Ripresa più vicina? Pare proprio di sì. Una serie di indici portano, o meglio dovrebbero portare, un velo di ottimismo.
Al di là delle dichiarazioni di facciata dei diversi politici e della voglia di vedere rosa a prescindere, dopo tanti anni di grigio, alcuni fondamentali dell’economia ri-volgono al positivo.
I più noti si conoscono. Tornano a crescere i Prodotti interni lordi, migliorano le bilance commerciali, calano gli spread e diversi comparti paiono riprendere ossigeno.
Altri indici sono meno noti, ma di rilievo. E forniscono effettivamente un segnale di inversione di tendenza nelle due principali aree economiche dell’Occidente, Stati Uniti e Vecchio Continente.
L’indice manifatturiero Usa, calcolato da Markit, a marzo 2015 è salito a 55,3 punti, il top da ottobre, dai 55,1 punti di febbraio e dagli attesi 54,7 punti.
Discorso analogo per l’Europa. Nello stesso mese di marzo l’indice PMI manifatturiero in Europa è salito a 53,5, rispetto ai 52,1 punti del mese precedente. Un dato migliore anche delle stime degli analisti (51,5 punti) e che fa il paio con il miglioramento dell’indice PMI dei servizi che è salito a 53,7 punti.
Solo per dare un parametro di riferimento una congiuntura positiva si ha quando questi indici hanno valori superiori a 50.
Dunque l’attesa - molto attesa - ripresa economica fa capolino. Anche in Italia.
E si spera possa coinvolgere tutti i settori, agricoltura compresa.
In questo caso qualche dubbio in più emerge. Poichè lo scenario di riferimento appare meno elegiaco. E l’Italia diventa ancora più significativa. Una sorta di sineddoche dei comparti agricoli, di quelli europei in particolare.
Si, è vero, il 2015 è l’anno dell’Expo universale milanese dedicato all’alimentazione e, a catena, all’agricoltura, fonte primaria di cibo.
Si, è vero, da qui al 2050, come ormai ci ricordano in tutte le salse, la popolazione mondiale aumenterà fino ad arrivare a oltre 9 miliardi di individui, che dovranno essere alimentati. Ergo, occorre produrre di più.
Si, è vero, l’attenzione ai buoni alimenti è cresciuta e la ‘buona’ agricoltura non può/potrà che giovarsi di questo aspetto, visto che proprio dalla terra dovranno arrivare risposte adeguate.
Però...basta fare un bel giro in campagna e scambiare due chiacchiere con gli imprenditori agricoli per capire come l’umore non sia così esplosivo. La campagna appena chiusa ha portato pochissimi sorrisi. Quasi tutte le colture estensive non hanno avuto marginalità - spesso si è andati ‘in tasca’ - dell’ortofrutta nemmeno a parlare, e solo poche nicchie hanno portato qualche soldo. I prezzi dei principali prodotti sono intonati al ribasso e le prospettive 2015 non sembrano intaccare questo quadro.
A ciò si aggiunga che la burocrazia continua a imperare e che la pressione fiscale nel settore comincia davvero a farsi sentire. L’impatto dell’Imu - lo sottolineano tutti - in molti casi è stato peggiore di quanto ci si potesse aspettare.
In questo contesto, prendendo la meccanizzazione come spia del sistema - non stupisce che il 2014 sia stato il peggior anno della storia sul fronte delle vendite dei trattori in Italia. E che per il 2015 si preveda all’unisono di rimanere attorno o poco oltre le 18mila unità. Con mietitrebbie e altre macchine che non se la passano meglio.
Del resto diventa difficile convincere un buon imprenditore della necessità (non della bontà dell’investimento, sia chiaro) di investire alcune centinaia di migliaia di euro quando si fatica a portarne a casa qualche migliaia. Anche con belle aziende alle spalle.
Potrà la nuova Pac modificherà il quadro? E i Psr dare un bel scossone? Anche per quest’anno ci sarà da ...soffrire, poi speriamo, ma sarà dura, di poter nuovamente sventagliare ben alta l’offuscata bandiera dell’ottimismo.