In Argo Tractors praticamente da 20 anni a questa parte (fatti salvi due anni nella Direzione Commerciale del gruppo Gallignani), si può affermare con certezza che Mario Danieli sia legato a doppio filo con il marchio di Fabbrico (Re). In una fase di mercato effervescente per le macchine agricole, gli abbiamo posto alcune domande per capire strategie e filosofie del gruppo reggiano.
Dopo un 2020 difficile, il 2021 è iniziato con il turbo. È stato così anche per Argo Tractors? Quali sono i motivi dietro questa forte ripresa del mercato?
Il 2020 a onor del vero non è stato difficile, o meglio lo è stato all’inizio (marzo-aprile) quando abbiamo dovuto chiudere gli stabilimenti. Ma alla fine dell’anno ha cominciato a produrre i suoi effetti il Credito 4.0 e l’effervescenza del mercato va attribuita sostanzialmente alla categoria degli agromeccanici, che non avevano mai avuto accesso ai contributi, per cui questo incentivo li ha stimolati ad acquistare nuove macchine dopo anni di “sofferenza”. A settembre 2020 abbiamo quindi avuto un incremento degli ordini, per arrivare a dicembre con un portafoglio importante e una chiusura del fatturato comunque discreta, anche se non a budget.
Passando al 2021, da gennaio fino ad aprile è stato esplosivo e non solo nel campo aperto, perché il credito d’imposta ha spinto all’acquisto anche i produttori di vino e il contributo del 50% ha instillato una vena di ottimismo, oltre che il vantaggio intrinseco del beneficio fiscale, dando un impulso positivo alle vendite. Quindi, i due pilastri della ripresa sono stati il credito d’imposta 4.0 e la categoria degli agromeccanici.
Purtroppo, c’è anche un rovescio della medaglia, nel senso che, portando a casa tanti contratti, abbiamo esaurito i motori anticipatamente rispetto ai programmi. Nessuno di noi si aspettava una cosa del genere, per cui al momento attuale abbiamo tempi di consegna minimi di 6 mesi…
Comunque, tornando al mercato trattori, dopo le 17.500 macchine immatricolate nel 2020 (20mila al cliente finale), l’ipotesi attuale è una chiusura nel 2021 a quota 22.500/23.000 immatricolazioni (ovvero 25mila macchine vendute al cliente finale), considerato che le macchine ordinate da oggi in poi verranno vendute in realtà nel 2022. Spingendoci al 2022, presumibilmente i prezzi delle materie prime si calmiereranno e come detto saranno immatricolate le macchine vendute nei 6 mesi da oggi a fine anno e negli 8 mesi del prossimo anno, quindi verosimilmente i trattori immatricolati potranno superare quota 25mila.
Avete mai valutato una politica di full line?
Onestamente sì, ma abbiamo concluso che non ne vale la pena, per diversi motivi. Innanzitutto, il vantaggio della full line consiste sostanzialmente nella fidelizzazione della rete, alla quale il costruttore fornisce il prodotto a 360 gradi. Ma questa strategia può funzionare nel mondo dei trattori, non in quello delle attrezzature, cioè non si può costringere al monomandato il concessionario di attrezzature. Un secondo motivo è che si finirebbe con l’ottenere un incremento di fatturato modesto a fronte di un investimento importante nella professionalità necessaria per vendere macchine particolari (per esempio quelle della fienagione e della semina). In altre parole, i costi sarebbero superiori ai benefici, ma soprattutto non si riesce a fidelizzare il dealer al 100%, perché si troverebbe a gestire marchi diversi. Meglio allora specializzarsi in un prodotto e fare un’offerta completa per quel prodotto.
Quanto incide sulla vendita al cliente finale il costruire trattori 100% Made in Italy?
Ci stiamo puntando molto, anche se devo riconoscere che, pur essendo per noi importante, ancora il cliente recepisce poco questo “concetto”. E poi dipende anche dal territorio: per esempio al Nord il cliente è tendenzialmente più esterofilo. Comunque, un po’ alla volta il concetto sta entrando nel cuore di agricoltori e agromeccanici, anche se l’immagine negativa del prodotto italiano purtroppo è ancora un cliché nella mente dell’opinione pubblica.
Elettrificazione, telemetria, precision farming: su quali carte si gioca il futuro della meccanizzazione?
Il futuro si gioca sicuramente su precision farming e telemetria, che diventa a sua voltatelediagnosi e riparazione del trattore da remoto. Oggi, infatti, i problemi sono più di tipo elettronico che non meccanico, senza dimenticare i vantaggi in termini di risparmio di tempo sia per il concessionario sia per il cliente. Se dunque credo che l’agricoltura di precisione sia il futuro, allo stesso tempo riconosco che stia procedendo a ritmo molto lento, perché c’è ancora molto scetticismo.
È un campo in cui servono assistenza e preparazione, elementi che la rete commerciale ancora non ha. Per esempio, noi abbiamo fatto un accordo con Topcon Agriculture e sono i loro tecnici che vanno a spiegare al cliente come funziona. I benefici sono indubbi e noti a tutti, ma l’approccio è ancora difficile: c’è titubanza nel gestire la tecnologia ed è complicato anche cambiare operazione o attrezzo: l’ideale sarebbe poter inserire marca e nome delle attrezzature per avere un riconoscimento che imposti i parametri autonomamente. Allora sì che il precision farming crescerebbe in modo esponenziale.
Quanto all’elettrificazione, siamo ancora tutti allo studio. Introdurre il motore elettrico nei trattori non è operazione semplice, ma è una delle strade percorribili. Altro discorso è, invece, l’elettrificazione delle attrezzature o di altre parti del trattore, dove si è già molto avanti. Noi, per esempio, abbiamo recentemente elaborato la trazione anteriore completamente elettrica sull’assale sospeso, vantaggio evidente che porta a ridurre sensibilmente gli organi meccanici di trasmissione svincolando la trazione anteriore da quella posteriore nella scelta degli pneumatici.
Un passaggio sui dealer, da sempre argomento che sta molto a cuore ad Argo Tractors. Diversi costruttori stanno riducendo i numeri, voi come vi state muovendo?
Purtroppo, o per fortuna, anche noi abbiamo dovuto seguire questa strada, riducendo di una ventina di unità il numero dei dealer negli ultimi anni. Il fattore principale è quello di assegnare a ogni nostra realtà distributiva un’area che gli permetta di sviluppare, con noi, un fatturato sufficiente a farlo crescere senza dover cercare opportunità presso altre aziende. Certamente il trattore non deve essere l’unica fonte di marginalità del dealer, oltre all’attrezzatura, si rende oggi indispensabile proporre strumenti quali la garanzia estesa e la manutenzione programmata in modo tale da fidelizzare i propri clienti più a lungo.
Avete investito e state investendo per accreditarvi anche nelle alte potenze e nel mondo del contoterzismo (in particolare con il marchio McCormick): a che punto siete nel processo di crescita in questo segmento? Che quota avete raggiunto?
La crescita in questo segmento c’è stata. Soprattutto quest’anno abbiamo cominciato a vedere i primi risultati dopo l’impegno profuso in eventi come il Contoterzista Day. Stiamo investendo molto e a tutt’oggi possiamo dire di avere ottenuto buoni risultati, anche se non abbiamo raggiunto ancora la quota di mercato attesa; comunque, nella fascia medio-alta da 150 a 300 cv abbiamo guadagnato 2 punti percentuali, che per noi è un ottimo traguardo, considerando anche il fatto che ci confrontiamo con una concorrenza aggressiva.
Nel 2021 avete già lanciato due novità a marchio Landini (Serie 5-085 e Mistral 2). Cosa avete in serbo per l’Eima? E a proposito di Eima, quali sono le vostre aspettative per l’edizione di ottobre?
Le novità saranno tante e sfrutteremo il passaggio allo Stage V per migliorare ancora di più la nostra offerta. Nel concreto cambieremo il Family Feeling su tutte le gamme e presenteremo novità nel segmento specialistico.
Quanto alla fiera, le aspettative sono tante, vedremo cosa succede a settembre: se i contagi saranno ancora bassi, credo che la voglia di venire a vedere le novità prevarrà e porterà tanti visitatori. E non è detto che quelli stranieri saranno pochi.