un nuovo canale di cooperazione ovvero quello verso l’industria manifatturiera. Infine con questo processo si aggiunge un passaggio ulteriore nell’utilizzo in cascata dei substrati per biogas: all’utilizzo energetico segue l’utilizzo come materiale da costruzione che poi più tardi può essere riciclato per venire infine nuovamente utilizzato come fonte di energia. Dal punto di vista ecologico un passo in più verso un utilizzo efficiente delle risorse.
Articolo di Maria Luisa Doldi