Quasi sempre sottostimato, spesso trascurato (non da questa rivista, però) il settore della componentistica è un’eccellenza assoluta per il nostro paese. Siamo i primi d’Europa, in coabitazione con la Germania. Che ha aziende di maggiori dimensioni, ma in minor numero. E proprio la piccola taglia è l’asso nella manica della nostra industria dei componenti, un comparto che vale circa 2,7 miliardi di euro (con un export oltre il 50%) ed è stato in crescita costante negli ultimi anni. Non in quello corrente, purtroppo. Secondo le stime di Federunacoma - l’associazione dei costruttori di macchine agricole - arriveremo al 31/12 con una flessione compresa tra il 2 e il 5%, a causa principalmente della stagnazione internazionale.
«In sostanza, paghiamo la frenata tedesca. Di cui i giornali parlano soltanto da pochi mesi, ma che noi componentisti avevamo visto già da parecchio tempo», ci spiega Pier Giorgio Salvarani, che in Federunacoma presiede la Comacomp, ovvero il segmento di associazione che raggruppa i costruttori di componenti e ricambi.
Con lui parliamo di andamento economico, evoluzione del settore, nuove sfide globali ma anche di approvvigionamenti e questioni molto più locali. Partendo, proprio, da Cigni neri e prospettive future. «Chi come noi rifornisce l’industria, avverte prima degli altri le variazioni del mercato, dal momento che le grosse aziende rallentano in anticipo gli acquisti di materiali, per non intasare i magazzini. Per questo sapevamo in anticipo dei problemi tedeschi. In situazioni normali il rallentamento di un paese è assorbito, almeno in parte, dal buon andamento degli altri. In questo caso, tuttavia, la stagnazione è generale. E per questo ci preoccupa».
Questioni di export
La componentistica italiana non si diffonde soltanto in Europa: è un affare mondiale. «Lavoriamo con tutti i paesi, dagli Stati Uniti al Giappone; per i nostri associati l’export è una faccenda seria, va dal 30 al 90% del fatturato. Ci sono aziende per le quali quello italiano è un mercato marginale. Tra i vari settori in cui la nostra componentistica trova impiego, quello agricolo ha la fortuna di essere tendenzialmente più stabile della media: non ha forti impennate nei momenti di crescita, ma nemmeno tracolli nelle fasi recessive. I mercato più instabili sono quelli in cui si avverte maggiormente il peso dell’intervento statale. Russia o Brasile, per esempio».
Dalla concorrenza al plagio
L’Italia è famosa per design e inventiva. Il primo ha forse poco a che fare con la componentistica, ma la seconda gioca senz’altro un ruolo importante. Come siamo messi sui mercati mondiali? Esiste un problema di proprietà intellettuale e come la si difende? «È effettivamente un tema sentito - risponde Salvarani - tanto che all’ultima Eima fu attivato un servizio di monitoraggio per segnalare e anche bloccare un espositore che arrivasse con prodotti palesemente copiati».
La questione esiste anche per i componenti, dunque? «Il nostro è un comparto particolare, in cui è anche normale guardare cosa fa il tuo vicino. Ma parliamo di competizione alla pari: se un concorrente esce con un prodotto nuovo, cerchi di farlo migliore, per non perdere terreno. Questa è la competizione che fa crescere il settore. Con la globalizzazione, tuttavia, abbiamo assistito a fenomeni diversi: prodotti copiati da cima a fondo, senza nessun tentativo di differenziarli dall’originale. Un problema acuito dal fatto che molte aziende - penso alle più piccole, per esempio - non sono sempre rapide a brevettare le loro soluzioni, per questioni economiche e culturali».
Soffrite le imitazioni come nella moda, insomma? «Non proprio: da noi il rischio è leggermente inferiore rispetto ad altri settori. Inoltre, perchè la clientela della componentistica è di tipo professionale e quindi cerca materiali di alta qualità. Anche i trattoristi cinesi usano componenti italiani, per esempio. Dunque, pur essendo un fenomeno da tenere sotto osservazione, non è così preoccupante».
Eppure il tasso di innovazione è abbastanza alto, ci sembra. A proposito: chi è che fa la vera innovazione, in agricoltura? I costruttori o i componentisti? «Un po’ noi, un po’ loro. Spesso è il costruttore che dà l’input iniziale, perché ci spiega che cosa vorrebbe fare di nuovo. Noi, d’altra parte, siamo innovatori per natura, per poter stare sul mercato. Per capire come migliorarsi, alcuni nostri associati arrivano ad avere campi prova con macchine agricole su cui testare i nuovi prodotti».
Incognita 2020
La cornice d’elezione per presentare le novità è senza dubbio la fiera. Tasto dolente, di questi tempi, visto che il Sima ha deciso di sovrapporsi a Eima. «La sovrapposizione vale soltanto per il 2020. Negli anni successivi i giorni non coincideranno, anche se le due fiere saranno molto ravvicinate. Ciò non cambia il succo della questione, comunque: dopo 98 edizioni, spostare il salone francese da febbraio a novembre non ci sembra un’iniziativa accorta. Come Federunacoma siamo dispiaciuti soprattutto per i costruttori. In particolare i più piccoli, che dovranno decidere a quale delle due partecipare».
E a quale parteciperanno? «Il fatto che nella prima settimana di prenotazioni Eima abbia riempito metà degli spazi dice molto. A livello personale, posso testimoniare che qualche conoscente francese ha già detto che preferirà Eima al Sima, per l’internazionalità della rassegna bolognese».
Internazionalità che cozza un po’ con la logistica. Che la stessa Federunacoma, in passato, ha fortemente criticato. «È vero, ci sono stati problemi e li abbiamo evidenziati. Ma già con la scorsa edizione abbiamo visto un cambio di passo. Che si manifesterà appieno nel 2020, con un nuovo padiglione da 20mila mq, che dovrebbe risolvere almeno momentaneamente la carenza di spazio. Dopodiché dobbiamo lavorare sull’accoglienza, anche da parte della città».
Scommettete ancora su Bologna, quindi. «Milano aveva le sue attrattive, ma Bologna ha una lunga storia, con Eima. Le piccole aziende meccaniche sono in maggior parte emiliane o romagnole e raggiungono facilmente Bologna. Molto più di Hannover, per esempio, dove un visitatore rischia di perdersi e un costruttore è impegnato a presidiare il suo settore, per cui non sconfina in quelli contigui».
Il che non è il massimo per voi componentisti. «No: per noi i costruttori sono clienti. Per questi motivi Eima resta un appuntamento primario per il settore ed è un riferimento importante - se non il riferimento - per la componentistica».
CHI È PIER GIORGIO SALVARANI
Pier Giorgio Salvarani, presidente di Comacomp dal 2018 e recentemente riconfermato alla guida dei componentisti italiani, inizia la sua vita lavorativa presso la Carpi pompe, storica realtà del Reggiano, dove lavora anche il padre.
Nel 1983, i due si licenziano e aprono una ditta che realizza tracciafile a schiuma. Due anni dopo iniziano a installare elettronica di controllo prodotta in Belgio. Negli anni seguenti producono i primi sistemi di comando elettrico, ribattezzati Scatola Nera: un dispositivo che, partendo dai dati forniti dai costruttori, permetteva di fare la taratura dell’irroratrice ottenendo una distribuzione quasi perfetta.
Oggi la Salvarani Srl conta 35 dipendenti in Italia e due filiali, una in Romania e una in Belgio. Quest’ultima produce attrezzature per le verifiche funzionali sulle irroratrici; la sede italiana, invece, realizza centraline di controllo e joystick di vario tipo, anche Isobus.
I BIG DELLA RICAMBISTICA
Un settore che si sta rapidamente evolvendo è quello della ricambistica. Per il quale il presidente Pier Giorgio Salvarani fa notare la grossa novità introdotta con la distribuzione online. «Vi sono aziende, vedi Ama, Cermag o gli internazionali Kramp e Granit, che forniscono ogni sorta di ricambio con tempi di consegna eccezionali, superiori a quelli garantiti dallo stesso costruttore della macchina». Una realtà destinata ad assumere sempre più rilevanza e che per i componentisti è al tempo stesso un’opportunità e una sfida. «Molte società sono nostre clienti, per cui favoriscono il nostro lavoro. Purtroppo in rete si trova di tutto, anche chi vende prodotti di basso livello. Speriamo che i riparatori sappiano scegliere la qualità. Bisogna vedere che qualità hanno questi ricambi e, in caso essa sia scadente, a chi darà la preferenza il riparatore, che è il cliente finale sia per i grandi gruppi, sia per molti nostri associati». O.R.