È stata recentemente pubblicata, per consultazione pubblica (fino al 13 gennaio 2017), una nuova versione del decreto per l’utilizzo del biometano e dei biocarburanti compresi quelli avanzati, che andrà a modificare il sistema di incentivazione per l’immissione del biometano stabilito dal DM 5/12/2013 (QUI). Una delle novità del decreto in bozza è la priorità del biometano nel settore dei trasporti, anche in forma liquefatta, per contribuire al raggiungimento del target al 2020 del 10% di fonti rinnovabili nel settore dei trasporti. Si sottolinea, inoltre, il ruolo del biometano nella creazione di una economia circolare, laddove esso, prodotto da biomasse agricole, possa poi essere utilizzato come combustibile da trazione in primis dall’agricoltura stessa, riducendo il già importante ruolo di questo settore nelle emissioni di gas serra.
Sembra, dunque, che ci si avvii concretamente sulla strada per una concreta affermazione dell’utilizzo del biometano anche in Italia. In quanto a biogas, da cui il biometano deriva in seguito a processi di upgrading, l’Italia è il secondo produttore europeo dopo la Germania e il quarto mondiale dopo Germania, Cina e Stati Uniti. Al 2015, secondo dati del CIB (Consorzio Italiano Biogas) e del GSE, in Italia risultano operativi 1555 impianti a biogas con una potenza elettrica installata di 1250MWel. Dei 1.555 impianti in funzione, il 77% (circa 1.200) è alimentato da matrici agricole, con una potenza elettrica installata di circa 960 MWel , equivalente ad una possibile produzione di biometano di circa 2,2 miliardi di metri cubi (elaborazioni CIB). Mentre la tecnologia di digestione anaerobica, anche se con margini di miglioramento, risulta consolidata, quella di upgrading del biogas a metano non ha ancora una diffusione estesa.
Ad agosto 2016, secondo dati del CIB e di SNAM (QUI) erano presenti in Italia circa 7 impianti di produzione del biometano. Di questi uno è presente a Roma presso la discarica di Malagrotta ormai già dalla metà degli anni ’90. In questo caso il biometano non viene immesso in rete e viene usato come biocarburante in una serie di automezzi impiegati per la raccolta dei rifiuti. Gli altri 6 impianti sono di tipo dimostrativo, realizzati da società italiane che intendono proporre sul mercato soluzioni per l’upgrading del biogas. Nessuno risulta collegato alla rete di gas. Quattro di essi usano biogas proveniente da imprese agricole, due sono collegati a impianti di trattamento di FORSU.
Secondo dati di ENEA (QUI), il potenziale produttivo maggiore per il biometano in Italia risulta proprio dall’utilizzo, come matrice, di scarti del settore agricolo, dell’agroindustria e delle deiezioni animali e si ritiene che lo sforzo maggiore per un raggiungimento di massima produzione possibile di biometano vada fatto proprio per l’ottimizzazione del recupero di tali biomasse. In questo senso, l’agricoltura potrebbe essere attore fondamentale per la produzione delle matrici. L’organizzarsi in consorzi per la loro raccolta e trattamento potrebbe aprire una nuova nicchia di collaborazione e occupazione. A maggior ragione se si considera l’analisi economica condotta da ENEA da cui l’Ente conclude che, relativamente alla produzione di biometano, «mentre gli investimenti per impianti a FORSU sono sempre convenienti, per gli impianti che utilizzano biomasse provenienti dal settore agricolo la convenienza varia molto in relazione alla produttività» e che quindi sarebbe vantaggioso ottimizzare questa produttività «creando consorzi di aziende che operano nello stesso distretto per il conferimento e trattamento delle biomasse». Solo per i piccoli impianti a biogas, secondo ENEA, considerando il sistema di incentivi proposto oggi, continua a risultare conveniente la produzione di biogas per produrre poi elettricità e/o calore, a meno che questi stessi impianti non si dotino di un distributore proprio.
In generale, secondo dati ENEA, con un adeguato supporto legislativo, l’Italia sarebbe nelle condizioni di raggiungere una produzione di 8,5 miliardi di metri cubi di biometano entro il 2030 di cui almeno 0,5 miliardi da biogas generato da rifiuti organici da raccolta differenziata dei rifiuti solidi urbani. Tutto questo avverrebbe senza ridurre il potenziale dell’agricoltura italiana nei mercati alimentari, ma accrescendo la competitività e sostenibilità delle aziende agricole. Il biometano può essere utilizzato per produrre elettricità oppure come biocarburante oppure come fonte energetica di riserva e programmabile se introdotto nella rete del gas. Le potenzialità sono molte e ancora una volta anche per l’agricoltura si aprono possibilità per farsi interprete di questa nuova rivoluzione energetica.
Maria Luisa Doldi