Recenti statistiche affermano che attualmente il 70-80% dei macchinari agricoli venduti in Europa è dotato di almeno una componente tecnologica di ultima generazione. Ciononostante, la diffusione di ‘intelligenza artificiale’ nel settore primario non progredisce come potrebbe: in Italia solo una parte minima della superficie coltivabile è mappata e controllata, tanto che secondo i dati dell’Osservatorio Smart AgriFood il mercato locale oggi vale circa 100 milioni di euro; un dato ancora significativamente inferiore a quelli registrati in Francia, Germania e Gran Bretagna, dove in media una azienda agricola su cinque adotta tecnologie di agricoltura di precisione. Non c’è confronto, invece, tra vecchio Continente e Stati Uniti, ove questa pratica è ormai diffusa nell’80% dei casi. Eppure, la cosiddetta agricoltura 4.0, è un mercato potenzialmente in procinto di esplodere, con proiezioni di crescita che parlano di un +22% entro il 2025, spinto dalla necessità di poter contare su raccolti quantitativamente e qualitativamente sempre migliori per rispondere all’aumento della domanda globale di cibo. Secondo le proiezioni del mondo bancario statunitense, le tecnologie inerenti l’intelligenza artificiale in agricoltura entro i prossimi trent’anni potranno rappresentare un mercato da 240 miliardi di dollari.
L’ampio margine di sviluppo dell’agricoltura 4.0 è stato al centro del dibattito proprio recentemente a Verona, dove l’osservatorio Smart AgriFood, costituito da Politecnico di Milano e Università di Brescia, ha presentato i risultati registrati da uno studio condotto nel nostro Paese su 70 aziende che hanno realizzato oltre 200 casi di applicazione delle nuove tecnologie dell’agrifood, molte delle quali impegnate nel settore vitivinicolo. Tra i settori interessati risulta rilevante l'ortofrutticolo, con il 14% delle startup mappate), seguito dal cerealicolo con il 7%. Percentuali ancora minori, quasi trascurabili, per allevamento zootecnico e lattiero-caseario.
Si parla, ad esempio, di software per l'elaborazione di mappe (per esempio mappe di vigore), sistemi informativi gestionali, sistemi di supporto alle decisioni (DSS), sistemi di raccolta ed elaborazione di dati e tecnologie/sensori IoT. I risultati promettono ampi margini di miglioramento, con la riduzione dell’impiego di antiparassitari e con benefici evidenti per la qualità finale del prodotto, la riduzione dei costi di produzione e un approccio più facile per chi è intenzionato a riconvertire le proprie attività in senso biologico o comunque maggiormente sostenibile.
Tra i casi citati, quello di Tenuta Santa Scolastica, piccola azienda viticola sulle colline reggiane, che ha impiegato tecnologie all’avanguardia per il monitoraggio del vigneto, con l’obiettivo di anticipare la formazione di patogeni e malattie della vite grazie alla presenza di sensori e all’elaborazione dei loro dati che consente di conoscere il momento più adatto per effettuare l'intervento antiparassitario. O di Res Uvae, realtà piacentina, che ha sviluppato un sistema di supporto alle decisioni agronomiche, in grado di ‘incrociare’ le elaborazioni dei dati ambientali grazie a un modello matematico che diventa il primo alleato per la gestione sostenibile del vigneto, con benefici stimati in un risparmio di costi pari a 300 euro per ettaro. Tra i ‘big’ del settore, c’è casa Berlucchi, che già nei primi anni del 2000 ha aderito a un progetto del Consorzio per la tutela del Franciacorta sull’agricoltura di precisione. Da allora, in azienda si è lavorato per implementare le mappe di vigore e testare uno dei primi prototipi di macchina spandiconcime a rateo variabile, in grado di modulare le differenze di quantità rilasciata in vigneto proprio grazie all’analisi delle mappe. Grazie a questo lavoro, non si ottiene solo un evidente risparmio nell’uso di fertilizzanti, ma si influisce sulla capacità di omogeneizzare la resa del vigneto e quindi della vendemmia.
L'Osservatorio Smart AgriFood vuole diventare il punto di riferimento in Italia, per comprendere in profondità le innovazioni digitali (di processo, infrastrutturali, applicative, HW e SW) che stanno trasformando la filiera agricola e agroalimentare, unificando le principali competenze necessarie: economico-gestionali; tecnologiche; agronomiche. L'obiettivo è quello di veicolare i risultati della ricerca ai decision maker – creando occasioni di incontro e di confronto tra gli stakeholder per promuovere il dialogo e l'innovazione di valore – e fare cultura, diffondendo l'informazione e la conoscenza sull'innovazione digitale nella filiera.
Emiliano Raccagni