«Adesso ho solo due carioche in collezione, anche se in passato qualche pezzo raro lo avevo messo insieme. Ma più che altro nella mia vita ho aggiustato tanti trattori».
Quando andiamo a trovare Giacomo Mainardi, a Lesignano Bagni, in provincia di Parma, capiamo subito che questa volta non parleremo di una collezione, bensì di una passione viscerale per i motori. Tanto che la prima macchina che ci fa vedere è un trattore Ansaldo FB4R, che un cliente gli ha chiesto di rendere funzionante.
«Ha un motore due tempi francese (il 2H88) – ci spiega entusiasta Mainardi – costruito da Isotta Fraschini e Breda su licenza Map (Manufacture d’Armes de Paris), che sviluppa 50 cavalli di potenza, con due cilindri, quattro pistoni contrapposti e otto bielle. La Fossati lo costruì nel 1952 per fare concorrenza all’OM (al 513 OM, in particolare), una macchina che usavano più per trebbiare che per lavori di traino».
Mainardi ha avuto a che fare con i motori da sempre. Come dimostra la foto all’età di 14 anni su un Oto Melara sperimentale.
«L’ingegnere che lo aveva progettato era del mio paese – spiega Mainardi – e questo prototipo di cingolato Oto era ricavato dall’Oto R3 a tre ruote, con le frizioni di sterzo, al quale avevamo applicato le catenarie del Fiat 708 C e cambiato il cofano. Lo costruimmo nel 1952 presso la ditta Tanzi dove lavoravo io, ma non venne mai commercializzato, perché la Oto preferì il motore da 22 cavalli. Io ho avuto a mano anche il primo Oto commercializzato in Italia, mentre il prototipo ce l’ha ancora il mio vecchio datore di lavoro».
Cuore Fiat
Mainardi ha lavorato anche in Fiat, a Bologna, cambiando reparto ogni 4 anni e passando dai trattori alle macchine movimento terra fino alle mietitrebbie per la Laverda, per poi chiudere la carriera lavorativa su autovetture e autocarri. E il cuore di Mainardi continua a battere per Fiat anche oggi.
«Sono l’unico meccanico al mondo che sa aggiustare i Fiat 40 (più noti come Boghetto, dal nome dell’ingegnere che lo aveva progettato) – dice orgoglioso – e mi chiamano dalla Sicilia al Piemonte per ridare vita a quei trattori. Mi sono costruito appositamente un banco prova speciale per registrare le pompe d’iniezione dei Boghetto, altrimenti troppo grandi per i banchi normali. Io, poi, non conosco solo la parte meccanica, ma anche quella fisica e quella chimica, perché devi sapere perché e come funziona un motore. So cosa succede nella camera di combustione e conosco quali devono essere i giusti rapporti stechiometrici. Per esempio, l’altro giorno stavo lavorando su un Fiat 702 con applicato un motore Bianchi (non originale, quindi) che non andava in moto: sono andato a comperare della nafta blu, senza paraffina, peraltro più costosa, e il motore è partito subito. I carburanti di adesso, infatti, hanno meno cetano rispetto alla nafta e il cetano è l’idrocarburo indice della prontezza di un combustibile all’accensione. Questo per dire che un meccanico deve saper fare anche il pompista e conoscere i carburanti».
Tra i tanti modelli restaurati da Mainardi segnaliamo una trattrice Pavesi del 1919 (agricola, non militare, con tanto di leve per far sì che in pendenza le ruote si alzassero e la macchina rimanesse sempre in posizione orizzontale), un Ferguson-Brown del 1928 (già dotato di sollevatore idraulico con sforzo controllato), un Bubba USB3 stradale, una motoaratrice Minneapolis Moline, un Allis Chalmers U30, un International Mogul del 1915, un International TD40 e un Fiat 40 a ruote (in livrea giallo ocra, ma il colore originale era blu).
Due carioche
Chiudiamo con quello che è rimasto della collezione di Mainardi, ovvero due carioche, entrambe costruite da un artigiano della zona. La prima è del 1947 e ha un motore 105 Rotor ricavato dalla Fiat 505 del 1919, un 2.400 cc di cilindrata sui 35 cavalli di potenza. La seconda, più piccola, deriva da una Fiat 503, con il cambio dell’autocarro Fiat 18 BL risalente alla guerra del ‘15-’18.
«La mia è stata una bella storia e non è finita – conclude Giacomo Mainardi – perché adesso devo sistemare un Fiat 40 e un Fiat 702, il primo trattore costruito da Fiat. Devo lavorare, perché se lavoro, sto sveglio, altrimenti mi spengo».
Chi conosce questo Landini?
Tra i tanti modelli rari che sono passati tra le mani di Mainardi c’è anche un “misterioso” Landini 25 a cingoli. «I proprietari erano i Conti della Gherardesca, ma non so se lo ha prodotto la Landini o qualcun altro: io ho rifatto il motore e le frizioni. Il fattore dell’azienda all’epoca mi disse che il semicingolo non andava e che l’avevano mandato alla Landini, dove avrebbero apportato delle modifiche. Sarà stato il 1956, ma bisognerebbe verificare se effettivamente tornò alla Landini o se lo hanno appaltato a qualcun altro.
I riduttori sono della Lamborghini, ma i ruotini davanti non sono Lamborghini: sembrano i ruotini dei semicingoli posteriori, mentre le leve di sterzo sono quelle del Lamborghini 40 a cingoli».
Sapere esattamente se si tratta di un prototipo originale oppure no potrebbe cambiare decisamente il valore di questo modello, quindi ringraziamo chiunque volesse fornirci informazioni a riguardo.