«Ho sempre avuto la passione per i mezzi d’epoca, dalle moto alle auto, per acquistare poi nel 1992 il mio primo trattore d’epoca, un Oto 18 a tre ruote. E da lì è nata quella che chiamiamo “la malattia”. Non ho mai avuto a che fare con l’agricoltura, ma ho sempre avuto la passione per la meccanica e i trattori mi hanno sempre affascinato, tanto che oggi sono quelli che mi danno ancora la maggior soddisfazione».
Maurizio Tonini spiega le origini della sua passione per i trattori d’epoca, dopo aver passato la sua vita in fonderia in quel di Carpenedolo (Bs). «Nonno e papà avevano entrambi delle fonderie (tuttora attive) – prosegue Maurizio – dove io ho lavorato fino al 1983, quando mi sono messo in proprio, creando con mio fratello un’azienda di componentistica per coppe e trofei. Nel 2003 sono poi uscito dalla società e mi sono dedicato a tempo pieno a questa che era la mia passione, dopo aver cominciato nel frattempo a collezionare qualche trattore. Come detto, il primo è arrivato nel 1992, quando è nato mio figlio, e la scelta dell’Oto a tre ruote è stata dovuta al fatto che avevo visto quel modello da piccolo e me lo sono ritrovato davanti un giorno in occasione di una visita da un rottamaio. Non potevo certo lasciarlo là, anche perché gli Oto o si odiano o si amano. E io li amo».
E così da lì è partito tutto e attualmente la collezione di Tonini è costituita da una ventina di trattori, soprattutto Landini e Oto. «Sono arrivato ad averne anche trenta – spiega – ma a un certo punto ho deciso di puntare più sulla qualità che sulla quantità».
Ma della collezione di trattori parleremo dopo, perché la particolarità di Tonini è quella che fa riferimento alla sua attività. Venendo dalla fonderia, infatti, dal 2004 ha cominciato a forgiare pezzi di ricambio e accessori, facendo fusioni sui pezzi di trattori che mancavano, dai volanti alle pulegge, dai portacalotte ai tappi, dai supporti per le dinamo ai fanali, dai fregi alle sirene. «In pratica riproduco l’originale del ricambio. Ho iniziato con i miei trattori, per cui quando mancava un pezzo, lo toglievo, facevo lo stampo e lo riproducevo. Ormai da una ventina d’anni è la mia attività. Tratto svariati marchi, da Landini a Oto, da Same a Lamborghini, da OM a Monti, ma realizzo anche ricambi su richiesta. Ho iniziato a venderli prima facendo dei piccoli mercatini e poi partecipando alle fiere. Oggi mi appoggio molto a Facebook e ho anche attivato un sito Internet».
Richiesta sempre elevata
La richiesta c’è e al momento Tonini riesce a gestirla da solo: per esempio, nel caso dei volanti parte dal pezzo grezzo, lo smeriglia, lo passa sul tornio e poi lo tratta con una resina particolare che prende l’aspetto della bachelite (molto difficile da reperire oggi e soprattutto troppo costosa).
I materiali che lavora Tonini sono sostanzialmente ottone, alluminio, bronzo e bronzo bianco (lega molto dura per componenti speciali). Venendo dal settore delle coppe e dei trofei, a Tonini risulta particolarmente facile riprodurre tutti i componenti per costruire un fanale e ci mostra con orgoglio la riproduzione di fari da lavoro di un Vélite o di un SuperLandini. «Le richieste arrivano da tutta Italia – conferma Tonini – dai soci del Gamae e, come detto, da Facebook e Internet. Ho il vantaggio di essere praticamente l’unico in Italia a svolgere un’attività come questa. Devo ammettere che, oltre alla passione, serve anche una certa dose di follia, dal momento che ho speso qualche migliaia di euro in stampi, prima di arrivare a farmeli da solo».
Oltre al fatto di aver creato un mercato di nicchia, Tonini cerca ogni tanto di introdurre qualche novità. «Per esempio, i portacalotte originali dei Landini erano in ghisa e io, non avendo la possibilità di fondere la ghisa, li realizzo in bronzo: anche se costa dieci volte di più, riesco a venderli comunque, dato che il bronzo è una lega che mantiene molto più calda la calotta e il trattore di conseguenza rende molto di più. In più il bronzo non arrugginisce e non crepa come la ghisa. Altro esempio sono le calotte che si scaldano per far partire i Landini: ne esisteva un tipo piatto (per i modelli 25, 30 e 35/8) e uno allungato (per tutti gli altri modelli). Io ho adattato quello piatto a tutti gli altri modelli, con il vantaggio di una calotta che si mantiene più calda (e questo è utile in particolare durante le sfilate, dove si rischia di sporcarsi troppo d’olio perchè il trattore non “brucia” abbastanza). Altro esempio sono i fregi dei Lamborghini: in originale erano in bachelite, ma si spaccavano facilmente, così hanno cominciato a farli in alluminio. Io, dal momento che erano dorati, li ho riprodotti in ottone e poi smaltati per renderli praticamente uguali alla bachelite. Infine, i faretti “chicco di melograno”: prima li comperavo, poi il fornitore è sparito e allora ho creato gli stampi e li ho rifatti, perfezionandoli».
I trattori in collezione
Vediamo, infine, in sintesi i trattori che costituiscono la collezione di Tonini.
Come detto, la parte del leone la fa Landini, con nove esemplari presenti, ovvero un L55 del 1955 da 55-60 cavalli, un L45 del 1952 (45-50 cv), un 44 Maior del 1958 (44 cavalli), un L35 del 1954 (35-40 cv), un 35/8 del 1960 da 35 cv (come noto, ultimo testacalda prodotto da Landini), un 30 del 1957 (29 cavalli), un L25 prima serie del 1955 (25-30 cv) e infine i due “cavalli di battaglia”: un SuperLandini del 1939 e un Vélite del 1946 (29 cavalli). «Li ho restaurati tutti io – spiega Tonini – nel poco tempo libero che ho (Tonini è anche volontario autista soccorritore in Croce Rossa, ndr). Non sono modelli particolari, volevo giusto completare la serie dei testacalda e adesso mi manca solo il Bufalo».
Dopo Landini il marchio più presente è la Oto Melara con quattro modelli: un Oto 40 R4 del 1955 da 38,5 cv, abbastanza raro, uno dei preferiti di Tonini per la particolarità dei due cilindri a L («uno orizzontale e uno verticale – sottolinea Maurizio – come la Ducati»); un Oto 25 R4 del 1955 (25 cv); un Oto 18 R3 a tre ruote del 1951 (il primo della collezione Tonini); un Oto 25 cingolato del 1954, con un argano attaccato posteriormente per tirare su e giù la legna.
Altri pezzi interessanti della collezione sono la carioca Del Monte motorizzata Willys (22 cv), del 1949, così come il Gualdi 30 del 1952 (30 cv), con accensione a sigaretta, e due Minneapolis Moline: il primo è un RTN del 1948 arrivato direttamente dagli Usa, a benzina (27 cv), con ruota anteriore singola (a differenza degli RTS che le avevano gemelle), e un UTU del 1938 (il pezzo più vecchio della collezione di Tonini), appartenente alla serie di modelli arrivati in Italia con il piano Marshall e con motore diesel Perkins da 30 cv. Infine, da segnalare un motocoltivatore R10 della cremonese Ocrim con motore Ruggerini a benzina/petrolio da 10 cavalli, un Landini R4000 e un Hurlimann D 100 L perfettamente conservato, del 1967, da 45 cv.
«Per ora sono soddisfatto così – conclude Tonini –. Certo che se mi capita l’occasione di un Bufalo, non me la faccio scappare».