Una collezione nata in ricordo del proprio padre. Davide Faedi racconta una storia piuttosto singolare. Abita in un piccolo comune romagnolo, Montiano, abbarbicato sulle prime colline non lontane da Cesena. Desiderava un trattore antico, in quanto in famiglia prima suo nonno, poi suo padre, erano stati rispettivamente motorista (colui che accendeva i testacalda) e trattorista. «Così circa 15-20 anni fa – esordisce Faedi – ho iniziato a cercare il mio primo testacalda e l’ho trovato in un Landini L25. È stato questo il mio primo pezzo da collezione e di certo è quello da cui non mi separerò mai. Poi sono arrivati tutti gli altri e, per quanto possibile, mi ci sono affezionato e vorrei tenerli sempre tutti».
I Landini, manco a dirlo, sono i preferiti di Faedi. In totale, la sua collezione annovera una ventina di pezzi sparsi in diversi ricoveri. «Purtroppo non ho la possibilità di tenerli tutti insieme e di fare una sorta di mostra». Quello della conservazione è un problema di molti collezionisti: gli spazi sono pochi, non sempre al coperto. Addirittura anni fa ci furono dei controlli delle Guardie ecologiche presso alcuni collezionisti e furono contestate perdite di olio su terreno, giudicate come altamente inquinanti.
Torniamo a Faedi. Un altro pezzo interessante è un Landini L45 dotato di sollevatore ad aria.
Questo veniva azionato dalla pressione dell’aria generata dal cilindro motore. Aria compressa,
insomma, che, incanalata tramite una tubazione, veniva spinta fino al sollevatore posto sul retro del mezzo. Un sollevatore simile alza senza problemi un aratro da 600 kg. «Si tratta di un sistema molto diffuso all’epoca – spiega il collezionista Silvio Pasini, grande esperto e presente durante l’intervista a Faedi – e anche efficace. L’aria compressa può sviluppare grandi sforzi quando, come nel caso del sollevatore, viene inviata a cilindri di grande diametro e a tenuta. Per i Landini degli anni ’40-’50 si trattava di un optional. In Italia i sollevatori non erano molto considerati, perché gli agricoltori hanno sempre preferito il traino per i trattori gommati, almeno fino agli anni ‘70. Negli Stati Uniti, invece, già prima della seconda guerra mondiale molti trattori montavano il sollevatore di serie. Avevano un’altra mentalità e, secondo me, negli Usa sono sempre più avanti di noi, almeno su certi aspetti meccanici».
Anche una sgranatrice sotto i capannoni
Facendo lo slalom fra vecchie Topolino (l’automobile di cui Faedi ha tre esemplari), motori smontati e moto d’epoca, raggiungiamo un Landini Maior 44. Si tratta di un modello costruito fra il
1956 e il 1961, in un’epoca in cui in tutti i paesi avanzati i motori diesel si erano ormai imposti sui poco pratici testacalda. Ma a Fabbrico ancora si insisteva su queste produzioni, pur avendo in listino già diversi modelli diesel. Il 44 Maior è un 7.966 di cilindrata da 44 cv di potenza (780 giri) massima alla puleggia.
Non manca in collezione anche un L35, che Faedi in genere utilizza per le sfilate organizzate dal suo club, il gruppo “Chi Burdèl di tratur” di Cesena.
La principale caratteristica dell’L35 sta nel cambio con il riduttore, in modo da avere 6 marce più due retromarce. Questo il motivo della doppia leva al cambio. Altra perla a casa Faedi è un “Vélite”, classico trattore che non può mancare in una collezione “landinista”. Il collezionista poi è particolarmente affezionato a una sgranatrice per mais “Universal” dei fratelli Carra di Suzzara, dotata di un motore autonomo a benzina/petrolio. Le pannocchie venivano inserite in una tramoggia e, tramite il sistema battitore/controbattitore, i chicchi di mais si separavano dal tutolo. Anche questa macchina è ancora usata durante le rievocazioni storiche. Conclude la parte di collezione che abbiamo potuto visionare una Fiat 25 C cingolata.
Da ultimo scambiamo due chiacchiere con i due collezionisti circa le attuali quotazioni dei trattori antichi. E, ovviamente, non esistono risposte univoche. Quando si tratta di collezionismo, ogni articolo costa quanto un altro collezionista è disposto a pagare. Non c’è un listino prezzi come per una trattrice nuova. Certo, la crisi economica ha rallentato il settore, questo come tutti gli altri. Mediamente, la gente ha meno soldi da spendere per i propri hobby. D’altra parte, i pezzi di valore, quelli rari, funzionanti, completi e ben conservati, mantengono sempre un prezzo ragguardevole. «Si tratta di una forma di investimento – conclude Faedi – anche se in realtà, non volendo vendere nulla, per me è un hobby e basta».
ADDIO AL “RE DEI BUBBA”
Negli scorsi mesi è venuto a mancare Domenico Massaroni, grande collezionista di Bellaria (Rimini) del quale avevamo parlato nel numero 10/2011 di Macchine e Motori Agricoli. La sua collezione era una delle più importanti in Italia e i suoi pezzi forti erano i Bubba e gli Orsi. Tanto il cordoglio fra quanti lo conoscevano e, al suo funerale, hanno partecipato molti collezionisti provenienti da diverse zone d’Italia. Massaroni, lo abbiamo conosciuto come un vero appassionato. Esperto fra i maggiori in Italia, doveva la sua preparazione all’attività di meccanico svolta per decenni. E’ stato maestro per generazioni di collezionisti.
«Ho sempre pensato – ci disse Massaroni nel 2011 – che il Landini sia stato progettato da un fabbro, e l’Orsi da un ingegnere. Il Landini è semplice, affidabile, ma anche rude ed elementare. L’Orsi è più ricercato, in tutto. La trasmissione è studiata nei minimi dettagli anche se, nel complesso, è più delicata rispetto a quella del Landini». C’erano due Bubba particolarmente cari al collezionista: due cingolati, l’Ariete da 40 cv e il Centauro da 50 cv, entrambi degli anni ‘40. «L’Ariete – spiegò Massaroni frugando nei suoi ricordi di meccanico – rischiava di rompere la testata abbastanza frequentemente se sottoposto a sforzi prolungati. E questo a causa del raffreddamento poco efficiente. Si pose rimedio nel Centauro, che si avvale di un tubo di raffreddamento supplementare che immette acqua sulla testata».