Nello scenario mondiale della meccanizzazione agricola l’Italia rappresenta un paradosso: alti volumi di produzione e di esportazioni, grave crisi sul mercato interno. Se il fatturato e l’export risultano in crescita, con un incremento previsto a fine anno rispettivamente dell’1% e del 2%, l’andamento delle immatricolazioni sul mercato nazionale, nei primi dieci mesi di quest’anno, indica una flessione dell’1,7% per le trattrici (in ragione di 16.127 macchine immatricolate), un passivo del 25% per le mietitrebbiatrici (314 unità), un saldo negativo anche per le trattrici con pianale di carico-motoagricole (-2,5%, a fronte di 810 unità) e per i rimorchi (-2,4% a fronte di 8.369 unità) confermando il trend recessivo degli ultimi anni. La sequenza storica delle immatricolazioni evidenzia la netta riduzione dei volumi di vendite. Nel 2004 il mercato nazionale assorbiva quasi 33 mila trattrici, un numero che è andato diminuendo costantemente – con decrementi particolarmente pesanti negli anni 2007 (-9,8%), 2010 (-13,9%) e 2012 (-17,4%) – così da far prevedere a fine 2014 un numero di immatricolazioni non superiore alle 18.700 unità (il livello più basso da dopoguerra). In termini percentuali, il mercato interno sconta nel periodo 2004-2014 una perdita complessiva di 43 punti percentuali, accentuando sempre più il divario rispetto a Paesi come Francia e Germania. In un quadro così critico va registrata la ripresa del mercato delle macchine per il giardinaggio e la cura del verde, che vede nei primi nove mesi dell’anno una crescita complessiva dell’11%, legata in particolare al buon andamento delle vendite di rasaerba e trattorini.
“Le ragioni del crollo della domanda di macchinario agricolo – ha sostenuto il Presidente dei costruttori Massimo Goldoni – sono nei numeri stessi dell’agricoltura italiana, che vede le superfici medie aziendali molto ridotte, e le dimensioni economiche ancora più ridotte, se è vero che il 61% delle imprese agricole (pari a poco meno di un milione) ha una produzione standard inferiore agli 8 mila euro annui, quindi un’estrema difficoltà a sopravvivere in assenza di redditi integrativi extra-aziendali o trasferimenti pensionistici, e a maggior ragione a investire per l’acquisto di macchinari”. “Mai come in questo momento – ha concluso Goldoni – è necessario che si mettano in campo strategie d’emergenza specifiche per il settore primario, quelle che puntano a sostenere la multifunzionalità delle aziende quindi l’ampliamento delle opportunità di reddito soprattutto con le funzioni di manutenzione del territorio e prevenzione del dissesto, e quelle che puntano a finanziare, con strategie di lungo periodo, filiere con sicuri sbocchi di mercato prime fra tutte quelle bioenergetiche.