Dogliani, comune del Cuneese, di origine preromana, con una forte penetrazione romana tra il 200 e il 100 a.C. Nell’Ottocento l’architetto Giovanni Battista Schellino con i suoi numerosi progetti diede un volto nuovo al paese che raggiunse grande dignità cittadina con vivacità culturale, sociale ed economica. La struttura attuale del paese è rappresentata dal “Borgo”, nella parte inferiore lungo il torrente Rea, e dal “Castello”, verso la collina. A Dogliani, con grande emozione, si respira la Storia d’Italia: Luigi Einaudi, secondo Presidente della Repubblica, vi trascorse la sua infanzia, tornando ogni volta che i numerosi impegni politici glielo consentivano per curare direttamente la sua azienda agricola e applicarvi le tecniche di coltivazione più moderne. Paese prevalentemente agricolo, la zona collinare ha favorito la coltivazione a vigneto; pare infatti che il nome Dogliani derivi da “Dolium Januae”, la Coppa di Giano, e il Dolcetto di Dogliani è un rosso di notevole concentrazione, austero, ricco, colorato, un vino “amico”. E tra i suoi produttori troviamo Enrico...
L’esempio della Meroni
Enrico Rolfo è un uomo semplice e sincero, un viticoltore fiero di sé e della sua famiglia, sposato con Anna, che ama molto e con la quale condivide la sua passione. Ha tre figli, cinque nipotini che lo stimolano, con loro si racconta, parla delle sue emozioni, delle cose da realizzare. È un collezionista di attrezzi e trattori agricoli usati anni or sono in agricoltura, salvati dalla rottamazione, conservati con grande passione, consapevole che questi mezzi hanno fatto la storia della meccanica agricola e che sono un veicolo di diffusione della cultura rurale e intellettuale. «Questi trattori hanno fatto la storia, devono essere custoditi per il futuro, sono loro che promuovono e diffondono i concetti intellettuali e culturali che ne hanno reso possibile la costruzione. Pensiamo ai progetti della Meroni (trattori Eron), che nel 1950 si affaccia sul mercato italiano e costruisce trattori che per caratteristiche meccaniche non avevano concorrenti: sei velocità, due retro, trazione integrale, ruote isodiametriche e sterzanti».
Rolfo protegge dalla rottamazione, custodisce e tutela questo patrimonio di creatività, conoscenze e tradizione con cura, sacrificio e dedizione, e lo rende fruibile alla collettività partecipando a raduni, eventi, gare di aratura. «Questo patrimonio ricco di innovazione, tecnica e meccanica non sempre viene considerato nel modo che merita, spesso è surclassato dal dato economico che sovente riflette una realtà di profitto e affari che poco o niente ha a che vedere con tutto ciò che rappresentano e che hanno da raccontarci. Quando posso partecipo ai raduni organizzati dalle associazioni presenti sul territorio e porto un trattore sempre diverso proprio per farne conoscere le singolari caratteristiche tecnico-meccaniche e offrire l’opportunità ai visitatori di scoprirne il fascino».
Circa quaranta macchine
Ci fermiamo davanti a una tettoia chiusa all’interno della quale vediamo una quarantina di trattori e attrezzi agricoli di interesse storico. «Per mancanza di spazio purtroppo questi mezzi non hanno la collocazione che vorrei – ci spiega Rolfo – ma ho in programma, a breve, la costruzione di un tunnel dove sistemarli. Vorrei inoltre fare un piccolo museo aperto a tutti, soprattutto alle scolaresche, per dare ai ragazzini l’opportunità di avvicinarsi alla meccanica, di conoscere e valorizzare il passato».
Ecco allora alcuni Landini “Testa calda”, diversi Fiat molti dei quali a cingoli, nonché Nuffield, Same e due Eron, uno dei quali attira la nostra attenzione per la particolare cura che Enrico gli dedica. «Ero un ragazzino quando un venditore, amico di mio padre, ci portò in prova un Arbos-Bubba cingolato. Era meraviglioso, ma non fu acquistato, perché un cingolo non era sufficiente e poi serviva anche un trattore a ruote per gli spostamenti ed economicamente la spesa non era sopportabile. Nel 1954 mio padre acquistò questo Eron, trattore per l’epoca rivoluzionario sia per il motore diesel raffreddato ad aria, sia per le sue quattro ruote motrici di eguale diametro e sezione, progettato analizzando il territorio italiano per la maggior parte collinare e montuoso, e in grado di superare pendenze del 45-50%. Potremmo definirlo l’antenato del moderno Carraro Vigneto, oggi usato per i lavori nei vigneti di collina».
In giro per lavoro
«Recandomi a consegnare il vino – continua a raccontarci Enrico – spesso mi capitava di trovare nei cortili dei clienti dei vecchi trattori e/o macchinari agricoli. Per curiosità guardavo e ammiravo, ma non ero ancora contagiato dal desiderio di possederli. Era il 1970 quando un giorno venne da me un signore di origini sarde che ritornava al suo paese chiedendomi se potevo alloggiare i suoi macchinari, compreso un Landini L25 testa calda. Per diverso tempo gli ho dato asilo, dopo di che arrivò un rottamaio che caricò tutto. Avevo in casa un “Testa calda” e ho lasciato che venisse distrutto: questo, stanne certo, oggi non mi capiterebbe più. Solo alcuni anni dopo ho iniziato a interessarmi al mondo del collezionismo e questa nuova realtà, ogni volta che mi reco da un mio cliente, mi porta a osservare attentamente i macchinari, a chiedergli se ha dei trattori “vecchi” e/o se conosce degli amici che ne hanno... Con questo metodo “passa parola” a Rivoli (To) ho trovato un L25, a San Benigno Canavese (To) due Testa calda, precisamente un Landini L25 e un L35/40 con una curiosa particolarità: sono targati rispettivamente TO 1110 e TO 1111, in quanto il vecchio proprietario li aveva acquistati assieme per eseguire contemporaneamente i lavori. Un altro giorno, consegnando il vino da me prodotto in un paese delle valli cuneesi, sotto una tettoia ho notato una vecchia sgranatrice Leitner azionata da un motore endotermico Lombardini: era in pessime condizioni, ma essendo un assemblaggio artigianale subito mi convinsi che era un attrezzo se non unico molto raro e meritava un restauro conservativo. Oggi è a posto e funziona».
Enrico da vero appassionato quando è in trasferta per il suo lavoro ha sempre un occhio rivolto a “cercare”. «Davvero, quando vado in giro sembro un cane da tartufo».
Un giorno in Liguria la sua attenzione è stata attirata da “una cosa” informe: «Da subito non capivo cosa fosse, poi avvicinandomi ho capito che si trattava di un piccolo trattore cingolato, messa in moto laterale con trasmissione a cinghie. Lo avevo solo visto sui cataloghi ed ero consapevole di quanto fosse difficile e improbabile trovarne uno. Dentro di me ho pensato che non potevo lasciarmi sfuggire quest’occasione, non potevo fare lo stesso errore di tanti anni fa con il Landini testa calda dell’amico sardo, così dopo alcuni minuti di trattativa l’ho portato a casa. È questo il Lombardini TL8 monocilindrico, 8 cv. Ultimamente sono andato a consegnare del vino a un cliente vicino ad Alessandria: in un angolo del cortile, ricoperto da più strati di cartaccia noto un trattore, chiedo di poterlo vedere e cosa trovo? Un Arbos-Bubba cingolato in condizioni a dir poco pietose. Ricordando l’Arbos che mio padre non aveva acquistato, l’ho portato a casa e sto cercando di rimetterlo in sesto, non è cosa facile, ma ho volontà e buone speranze di vederlo funzionante».
Cingolati di pregio
Sotto un portico troviamo alcuni cingolati di notevole pregio, precisamente un Fiat 55C, un OM 45C e un Fiat 25C tutti conservati con la loro usura naturale dovuta a qualche decennio di lavoro... «Questi sono dei bei trattori, hanno lavorato parecchio qui sulle nostre colline, alcuni ad arare i campi, il piccolo nei lavori della vigna. Conoscevo i primi proprietari ed è mia intenzione riportarli allo splendore originale come appena usciti dalla fabbrica, almeno lo spero».
La collezione Rolfo comprende, oltre ai trattori, trebbiatrici e sgranatrici, numerosi aratri a carrello, motori fissi o stazionari di diversi tipi, a benzina e a gasolio, e una vasta serie di attrezzi per la lavorazione del terreno, la falciatura dei prati e la fienagione. Ogni pezzo ha la sua storia avvincente con aneddoti carichi di emozioni; ci viene spontaneo domandargli se ha altri acquisti in vista. Il suo sguardo sornione è affermativo, ma la signora Anna, seppur sorridente, esclama «No, no, no!!». «È importante conservare e promuovere questo patrimonio indispensabile per il futuro - afferma Enrico quasi per giustificare il no della moglie - ma mantenere i mezzi in perfetta efficienza richiede lavoro e tempo e io, se il lavoro non mi fa paura, di tempo ne ho veramente poco. I trattori è bello e doveroso sentirli in moto, con lo stesso suono di quando sono usciti dalla fabbrica, così è come avere uno specchio magico. Inoltre, il loro rombo pieno e possente riempie il cuore di gioia e devozione». Parole dalle quali si percepisce il forte legame con la terra, saldo, vero, profondo e la grande partecipazione emotiva verso il vero collezionismo: i motori che varcano la soglia di casa Rolfo non vanno più via, vengono rimessi a nuovo e resteranno ai suoi nipotini.Con Enrico il tempo sembra fermarsi: lo spirito collezionistico che si respira è del tutto naturale e si ha la percezione di una grande sinergia tra passato e presente, tempo e spazio, entusiasmo e desiderio di condividere e divulgare le meraviglie che ci sono state affidate dai nostri predecessori. di Mirco Vela